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Rom, Raggi all’attacco: “per colpa della Regione spesi 1500 euro al giorno per pulire le fogne dei campi”

Pubblicato il 9 Luglio, 2020

Campi Rom, èdi nuovo muro contro muro tra il Campidoglio M5s e la Regione Lazio a guida Pd, questa volta la disputa ruota attorno alla chiusura del campo rom di Castel Romano, lungo la via Pontina. Dopo la polemica dei giorni scorsi in cui la Regione aveva praticamente imposto al Comune lo sgombero, la Sindaca Raggi ha emesso un’ordinanza che prevede la chiusura del campo entro il 20 settembre, rivendicando a sé le ragioni della scelta (qui il nostro articolo). In serata con un lungo comunicato stampa ha alimentato la polemica contro la regione, che l’aveva acusato di inerzia, che non avrebbe concesso la delega per gli interventi di manutenzione sanitaria. “Visto che le criticità igienico-sanitarie sono anche dovute alla mancata manutenzione degli impianti idrico-fognari, Roma Capitale aveva avanzato richiesta, nel 2018, alla Regione Lazio per procedere con gli interventi di manutenzione ma l’amministrazione regionale non ha concesso l’autorizzazione necessaria, in particolare la deroga ai vincoli di riserva. Per evitare danni ambientali e salvaguardare l’area e gli abitanti si è provveduto da due anni allo spurgo quotidiano dei liquami con un servizio giornaliero di svuotamento con un aggravio dei costi per le casse di Roma Capitale quantificabile in circa 1.500 euro al giorno” spiegano dal Comune. Insomma la Raggi rimanda al mittente le accuse in quello che sicuramente non sarà l’ultimo capitolo di questa calda estate per i campi rom della capitale, diventato tema principale della campagna elettorale già iniziata.

Siamo nella periferia Sud di Roma, il ‘villaggio della solidarietà’ è stato aperto nel 2005 dall’allora sindaco Walter Veltroni, attualmente ospita poco meno di 600 persone, oggi la Regione Lazio ha chiesto al Campidoglio tramite una ordinanza di procedere “alla completa attuazione delle azioni funzionali alla definitiva chiusura e alla bonifica dell’intera area”.

Il provvedimento è motivato con la necessità di “tutela della salute pubblica” vista la segnalazione della Asl Roma 2 “dell’estremo degrado ambientale” e i “frequenti roghi di materiali indistinti”: Il testo, tra le altre cose, ordina al Campidoglio di garantire un presidio fisso della struttura da parte della Polizia Locale per impedire l’accesso alle persone non autorizzate e dei materiali oggetto spesso di roghi tossici. Il Campidoglio ha replicato che impugnerà il testo di fronte al Tar.

“Si tratta di un’ordinanza di natura politica, la Regione elenca una serie di azioni che sono già in corso, programmate, avviate e anche in parte realizzate da Roma Capitale”, sostengono fonti capitoline.

Nei giorni scorsi il Comune ha informato i 96 residenti della zona F del campo, quella in condizioni di maggiore degrado e più soggetta a roghi tossici, che entro il 10 settembre dovranno lasciare la struttura. Due mesi di tempo per trovare una soluzione alternativa, per gli abitanti del campo che sottoscriveranno il patto di responsabilità il Campidoglio pagherà l’affitto di una casa.

Ma per i rom, spesso senza lavoro e talvolta sfavoriti dal pregiudizio, è complesso trovare proprietari disposti ad affittargli casa. Riuscirci in due mesi sembra quasi impossibile. Basta ricordare le rivolte popolari a Torre Maura e Casal Bruciato, fomentate dall’estrema destra, che lo scorso anno hanno accompagnato i tentativi del Comune di assegnare case popolari ai rom.

Da una decina di anni il tema della chiusura dei campi Rom attraversa in modo carsico il dibattito politico cittadino, a tratti riemerge e poi si inabissa. L’amministrazione di Virginia Raggi in 4 anni ha chiuso un campo – Roman River – e avviato il percorso di dismissione di altri due, Barbuta e Monachina.

Non esattamente il superamento integrale dei campi promesso ad inizio consiliatura. Ora l’emergenza Covid-19 ha reso ancora più stringente la necessità di superare i villaggi recintati con agglomerati di moduli prefabbricati dove circa 4mila persone vivono in condizioni igieniche e abitative precarie. Al momento sono 6 i villaggi classificati dal Campidoglio come attrezzati: Barbuta, Castel Romano, Candoni, Villa Gordiani, Casal Lombroso e Salone. Un altro migliaio di persone invece vivono in aree classificate come ‘tollerate’.

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