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Treviso, aperta al pubblico la chiesa di San Teonisto

Domenica 6 settembre dalle ore 10 alle 18 la chiesa di San Teonisto di Treviso sarà aperta al pubblico con ingressi contingentati nel rispetto delle misure di distanziamento vigenti.

Pubblicato il 4 Settembre, 2020

Domenica 6 settembre dalle ore 10 alle 18 la chiesa di San Teonisto di Treviso sarà aperta al pubblico con ingressi contingentati nel rispetto delle misure di distanziamento vigenti.

Sono in programma due visite guidate alle ore 11 e alle 16 (costo 5 euro a persona, per un massimo di 15 persone). Inoltre è possibile prenotare visite guidate per gruppi, T 0422 5121 (costo 5 euro a persona per gruppi di massimo 15 persone).

Sarà possibile “riscoprire” le 19 grandi tele ricollocate nella chiesa dopo un accurato intervento di restauro che le ha restituite alla originaria bellezza.

Le opere – commissionate nel corso del Seicento dalle monache benedettine che avevano eretto il convento e la chiesa di San Teonisto a illustri pittori dell’epoca quali Jacopo Lauro, Carletto Caliari, Matteo Ingoli, Bartolomeo Scaligero, Pietro della Vecchia, Ascanio Spineda, Alessandro Varotari detto il Padovanino, Matteo Ponzone, Paolo Veronese e Antonio Fumiani – dopo una storia travagliata, sono tornate sui muri per i quali erano state dipinte grazie a un accordo trentennale tra il Comune di Treviso e la Fondazione Benetton, che consente alla cittadinanza di ammirarle nuovamente nella loro sede originaria.

A rendere possibile il loro rientro è stato il completo recupero della chiesa, voluto e finanziato da Luciano Benetton. Il complesso intervento di restauro, iniziato nel 2014 e ultimato alla fine del 2017, è stato affidato all’architetto Tobia Scarpa che ha saputo restituire un’architettura rinnovata ma capace di raccontare i segni del passato di luogo consacrato, poi gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1944, sconsacrato e adibito a usi diversi. L’edificio è stato gestito dal Comune di Treviso fino all’acquisizione, nel 2010, da parte di Luciano Benetton che successivamente l’ha donato alla Fondazione per farne un luogo di cultura.

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