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A Messina il cinema all’aperto nato per “riabituare il pubblico al cinema”

A Messina c’è un cinema all’aperto tutto nuovo. AreaIris è stata inaugurata a sorpresa subito dopo il lockdown. Un modo per “sfidare” una delle peggiori crisi del settore. Ma il futuro dei cinema indipendenti è a rischio. “Cosa succederà in autunno? Non sono ottimista”, confessa il titolare Umberto Parlagreco

È un cinema tutto nuovo. Un’arena appena nata. Pensata da zero, tassello dopo tassello, là dove nulla del genere era previsto. Lo schermo, l’impianto elettrico, il sistema audio, l’arredo … Tutto realizzato con fondi propri e inaugurato a sorpresa, dopo la fine della chiusura COVID-19 e nel bel mezzo di una delle peggiori crisi del settore degli ultimi decenni.

Questione di vocazione familiare. Questione di spirito imprenditoriale, anche. Ma, alla fin fine, questione di amore: per il cinema e la sua arte, il pubblico e il territorio.

Un’apertura che ha coinciso con una “crisi senza precedenti”

“Sono molto contento di essere riuscito ad aprire questa sala all’aperto”, dice, al secondo weekend di programmazione, Umberto Parlagreco proprietario e gestore della storica multisala Iris di Messina, storico cinema della zona nord della città di fronte al quale ha creato AreaIris, aperta da appena otto giorni. “Era un progetto in cantiere da molto tempo che, per un motivo o per l’altro, non eravamo mai riusciti a concretizzare. Caso vuole che l’apertura abbia coinciso con la crisi senza precedenti causata dal COVID. E allora mi sono detto che un cinema all’aperto è un’ottima occasione per riabituare il pubblico a tornare al cinema, soprattutto in una stagione, quella estiva, che storicamente non ha mai aiutato il settore”.

“Un film al giorno, ed è facile sbagliare titolo”

“Per me è un’esperienza nuova, non ho mai programmato un’arena e so che bisogna metterci una cura maggiore. La programmazione di un cinema all’aperto ha regole tutte sue”.

Regole che sembrano più un’alchimia che una scienza. Si proietta un film al giorno (o quasi). E sbagliare titolo è la cosa più facile del mondo. A scelta è tra un numero infinito di pellicole, quelle  “seconde visioni” di tutti i tempi tra le quali scovare quelle giuste per il momento, la location, il proprio pubblico.

L’esperienza della gestione dell’Iris ovviamente è stata fondamentale. Ma l’Iris è un cinema a vocazione commerciale e di prima visione. L’AreaIris è praticamente un altro mondo.

In eredità un cinema e una passione

Umberto Parlagreco gestisce la multisala Iris dalla morte del padre, undici anni fa. Prima di allora, per quasi tredici anni, aveva vissuto in Toscana. Tornato a Messina ha preso in mano l’impresa di famiglia scoprendo in se stesso la passione per il “prodotto” da vendere, che non è soltanto una serie di film, ma è in gran parte il piacere del grande schermo.

“Durante il lockdown è nata questa decisione di andare avanti ed aprire la sala all’aperto”. A 45 anni, con la compagna con cui condivide “gioie e dolori”, senza figli, ma “con quattro bellissimi gatti”, in questa estate 2020 Umberto si è rimesso in gioco ancora una volta.

“Devo anche aggiungere che questo coraggio mi viene anche dal confronto continuo che ho avuto con colleghi di cinema indipendenti di tutta Italia, con i quali stiamo cercando di creare meccanismi virtuosi e di emancipare la nostra professione dalle regole di mercato che spesso non pensano alle mille peculiarità che ci sono nel territorio”.

La lettera-petizione in difesa dei cinema indipendenti

Nella lettera-petizione delle sale indipendenti – che i cittadini stanno firmando – si legge, tra l’altro: “L’Italia è ricca di una miriade di piccole sale cinematografiche che svolgono in modo indipendente e coraggioso, a volte faticoso ma remunerato dall’apprezzamento del pubblico, il loro servizio al territorio. Nella crisi che sta colpendo in modo grave l’intero settore cinematografico queste sale chiedono che sia ascoltata la loro voce… Noi esercenti e lavoratori che da decenni manteniamo aperte e funzionanti le nostre sale vogliamo utilizzare questa sospensione non solo per mettere a fuoco il futuro del nostro lavoro in relazione alla questione della pandemia, ma anche per fare di questa fase un momento di riflessione sull’importanza della sala e progettare insieme un futuro del cinema plurale, sostenibile, equo”.

Tra le regole basic proposte ce ne sono alcune che ammettono poche repliche: un film destinato al cinema rimane al cinema; il comparto delle sale cinematografiche deve garantire una sufficiente pluralità di offerta e di sguardi; bisogna liberare finalmente le potenzialità di una fetta di mercato che risente di condizioni inique incancrenitesi negli anni; le scelte di programmazione, sia in vista del servizio sociale e culturale sia in vista dell’ottimizzazione dei profitti, dovrebbero partire da chi conosce il territorio e il contesto.

“Il cinema? Un servizio alla comunità”

Suona quasi una provocazione, soprattutto se si pensa che i titoli e le uscite dei grandi film di cassetta non sono certamente decisi a livello locale, ma l’assunto da cui parte Parlagreco è che il cinema è un “servizio” ad una comunità e se non intercetta i bisogni e i desideri della “sua” comunità ha perduto gran parte del proprio valore.

Da qui la programmazione, che è un esercizio di equilibri. Si, ci sono titoli irrinunciabili e scadenze improrogabili, ma l’appuntamento con il cinema è l’appuntamento con tutto il cinema che c’è, non soltanto con quello che fa cassetta.

“La programmazione è la cosa che curo maggiormente e rappresenta il fulcro del mio lavoro. Ho sempre pensato che un cinema che lavora in maniera molto radicata sul territorio, un luogo che rappresenta un presidio di aggregazione sociale e culturale, debba dare un’offerta che sia la più varia possibile al proprio pubblico. Penso inoltre che il significato di cultura sia stato negli anni un po’ distorto; cultura è tutto ciò che è coltivato, tutto ciò che siamo è frutto di un percorso culturale: Grosso guaio a Chinatown e Woody Allen hanno la medesima dignità, ed è per questo che sono entrambi presenti nel programma di AreaIris. Io vorrei che il mio pubblico uscisse dalla propria zona di conforto e si lasciasse stupire dalle cose che non conosce: per questo motivo la programmazione è così varia”.

Sotto le stelle da “Marie Curie” a “Frozen”

In AreaIris gli appuntamenti (tutti con inizio alle ore 21:30) seguono almeno quattro traiettorie. Ci sono i film per tutta la famiglia, i grandi classici, alcune novità che sono rimaste schiacciate dal lockdown, e poi ci sono la rassegna Anni ’80, quella – intitolata “sentieri d’ombra” – che pencola verso l’horror e anche un evento a parte, la visione di Picciridda il 18 agosto con la partecipazione di regista e cast.

In tutto questo, saltano all’occhio alcuni titoli: c’è il meraviglioso Chi ha incastrato Roger Rabbit? (19 agosto) ma c’è anche l’atteso Marie Curie (oggi lunedì 3 agosto), c’è Frozen II (8 e 9 agosto) e c’è Piccole donne (29 e 30 agosto), c’è l’irriverente Le ragazze di Wall Street (21 agosto) e la commedia romantica Stregata dalla luna (26 agosto), giusto per citarne qualcuno.

“Fino alla fine non ero sicuro che sarei riuscito a proiettare”

L’inaugurazione di AreaIris è stata rimandata a causa del lockdown ma anche delle incertezze su date e condizioni di riapertura dei cinema. “Per questo abbiamo aperto un po’ in sordina, proprio perché fino alla fine non ero sicuro di quando saremmo stati in grado di proiettare. Ma sono contento così, il risultato finale è ottimo, oltre le mie più rosee aspettative”.

Le proiezioni all’aperto, si sa, sono complicate. Fattori esterni “sporcano” la visione del film, i rumori della strada, le luci “parassite”. “In AreaIris abbiamo voluto che audio e video fossero ad altissimi livelli. E il pubblico ci sta ripagando, dimostrandosi contento sia della visione sia della location che abbiamo cercato di rendere gradevole con le poche risorse che avevamo”.

E in cantiere c’è “il progetto di creare un vero e proprio giardino dentro il quale potersi godere dei bei film in uno spazio fresco e tranquillo”.

Il mondo del cinema bloccato in attesa dei blockbuster Usa

“Che il cinema abbia subito un colpo durissimo è indubbio; e le conseguenze di questo colpo ancora non le vediamo, le vedremo in autunno, quando in teoria la stagione ripartirà (si spera). Ebbene, la storia insegna che la crisi è sempre un momento ottimo per cambiare e che la cosa peggiore che si possa fare è subire i cambiamenti. Io credo che questa pausa forzata sia un’ottima occasione per cambiare quelle storture di mercato cinematografico che non fanno altro che appiattire l’offerta e rendere le sale dipendenti solo da un certo tipo di prodotto. Le conseguenze di questo gestione del mercato le vediamo adesso: negli USA la situazione COVID è disastrosa e tutti i blockbuster americani sono stati rimandati In pratica il mondo del cinema è fermo in attesa che negli USA la situazione migliori. I paesi che un po’ respirano sono la Francia, dove questa dipendenza è leggermente meno marcata (grazie ad anni di politica volta a diffondere e promuovere la cultura cinematografica), e la Corea, dove l’industria cinematografica sforna lavori di fronte a cui Hollywood impallidisce”.

“Cosa succederà ai cinema in autunno? Non sono ottimista”

“Non ho idea di cosa succederà in autunno – conclude Parlagreco – ma non sono ottimista. Supponendo che l’emergenza COVID non torni e che si vada verso la normalità, vedo da parte della distribuzione segnali poco confortanti: primo fra tutti il fatto di fare uscire i film nuovi in streaming anche dopo l’apertura delle sale (che da decreto possono essere aperte dal 15 giugno). Io ho la sensazione che le major stiano immaginando un nuovo modello di business (e l’accordo recente tra AMC e Universal conferma questa sensazione) non curandosi dei cinema indipendenti e di prossimità. Se così fosse, sarebbe una rivoluzione e probabilmente un disastro. La verità è che senza titoli molto forti, è difficile portare avanti un cinema. Staremo a vedere. Sono però sicuro che niente sarà più come prima, e che molte cose dovremo inventarle”.

“No all’eccesso di passatismo: ora tocca guardare avanti”

La nota positiva sta negli spettatori. “Confido molto nel mio pubblico, con cui c’è un continuo confronto anche grazie ai social, e che è molto appassionato e sensibile anche a prodotti meno convenzionali”.

Per decenni Messina è stata una città importantissima per il cinema anche a livello nazionale, “e posso dire orgogliosamente che la mia famiglia ha contribuito a questa importanza. Oggi però la città paga quello che è successo dappertutto: un appiattimento dei gusti e dell’offerta, che è una cosa diffusa, e che ha delle eccezioni solo nei casi virtuosi di esercenti che hanno continuato a proporre film indipendenti spesso”.

“Una volta c’era la saletta Milani, oggi un’esperienza del genere a Messina è difficile, eppure senza andare troppo lontano, il King a Catania funziona benissimo. Anche se poi da noi in realtà c’è un fermento culturale niente male, penso alle esperienze teatrali de Il Cortile di Roberto Bonaventura o al DAMS che è una facoltà eccellente, con un pool di docenti straordinario (e qui non posso non citare il mio amico Federico Vitella, docente di storia del cinema)”.

Tuttavia, “se c’è una cosa che si potrebbe cambiare secondo me è un eccessivo passatismo: che il passato sia stato glorioso è indubbio, ma guardarsi sempre alle spalle non ci fa vedere la strada che si deve percorrere per andare avanti. Ecco, è questo che cerco di fare nella gestione dell’Iris e adesso dell’arena all’aperto: dare una scelta che vada dal film più commerciale a quello più indipendente, per poter creare una fiducia nel pubblico che mi permetta di proporre cose sempre diverse, di qualità e anche fuori dai circuiti prettamente commerciali”.

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