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Black Lives Matter

Black Lives Matter e caso Blake, l’NBA si ferma contro il razzismo. E Trump attacca

Una decisione storica: l’NBA si ferma dopo l’ennesimo caso di “malapolizia” che ha ferito gravemente l’afroamericano Jacob Blake durante una lite familiare.

Pubblicato il 28 Agosto, 2020

La morte di George Floyd è stata la scintilla di un incendio che negli Stati Uniti fa fatica a spegnersi, anche perché continuano a ripetersi a cadenza quasi periodica episodi di “malapolizia” che vede quasi sempre coinvolte vittime cittadini afroamericani.

Un altro sconcertante episodio si è verificato lo scorso 23 agosto a Kenosha, nel Wisconsin, dove alcuni poliziotti hanno sparato ad un uomo per risolvere una lite familiare tra due donne. Si tratta di Jacob Blake, 29enne afroamericano, che secondo i familiari pur essendo paralizzato è a letto nell’ospedale ammanettato. Secondo i video e le testimonianze nell’auto dove stava entrando Blake ci sarebbero stati addirittura i 3 figli piccoli.

Black Lives Matter, l’NBA dice stop contro il razzismo e la violenza della polizia

In questi mesi il movimento Black Lives Matter ha continuato a prolificare, scuotendo le coscienze degli americani e di molti atleti. Diversi cestisti dell’NBA avevano già evidenziato il loro disappunto ed il loro dolore per il caso-Floyd, ma dopo l’ennesimo episodio colorato di razzismo hanno deciso di dire stop tramite un comunicato. L’hashtag #NBAboycott è già diventato virale sui social. Una decisione storica: l’NBA si ferma per un caso politico per la prima volta e, ovviamente, la cosa ha fatto molto rumore.

La rabbia di Trump

La presa di posizione dell’NBA non ha fatto certo piacere a Trump, già alle prese con le elezioni presidenziali alle porte che si preannunciano complicate e con la pandemia da Coronavirus. Il presidente americano, durante una conferenza stampa, ha tuonato: “L’NBA adesso è diventata anche un’organizzazione politica e non è una cosa buona per lo sport o per il paese. La Guardia Nazionale sta facendo un buon lavoro a Kenosha”.

In effetti la decisione ha diviso anche molti tifosi. Alcuni ritengono che i cestisti sono pagati per giocare e non devono entrare nelle questioni politiche. Molti altri però apprezzano il gesto e li appoggiano pienamente. Si attende la decisione nei prossimi giorni, ma comunque la sensazione è che i giocatori ritornino sui campi di basket, avendo lanciato comunque un segnale importante alla nazione e destinato a restare nella storia.

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