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Bancarotta fraudolenta e fatture false, Gdf sequestra beni per 600mila euro

Guardia di Finanza 26-09-2013

“Fake Credits”, sequestrate società per 9m5 milioni, arrestati commercialisti e manager

Pubblicato il 10 Luglio, 2020

Crediti fittizi e compensazioni indebite. Undici società sequestrate per un valore di 9,5 milioni di euro, 30 persone indagate, tra cui molti commercialisti e destinatarie di misure cautelari: 3 in carcere, 21 agli arresti domiciliari, mentre per altri 6 è stato disposto il divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per un anno.

E’ il risultato dell’operazione “Fake Credits” condotta principalmente sull’asse Catania-Roma, dalla Guardia di Finanza di Catania su delega della Procura della Repubblica, in esecuzione di un’ordinanza di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale etneo. Tutti e 30 gli inteerssati alle misure cautelari sono indagati a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata alla commissione continuata di reati tributari e, in particolare, di indebite compensazioni (attraverso l’utilizzo di crediti d’imposta inesistenti) aggravate dalla partecipazione di professionisti.

Le 11 società commerciali sottoposte a sequestro preventivo sarebbero state utilizzate dagli indagati unicamente per perpetrare i reati tributari in contestazione.

L’operazione condotta dal Gruppo Tutela Finanza Pubblica del Nucleo P.E.F. di Catania, sotto la direzione del gruppo di magistrati di questa Procura specializzati nel contrasto ai reati fallimentari e tributari, è stata caratterizzata dall’esecuzione di intercettazioni telefoniche e ambientali nonché di accertamenti bancari unitamente alla disamina (a riscontro) di documentazione contabile ed extracontabile nonché di materiale informatico acquisito nel corso di una perquisizione.

La complessa indagine ha riguardato un arco temporale che va da febbraio del 2019 all’aprile 2020 e ha tracciato la commercializzazione di oltre 25 milioni di euro di crediti fittizi di cui oltre 9,5 milioni utilizzati per indebite compensazioni. Indagine che nasce da una verifica fiscale svolta nei confronti dell’Istituto di Vigilanza Privata “A.N.C.R. S.r.l”. con sede in Belpasso (CT), conclusasi, tra l’altro, con la segnalazione al competente ufficio finanziario di violazioni in materia di indebite compensazioni per oltre 2,8 milioni di euro.

Secondo gli inquirenti, lo schema fraudolento, ideato e alimentato da una rete di professionisti attivi su tutto il territorio nazionale, ricostruito dai Finanzieri, anche attraverso una meticolosa analisi dei flussi finanziari generati dalle operazioni commerciali finite sotto si snodava lungo le seguenti fasi:

  • reperimento e costituzione di società “farlocche” in mano a prestanome, titolari di crediti impositivi puntualmente emergenti dalle dichiarazioni fiscali presentate: è in questa fase che intervenivano i certificatori chiamati ad apporre il cosiddetto visto di conformità (visto leggero) attestante la regolare tenuta della contabilità, la corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e alla relativa documentazione sia per le imposte sui redditi sia ai fini I.V.A.;
  • commercializzazione dei crediti tributari fasulli a beneficio delle società sopra specificate caratterizzate da consistenti esposizioni con l’Erario;
  • effettuazione delle operazioni di compensazione crediti tributari fittizi – debiti tributari reali mediante compilazione e inoltro telematico dei modelli di pagamento; fase realizzativa curata da professionisti che certificavano i crediti fittizi delle società accollanti “farlocche”;
  • gestione dei corrispettivi originati dagli accolli e dalle operazioni di cessione del credito: in questa fase alcuni degli indagati, attraverso la Confimed Italia, gestivano direttamente, e a loro piacimento, tutti gli introiti generati dalle illecite compensazioni. Gli accertamenti bancari eseguiti nel corso delle indagini hanno permesso di constatare che le società indebitate, accollate/cessionarie, hanno versato alla Confimed Italia oltre 6,3 milioni di Euro che, ovviamente, non venivano riversate alle accollanti/cedenti, ma trattenute dal sodalizio criminale; solo 700 mila euro risultavano impiegati per pagamenti a favore di un fideiussore svizzero e di alcune accollanti fittizie, queste ultime società strumentali allo svuotamento dei conti della Confimed.

Quest’ultima società, secondo le indagini, giocava un ruolo decisivo nell’iter delittuoso appena descritto annoverando tra gli associati società costituite al solo fine di esporre nelle dichiarazioni fiscali, presentate nel corso della loro breve vita, crediti d’imposta fittizi. La società, che disponeva di professionisti incaricati di apporre il cd. visto di conformità nelle dichiarazioni attestanti i falsi crediti erariali, offriva ai propri convenzionati gravati da debiti tributari, la possibilità di beneficiare di crediti erariali inesistenti proponendo un fideiussore svizzero (peraltro non abilitato a svolgere attività finanziaria in Italia) per garantire le operazioni commerciali e, da ultimo, incassa in nome e per conto delle accollanti/cedenti gli ingenti corrispettivi pattuiti per le operazioni di accollo/compravendita dei crediti.

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