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CA’ FOSCARI: RUBINATO, “ZAIA E AMMINISTRAZIONE COMUNALE SCONGIURINO IL TAGLIO DEI CORSI UNIVERSITARI A TREVISO”

“La chiusura del San Paolo con lo spostamento dei corsi di Ca’ Foscari nella sede di Palazzo Leonardo, da condividere con l’Università di Padova, comporterà inevitabilmente il taglio dell’offerta didattica”

Pubblicato il 3 Agosto, 2020

Simonetta Rubinato, Presidente dell’Associazione Veneto Vivo, sulla vicenda Ca’ Foscari – Fondazione Cassamarca. “Serve un tavolo di confronto tra istituzioni e attori economici per trovare una soluzione logistica alternativa che mantenga i corsi a Treviso” 

“Le ombre sulla permanenza dell’Università a Treviso si fanno più cupe perché la chiusura del San Paolo con lo spostamento dei corsi di Ca’ Foscari nella sede di Palazzo Leonardo, da condividere con l’Università di Padova, comporterà inevitabilmente il taglio dell’offerta didattica, essendo gli spazi del tutto insufficienti. È necessario, a questo punto, l’intervento del Comune per mettere a disposizione di Ca’ Foscari spazi idonei al fine di scongiurare la chiusura dei corsi che tornerebbero a Venezia. Treviso non può perdere una sede universitaria importante come quella ospitata nell’ex distretto militare: una perdita di tale portata graverebbe pesantemente, non solo sul tessuto sociale, giovanile e formativo, ma anche su quello economico del territorio.

Treviso ha già detto addio qualche anno fa al corso di Laurea triennale in Disegno Industriale, trasferito a Vicenza, e al corso di laurea in Design della Moda, l’unico pubblico attivato in Italia nel settore, ritornato a Venezia. Non possiamo permetterci che il corso appena attivato di Laurea Magistrale in Biotecnologie per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile e i corsi già consolidati di Linguistica Applicata, grazie ai quali Treviso si è fatta pioniera nello studio e nella didattica dedicata alla Lis e al cantonese, abbandonino la città per andare a Venezia.

A Treviso nella sede del San Paolo possiamo contare sulla presenza di 1.600 giovani, distribuiti in quattro diversi corsi di Laurea, giovani che rappresentano linfa vitale per lo sviluppo culturale, la ricerca, l’innovazione, ma muovono anche l’economia con i loro acquisti, e rappresentano la futura classe professionale e dirigenziale della quale avranno sempre più bisogno le aziende del territorio più legate alle filiere internazionali. Basti pensare che al corso di linguistica applicata al commercio internazionale sono iscritti 600 studenti provenienti da altre regioni. E’ opportuno che lo stesso Presidente della Regione Zaia s’impegni, insieme l’amministrazione comunale di Treviso, a trovare una adeguata risoluzione della vicenda, assicurando la tenuta e lo sviluppo di tutti i corsi nella città, abbandonando l’atteggiamento pilatesco tenuto finora e che sta portando ad affossare l’offerta universitaria più in linea con le esigenze di sviluppo del territorio. È necessario che si apra una discussione con tutti gli attori coinvolti su quale università serve a questa provincia e al Veneto, anche con l’obiettivo di indirizzare al meglio la relazione tra università e imprese, senza condizionarla alla mera disponibilità logistica di Fondazione Cassamarca. E la stessa Confindustria faccia la sua parte, magari attivando risorse private che possano essere utilizzate per la soluzione del problema. 

Il presidente Zaia, che bene fa ad aprire un nuovo corso di Medicina dell’Universita di Padova presso l’ampliamento della sede del Ca’ Foncello per una sessantina di studenti, non puó ignorare che il Veneto, nel decennio tra il 2008 e il 2017, è stata la terza regione italiana a cedere ad altri paesi, in termini di valore assoluto, giovani con livello di istruzione medio-alto. Un fenomeno preoccupante che va arginato, assicurando innanzitutto ai nostri giovani una offerta didattica innovativa e rispondente alle esigenze dell’economia del territorio, affinché vi rimangano, ma anche in grado di attirare talenti dalle altre regioni e dall’estero, per favorire il loro inserimento nel tessuto economico del territorio.

La capacità di una classe dirigente di programmare lo sviluppo locale in base ad una chiara visione di futuro si vede proprio da questo. Un insuccesso su questo fronte sarebbe il segnale emblematico del suo fallimento” – Così

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