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Sospettati di aver sfruttato un uomo fino a portarlo al suicidio: agli arresti domiciliari

Pubblicato il 22 Luglio, 2020

Sono sospettati di aver sfruttato un uomo di 49 anni fino a condurlo al suicidio, avvenuto a Santo Stefano di Camastra a febbraio. I due, che hanno 24 e 26 anni, sono stati posti agli arresti domiciliari all’alba di oggi, come misura cautelare.

All’alba di oggi, infatti, i Carabinieri della Compagnia di Santo Stefano di Camastra hanno eseguito due misure cautelari degli arresti domiciliari – emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Patti, Dott. Andrea La Spada, su richiesta dei Sostituti Procuratori dott.ssa Giorgia Orlando ed Alice Parialò della Procura della Repubblica di Patti, guidata dal dott. A. V. Cavallo – nei confronti di una coppia, G.A. di 26 anni e la convivente G.D.M., di 24 anni, sospettati di aver estorto danaro e poi cagionato la morte, come conseguenza della propria condotta illecita, di un quarantanovenne trovato impiccato il 15 febbraio all’interno di un appartamento abbandonato, in S. Stefano di Camastra.

Le indagini condotte dal Nucleo Operativo dei Carabinieri di S. Stefano hanno messo in luce come il suicidio dell’uomo, benestante, possa essere stato estrema conseguenza di un progetto criminale.

Dagli accertamenti condotti, in particolare dall’analisi del contenuto del cellulare in uso alla vittima, è emerso come i due soggetti si siano dapprima adoperati per conquistare la piena fiducia della vittima – padrino del loro figlio e soggetto particolarmente fragile emotivamente – ed abbiano poi avviato un’opera di manipolazione finalizzata a spogliarlo completamente dei suoi averi.

Ed invero, la vittima ed i suoi familiari, un tempo benestanti, da circa un anno erano sopraffatti dai debiti, tanto da esser costretti a svendere diversi immobili, riducendosi in povertà assoluta.

Nel dettaglio, la coppia, approfittando della vulnerabilità dell’uomo e ben conoscendo il suo attaccamento ad una loro familiare – sorella di G.A .- gli facevano credere che la donna amata fosse stata rapita, si trovasse segregata e fosse sfruttata da un uomo che pretendeva continui pagamenti per non farle del male.

Nella prospettiva di “riscattare” la libertà della donna dalla condizione di schiavitù, l’uomo si trovava a versare in poco in poco meno di un anno oltre 150 mila euro.

Il denaro veniva consegnato dalla vittima direttamente agli “amici” tramite ricariche di diverse carte “Postepay” o in contanti, nella convinzione che servisse ad aiutare la sua amata, ignara del proposito criminale dei familiari.

La situazione inscenata e le pressanti richieste degli indagati inducevano la vittima a ricercare spasmodicamente denaro, chiedendolo in prestito, svendendo beni di famiglia ed arrivando ad appropriarsi persino di parte della pensione percepita dalla madre.

Enorme era la pressione psicologica e morale subita dalla vittima che, , ormai sul lastrico, avrebbe commesso vari crimini, dal furto alla truffa.

Emergeva come la vittima, alla fine, abbia cercato di resistere alle pressanti richieste di denaro della G.D.M., la quale non esitava a ricattarlo e minacciarlo di gravi conseguenze, anche di fronte alla prospettiva di essere denunciata alla Magistratura.

Stretto dalle continue ed insistenti richieste di denaro e gravato dal peso di aver rovinato inutilmente sé stesso e la sua famiglia, alla fine il quarantanovenne si toglieva la vita. impiccandosi all’interno di un’abitazione a lui in uso.

La coppia, in definitiva, avrebbe sfruttato sino alla fine le debolezze della vittima per soggiogarla psicologicamente, trarne indebito vantaggio economico ed infine annientarlo, cagionandone la morte: fatti per i quali il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto di applicare nei confronti dei due le misure cautelari, con le quali i due sono stati ristretti agli arresti domiciliari.

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