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Claudio Fava, dalla pagina Facebook associazione "daSud".

19 luglio, la provocazione di Fava: “Basta rituali antimafia e navi della legalità”

Pubblicato il 17 Luglio, 2020

In vista del 19 luglio, Claudio Fava dice “no” ai rituali antimafia e alle “navi della legalità”. La provocazione, mentre s’avvicina la ricorrenza del 19 luglio, quando si ricorda la strage mafiosa di via D’Amelio del 1992 e l’uccisione di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta, è affidata alla sua pagina Facebook (immagine in evidenza dalla pagina Fb dell’associazione “daSud”).

Il presidente della Commissione antimafia regionale, oltre che scrittore, sceneggiatore e giornalista, esprime in modo netto la sua posizione. Figlio del giornalista e scrittore, ucciso dalla mafia (5 gennaio 1984) a Catania, Giuseppe Fava, così scrive: «Libera nos 19 luglio (o 23 maggio, o 5 gennaio: credetemi, non fa differenza). Liberaci, Signore, da preghiere messe in suffragio commemorazioni navi della legalità. Liberaci dalle interviste ai ‘parenti delle vittime’ (come se gli altri fossero solo forestieri). Liberaci dalle parole false della nostra consolazione: eroi legalità antimafia servitori dello Stato».

https://www.facebook.com/F.A.Sarli/photos/t.702387864/917424031699173

Continua Claudio Fava: «Liberaci dagli scortati che piangono davanti alle telecamere. Liberaci dall’antimafia stampata sui biglietti da visita (giornalisti antimafiosi, sindaci antimafiosi, giudici antimafiosi). Seppelliamo i morti, una volta per tutte.E togliamoci il lutto, per piacere.E affrontiamo la vita. Perché è l’unica prova per esser degni di quei morti: stare dentro la vita; prendere schiaffi, e restituirli; rischiare la pelle (se proprio è necessario) ma senza rimirarsi allo specchio; dirsi peccatori, ma inginocchiarsi a lavare i piedi dell’altra per fare ammenda di quei peccati; sorridere e ridere e ricordare i morti quando furono vivi e seppero parlarci – con affetto, a bassa voce – delle loro vite imperfette; cercare la verità, senza alcuna maiuscola, sapendo che costa pegni, fatica e notti senza sonno; attraversare le terre di mezzo a piedi, scalzi, senza scorte fanfare sciabole titoli e cravatte. Seppelliamoli, questi nostri morti. Sono sicuro che Paolo Borsellino, e tutti gli altri, lo apprezzeranno», conclude.

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