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“Io, abbandonata senza cibo e con la bimba lontana”. Le mamme di Puglia a Emiliano: vogliamo i papà in sala parto

Pubblicato il 5 Agosto, 2020

Ricordate la rivolta delle mamme di Puglia? Era il 6 luglio e prendevamo atto di una delle tante contraddizioni evidenziatesi nella gestione della crisi pandemica in Italia: mentre le attività riaprivano, si riprendeva a praticare sport, si tornava a ballare, a viaggiare e ad assistere a spettacoli, ai papà di Puglia veniva vietato l’ingresso in sala parto. Di più: ai papà di Puglia veniva generalmente vietato l’accesso nelle strutture sanitarie nelle quali le loro compagne si apprestavano a dare alla luce un bambino.

I bimbi non li porta la cicogna

Una contraddizione enorme, salvo che non si creda che siano le cicogne a disseminare il mondo di pargoli avvolti di rosa e di azzurro. A un padre convivente si è infatti vietato (e si vieta) di condividere le emozioni del parto e della nascita con la persona che ne condivide il respiro, la pelle, il letto, il desco, la vita.

La posizione di Emiliano

Allora, il governatore Emiliano, chiamato a pronunciarsi su questa assurda prassi, fu molto chiaro: non esistono in Puglia norme che impediscano l’accesso dei familiari nelle strutture ospedaliere per essere al fianco delle partorienti. La palla rimbalzava dunque all’interno degli stessi ospedali e in particolare dei reparti maternità, ai direttori dei quali, scriveva il presidente della Regione, era necessario rivolgersi per ottenere chiarimenti.

La battaglia di Rinascere al Naturale

Ebbene, all’indomani di quella nostra presa di posizione, l’ospedale di Foggia riaprì le porte dei reparti ai papà in ambascia. Ma è rimasto un episodio isolato. E le mamme di Rinascere al Naturale – fra le più motivate portatrici delle istanze d’una maternità biologica e senza traumi – continuano a farsi portavoce di testimonianze inquietanti in arrivo dai reparti pugliesi.

Le testimonianze: sola dopo il cesareo

“Dopo il cesareo ero stremata dall’intervento e non avere assistenza almeno dal marito, qui significa non mangiare: lasciano i vassoi sui tavoli e vanno via, nonostante le richieste di aiuto rispondono: “si tra poco vengo” e non viene mai nessuno. Ti portano il bambino dal nido dopo 12 ore dalla nascita e ovviamente senza assistenza è difficilissimo attaccarlo al seno o prenderlo per cambiare posizione. Chiedo un antidolorifico e arriva dopo 6 ore. Intanto uccido zanzare per passare il tempo.. mi hanno lavata solo una volta stamattina, dopo 10 ore dal parto.. ora sono bloccata, con catetere, senza possibilità di muovermi e mi sento piena di sangue. Ovviamente.. di là nella sala delle infermiere, si ride e si scherza. Se si fa il cesareo in tempo di covid, credo si sia penalizzate doppiamente”, scrive una mamma ospedalizzata per un parto cesareo ancora nel mese di luglio.

La mia bimba per ore al nido

“Dove ho partorito i bimbi vengono tenuti ore al nido per essere lavati e visitati. Quando dopo mezz’ora ho reclamato mia figlia, non volevano darmela! Ho detto che se avessero anche solo provato a darle latte artificiale, li avrei denunciati. Dopo 5 minuti me l’hanno riportata in stanza rivestita in maniera raffazzonata! La so lavare da sola mia figlia, grazie”, denuncia un’altra mamma non disposta a subire ulteriori angherie in quello che avrebbe dovuto essere il momento più bello della sua vita.

La mia piccola con le bolle sulle mani

Nata alle 23.53 vista solo da lontano e non messa nemmeno un secondo sul petto portata via al volo in incubatrice per 4 ore ( per prassi dicevano) ma la bambina era sana. Rivista in stanza alle 5.30 con le bolle sulle mani che si era ciucciata x consolarsi x la paura è x fame… nonostante avessi chiesto e preteso con lamentele mentre mi mettevano i punti di averla in stanza entro due ore x attaccarla al seno come prevede OMS ma mi è stato risposto CHE AL VITO FAZZI DI LECCE HANNO ALTRE REGOLE DIVERSE DALL’OMS! E che l OMS non lo seguono!”, scrive Nadine, arresasi a prassi denunciate in Puglia già in epoca pre-pandemica, ma adesso divenute ancor più violente.

Una intera notte per un tampone

“Quando ti presenti per partorire fanno il tampone e se non esce ti mettono in isolamento e non può entrare nessuno…io mi sono ricoverata alle 18 ed è uscito il giorno dopo…morale il papà si è perso la nascita”, lamenta un’altra mamma. E sono tante, tantissime. Amareggiate, tristi, ma anche arrabbiate. Guardando oltre i confini regionali scoprono infatti per esempio che in Piemonte e in Veneto nessuno ha mai impedito ai papà di accompagnare le donne e sostenerle nel corso del parto e questo le fa infuriare: “Lavoro in una sala parto veneta”, scrive infatti una testimone diretta. “I padri sono sempre, e ripeto sempre (anche quando avevamo il piano dei covid positivi esattamente sotto di noi), entrati in sala parto (da prima dei prodromi, non dall’espulsivo), rimasti al parto, post parto, pelle a pelle, in reparto durante tutto il ricovero, senza nessuna limitazione, esattamente come prima. Era richiesta solo una misurazione della temperatura all’ingresso e la mascherina (solo a loro non alla mamma in travaglio). Vi stanno fregando ragazze…fatevi sentire”, esorta questa operatrice.

Sono una futura mamma, piango giorno e notte

E le mamme ci provano, a farsi sentire. Ancora una volta. Per cercare di fermare questa ondata oscurantista che alla maternità vuole sottrarre il suo valore essenziale e primario di esperienza d’amore condivisa. E per cercare di restituire alle mamme in attesa una serenità e una gioia che queste norme (non scritte) stanno sottraendo loro, come dimostra una ulteriore recentissima testimonianza: “Sono una futura mamma… L’idea di dover passare il travaglio ed il parto da sola mi distrugge.. Non mi sto godendo la gravidanza perché questo è il mio pensiero fisso… Stavo pensando infatti di partorire a casa, pur di non rimanere da sola… Ma ho paura delle complicazioni… Sono disperata piango giorno e notte…”, si sfoga.

L’appello a Emiliano

Di fronte a parole come queste non c’è esonero di responsabilità che tenga. Dunque, se i direttori dei reparti maternità fanno orecchie da mercante, urlano le mamme, che intervenga Michele Emiliano: da padre, da presidente della Regione, da essere umano.

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