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Ritratti di “resistenza” a Mistretta

Giuseppe Sirni ha lasciato Mistretta 20 anni fa. Ma, giorno dopo giorno, la ritrae in immagini fotografiche, cercandola nei volti dei “compaesani”. A Milano in Consiglio regionale assiste la commissione antimafia. Ma la sua vocazione più antica è la pittura. Questa è la sua storia

Giuseppe Sirni – che oggi ha 48 anni – ha lasciato Mistretta 20 anni fa. Tuttavia, è impegnato in un progetto per ritrarla, questa cittadina, cercandola e trovandola in volti e luoghi. “Ritratti di resistenza” li chiama. Perché sono dedicati, con affetto e attenzione, ai “compaesani che resistono”, quelli che da Mistretta non sono andati via e, tra mille difficoltà, continuano a crearle un futuro.

Mistretta – dice Sirni – “è un patrimonio che ha bisogno di linfa nuova, di una politica che finalmente si occupi degli interessi della comunità e non di quelli dei politici o degli amici”.

Protagonista la comunità di Mistretta

Una comunità piccola e coesa, quella di Mistretta. Neanche 5000 abitanti e una marea di gruppi sui social. A metà strada tra Palermo e Messina, attorno ai mille metri di altitudine ma a pochi minuti dal mare, affacciata sull’arcipelago delle Eolie, si è andata spopolando per emigrazione: contava 20.000 cittadini nell’Ottocento, oggi ne ha un quarto.  

Resiste l’atmosfera, però, resistono un bellissimo centro storico, una storia con radici in epoche molto antiche, 22 chiese e vari musei, le bellezze naturali dei Nebrodi di cui Mistretta è “la stella” per la sua configurazione, la valle delle cascate e la cucina coi sapori di una volta. E “resistono” alcune attività, soprattutto alcune figure, veri e propri caposaldi della cittadina.

Da tempo volevo realizzare un racconto fotografico sulla mia terra natale – racconta oggi Sirni – ma a lungo non ho trovato la giusta ‘chiave’ per le mie fotografie”. Anche per i professionisti che l’hanno preceduto. Come il fotografo veneziano Ugo Maccà, recentemente scomparso, che per 40 anni ha trascorso a Mistretta le proprie vacanze regalandole i suoi scatti. Ma in questa estate 2020 Sirni si è ritrovato in giro con la macchina fotografica, catturato dalle espressioni, dai visi, dalle posture, dai sorrisi e dagli sguardi. E anche da alcuni dettagli architettonici, da un angolo imprevisto, da una luce sorprendente.

 “Ho visto che poteva venirne fuori qualcosa di buono e ho cominciato a ‘stalkerare’ i miei compaesani perché si facessero fotografare”.

Esistenze fatte di creatività e impegno civile

“Come in tutte le piccole comunità – spiega Giuseppe – qui le persone oltre ad essere impegnate nelle loro attività quotidiane, nel proprio lavoro, molto spesso ricoprono altri ruoli. Abbiamo il dentista che è anche responsabile della Pro Loco; il medico di Medicina interna dell’ospedale che è anche il direttore del Coro Polifonico Claudio Monteverdi; il macellaio che è responsabile della Protezione civile del paese… Penso che tutto ciò sia bellissimo, cerco di catturare la complessità di queste esistenze, i loro lati inediti, fatti di creatività e impegno civile. Ognuno di loro, nel proprio piccolo, fa sì che questa comunità rimanga viva, promuovendo iniziative importanti sia dal punto di vista culturale sia in termini di cittadinanza attiva”.

L’omaggio dunque è a loro. Anche perché “se lo meritano”, visto che hanno avuto “la capacità e la sapienza di reinventarsi per amore del loro paese”.

Mistretta, un rimpianto lungo 20 anni

Di Mistretta Giuseppe Sirni rimpiange molto. “Rimpiango innanzitutto gli affetti dei familiari. Io sono il più piccolo di 5 figli, mia madre mi ha avuto a 44 anni, quando sono andato via i miei erano già anziani e lasciarli è stato molto difficile. Poi ci sono gli amici e tutte quelle attività che mi tenevano impegnato, dal coro polifonico nel quale ho cantato per 8 anni alla radio per cui conducevo un programma di musica”.

Ma se lasciare le proprie sicurezze “costa tanto a livello personale”, sicuramente vivere lontano gli ha insegnato “la bellezza dell’indipendenza”.

In ogni caso, Sirni torna a Mistretta almeno due volte l’anno: “per le vacanze di Natale e per le ferie di agosto, anche se, dopo la morte dei miei genitori, d’estate ho diminuito i giorni di permanenza”. Qui trova due sorelle e  un fratello “con annessi nipoti e pronipoti”. E c’è comunque “il piacere di tornare per ritrovare se stessi e le proprie radici. Il legame con la propria terra è sempre forte”.

“Quelle sfumature che ti ricordano l’infanzia”

Vent’anni dopo averla lasciata, per Sirni a Mistretta, nonostante i cambiamenti della società, alcune cose sono rimaste uguali, “nel bene e nel male. È ancora possibile intrattenere rapporti veri, genuini, come succede appunto nei piccoli centri. Ovviamente le persone crescono, cambiano città, ci lasciano, ma ci sono delle sfumature che riesci ancora a cogliere e che ti ricordano la tua infanzia”.

E poi c’è il dolore costante per il degrado. “Per anni Mistretta è stata gestita male, senza un progetto, una visione a lungo termine, cosa che invece sta avvenendo in alcuni comuni limitrofi. Solo con una grande rivoluzione culturale può far sì che le cose cambino, prima che si imbocchi la via del non ritorno … Certe dinamiche della Sicilia le conosciamo, purtroppo. La sfida è difficile e ci sono tanti giovani che stanno cercando di cambiare le cose, ma devono scontrarsi ogni giorno con ostacoli e obiezioni, personaggi e circostanze che il cambiamento non lo vogliono”.

“Mi dispiace dirlo – continua – ma alcuni quartieri di Mistretta oggi sono abbandonati, anche a causa dello spopolamento. L’incuria e l’abbandono non fanno bene. Questi luoghi per essere vivi hanno bisogno di essere vissuti. Mistretta ha una grande storia alle spalle, ma non può vivere di ricordi, deve proiettarsi al futuro e non diventare un cimitero di pietre. C’è bisogno di un progetto di riqualificazione, di recupero di quello che è ancora recuperabile e di valorizzazione dell’insieme”.

Da Mistretta a Milano passando per Palermo

Ne sa qualcosa anche in termini di studi, Sirni, 48 anni, che dopo la maturità classica e dopo aver mollato Scienze Politiche, frequentata per tre anni, è stato ammesso  all’Accademia di Belle arti di Palermo dove si è diplomato in pittura con il massimo dei voti e la lode, con una tesi in restauro focalizzata sulle cause di degrado e alterazione della pellicola pittorica, in delle pitture su muro.

A quel punto – ricorda – “mi sono trovato di fronte ad un bivio: continuare con una specializzazione in restauro o provare la carta della Lombardia, dove già viveva una delle mie sorelle maggiori. Alla fine, per vari motivi, ho tentato la carta della Lombardia e ormai da 20 anni vivo e lavoro al nord”.

Don Baldassare Meli e il centro per migranti Santa Chiara

Trovandosi a Palermo negli anni ’90, storicamente travagliati, è comunque lì che Sirni ha fatto quella che definisce “un’esperienza che mi rimarrà nel cuore per sempre”. Il servizio militare era ancora obbligatorio, lui scelse la strada del servizio civile e fu assegnato al centro accoglienza immigrati Santa Chiara, nel cuore di Ballarò. “Fu una fortuna. Mi si è aperto un mondo, ho toccato con mano la realtà legata all’immigrazione e ho cominciato a prendere coscienza del problema. Infatti mi arrabbio molto quando leggo certi luoghi comuni legati agli sbarchi. Io ho visto l’umanità, la sofferenza di queste persone”.

È stata “un’esperienza forte, non facile, ma che mi ha lasciato tanto dentro”. Una figura su tutte gli è rimasta impressa, quella di Don Baldassare Meli, che dirigeva il centro ed è recentemente scomparso. “Un uomo grande come pochi, che tanto ha fatto per i migranti e per gli abitanti di quel quartiere”.

In Lombardia “educando alla legalità”

Una volta arrivato a Milano, Sirni non ha perso la sua vocazione all’impegno civico né la sua passione per “coloro che aiutano”. E pur avendo cambiato diversi ruoli, in qualche modo il cerchio si è chiuso negli ultimi sei anni. Da quando, cioè, lavora nel servizio commissioni del Consiglio regionale della Lombardia e in maniera particolare segue la Commissione Speciale Antimafia, Anticorruzione e Legalità. “Questo lavoro mi ha dato modo di avvicinarmi in prima persona al tema della criminalità organizzata, che rappresenta il problema principale del nostro paese. Mi ha permesso di prenderne coscienza più di quanto avessi fatto fino a quel momento. Ho avuto la fortuna di poter incontrare e ascoltare i maggiori esperti del settore, uomini e donne che ogni giorno combattono per arginare e e sconfiggere questo fenomeno”.

Ma – aggiunge – “forse l’aspetto più importante del mio lavoro è rappresentato dalle visite che facciamo nelle scuole, grazie ad un progetto che mira ad educare alla legalità le nuove generazioni. È emozionante e mi riempie di speranza”.

Collettive e personali e la “pittura del lockdown”

“Il lavoro che faccio sicuramente mi tiene molto impegnato e non mi permette di dedicarmi a tempo pieno all’arte”, spiega Sirni. “Però ho approfittato del lockdown per immergermi completamente nella pittura, in maniera quasi compulsiva, dipingendo a tutte le ore. Lavorare da casa mi ha permesso di ottimizzare i tempi e di poter realizzare un progetto che avevo iniziato e mai finito per mancanza di tempo”.

Nonostante i tanti impegni, insomma anche la sua vocazione primaria “resiste”. “Per il futuro spero di poter realizzare una mostra con tutti i lavori realizzati durante i giorni di solitudine dell’emergenza COVID-19”.

Nel corso del tempo Sirni ha partecipato a molte collettive, anche se negli ultimi anni, “per ovvi motivi”, ha dovuto rallentare. È stato in mostra all’università di arte applicate di Vienna insieme ad altri studenti dell’accademia, e a Venezia, a Palermo, e, neanche a dirlo, ha realizzato diverse mostre nel centro storico di Mistretta per sostenerne il recupero. Una sua personale è stata allestita nel Municipio di Nicosia (EN), suoi quadri sono stati esposti in diverse collettive in giro per la Sicilia. È stato anche tra gli artisti della “Notte leonardesca” di Vigevano e recentemente suoi lavori sono andati in mostra nel Grattacielo Pirelli, sede del Consiglio regionale della Lombardia.

Una pubblicazione per raccogliere i ritratti di Mistretta

E la fotografia? Sirni l’aveva studiata in Accademia, ma mai praticata. Negli ultimi anni ha cominciato, timidamente, ad avvicinarsi a questo mondo “che non è un’alternativa alla pittura, sono due linguaggi diversi, anche se possono incrociarsi”. Il punto d’origine, alcuni anni fa, quando un’amica gli parlò della piattaforma di PhotoVogue di Vogue Italia grazie alla quale ha conosciuto “tanti fotografi professionisti che mi hanno aiutato a crescere”.

Eppure Sirni non si sente un fotografo. Si sente – “anzitutto per rispetto a chi il fotografo lo fa di mestiere” – “uno che fotografa”. Tuttavia alcune sue foto, per tre anni di fila, sono state selezionate dagli editor di PhotoVogue per il Photo Vogue Festival, una manifestazione internazionale di fotografia che ogni anno si tiene a Base Milano, mentre l’anno scorso una sua foto è stata selezionata ed esposta nell’isola di San Servolo per il Venezia Photo Festival.

I suoi “ritratti di Mistretta” stanno avendo calorosa accoglienza sui social. E Sirni ha già avuto proposte ad hoc. E infatti “è possibile che si riesca a realizzare una pubblicazione che li raccolga. Ma c’è in programma anche una mostra. Vediamo cosa succederà. Intanto io continuo”.

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