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Camerino, 4 anni dopo il sisma: una lenta agonia voluta dalla politica

Cosa rimane di Camerino 4 anni dopo? La burocrazia che l’ha affondata

Pubblicato il 3 Agosto, 2020

Per capire cosa rimane di una città – una civiltà in sé, come è stata nei secoli Camerino – colpita da un terremoto, entrare insomma nel dramma quotidiano di una ferita che forse non si rimarginerà mai, bisogna guardare e farsi raccontare.
La città ducale è oggi un paese di 5mila anime, forse 6, la metà di prima. Dei circa 6mila studenti residenti, ne sono rimasti molti meno, nonostante il Rettore si dia da fare con grande energia per riportarli qua nelle Marche.

“La ricostruzione è partita male sin dall’inizio – ci racconta l’informatico Paolo Grifantini – Non si è fatto altro che copiare le ordinanze del precedente terremoto dell’Emilia. Troppa burocrazia copia e incolla e pochi soldi. Pensi che a tutt’oggi la ricostruzione di L’Aquila è stata quella meglio pagata. Alcune imprese non verranno e altre lavoreranno più in economia proprio per questo motivo e il gioco al ribasso non è convenuto né alla politica né alle vittime del sisma dell’ottobre di quattro anni fa”.
Sui soldi, non ci si è capito mai niente. Dovevano essere 15 miliardi per la ricostruzione e forse ad oggi ne sono stati spesi 3, forse, e sono quelli per l’emergenza. Ne servirebbero 50. C’è una totale mancanza di trasparenza sul denaro per la ricostruzione e sulle tempistiche. Possiamo dire con certezza che sono stati quattro anni di promesse e confusione.
E’ un gioco a nascondino. Le ordinanze cambiano nel tempo, che diventa lunghissimo e talvolta insopportabile. A Grifantini per mettere a posto la sua palazzina – tutti i condomini d’accordo – forse gli ci vorranno altri due anni.
“Ho presentato il progetto a gennaio 2019, dopo 500 e più giorni abbiamo superato l’approvazione urbanistica del Comune e quello paesaggistica della Regione. Adesso siamo nelle mani dell’Ufficio Ricostruzione che ci ha richiesto piccole integrazioni. A conti fatti dal deposito iniziale del progetto al decreto di inizio lavori passeranno due anni, in un caso peraltro ottimale sotto molti punti di vista, e poi il tempo necessario per ricostruire”.
La famiglia Grifantini ha perso quattro case in quei giorni maledetti. La sorella di Paolo aveva un’avviata parafarmacia nel centro storico che oggi è stata spostata nel Sottocorte Village, centro commerciale alle porte della città, in cui c’è tutto quello che è rimasto a Camerino.
“Oggi siamo un’area vuota: il Covid ha peggiorato tutto perché ha portato via gli studenti. Il centro è stato zona rossa quasi totale fino ad oggi, il 90% delle abitazione è inagibile, ci sono poche decine di persone residenti e nessuna attività commerciale – continua Grifantini – I molti che sono andati a vivere fuori, dopo il sisma, mantenendo la residenza a Camerino, di sicuro affitteranno o venderanno le loro case, ma dubito che vogliano tornare. Come se ne verrà fuori? Non lo sappiamo”.

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