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Claudia Gusmano: “Il segreto de “L’Allieva” è…” – intervista esclusiva

Pubblicato il 10 Marzo, 2022

Cosa si nasconde dietro il lavoro di un’attrice? Alla vigilia dell’inizio de “L’Allieva 3” abbiamo risposto a questa e altre domande assieme a Claudia Gusmano.

Durante questo lockdown, siamo stati a casa, abbiamo lavorato in smart, cucinato, letto libri e visto la tv. Mamma Rai, nel suo palinsesto, ha riproposto molti dei successi televisivi della sua library e tra questi c’è proprio “L’Allieva”. Ora che è arrivata la terza stagione questo rewatch per alcuni, è stata un’occasione per rivederla, per altri una prima scoperta.  
Rispetto a moltissime serie Rai, basate sulla forza del singolo, evidenziato già dal titolo (‘’Imma Tataranni’’, ‘’Rocco Schiavone’’, ‘’Il commissario Montalbano’’), “L’Allieva” se ne distacca molto, regalando a ogni attore un suo spazio, permettendogli di esprimersi.
Così, grazie a questa straordinaria magia, abbiamo iniziato a indagare e ci siamo imbattuti in Claudia Gusmano. Attrice curiosa, magnetica, che dietro il suo sguardo, la sua Erika, nasconde qualcosa di indefinito. Dato che è appena partita la terza stagione, la raggiungiamo al telefono per scoprire più di lei e magari farci svelare il segreto che si nasconde dietro questo successo.    

In un’intervista hai dichiarato:” Mi sono trasferita a Roma per realizzare il mio sogno”. Che hai pensato la prima volta che hai visto “Nuovo Cinema Paradiso”?
Una forte emozione, ma adesso lo vorrei rivedere. Da quella volta a oggi sono diventata una donna e ho una consapevolezza totalmente diversa. Quando ero in Sicilia non pensavo “Questo è di grande qualità o meno”, c’erano dei film che mi facevano volare e immaginare venti anni dopo realizzata in questo lavoro e altri che non mi trasmettevano niente. “Nuovo Cinema Paradiso” mi aveva emozionato moltissimo ma la vera folgorazione è arrivata dagli spettacoli in teatro.

Interessante, raccontaci

Ero una ragazzina semplice. Il liceo classico che facevo al tempo a un certo punto si era svegliato ha deciso di portarci a vedere un ciclo di spettacoli teatrali e tra i tanti: il “Cirano de Bergerac” con Anna Mazzamauro di cui sono rimasta colpita. 2 anni dopo siamo andati a vedere “L’opera da 3 soldi” con Tosca e Venturiello e lì ho subito un altro shock emotivo. Mentre vedevo queste persone recitare sul palco da un lato scalpitavo, ma dall’altro ero molto riservata. Sentivo questa voglia di stare lì assieme a loro e divertirmi. Pensa che da piccola guardavo mio nonno e dicevo ‘’ voglio fare questo mestiere perché la gente si diverte tanto’’. Ho sempre mantenuto la visione di questo lavoro come un grande divertimento, anche se facendolo, mi sono resa conto che ci sono delle parti più oscure, diciamo che non ti diverti e basta.

Poi il grande passo: sei partita dalla Sicilia. Perché hai scelto Roma e non Milano o addirittura non sei andata direttamente fuori dall’Italia?

Quando avevo 18 anni mi sembrava già tantissimo andare via dalla Sicilia e arrivare a Roma. Roma è una città che per me rappresenta il fulcro di questo lavoro. A dir la verità fuori dall’Italia non ci avevo mai pensato, forse lo farei ora che ho più consapevolezza.

Dal post Lockdown ti sono arrivate proposte estere?

Magari, in realtà è una cosa che succede a veramente pochi. Spesso mi hanno contattato scrivendomi parecchi complimenti per i lavori che ho fatto. Però qualche anno fa, quando ho fatto il cortometraggio su Franca Viola, siamo stati al Tribeca Film Festival e li mi è capitato di persone che mi hanno detto: ‘’Se ti trasferissi qui, probabilmente lavoreresti tantissimo” ma non ero pronta a farlo. Ho sempre sentito l’Italia come la mia casa, anche se come tutte le case c’è il bisogno di andarsene via e tornare quando ci vuole. Oggi credo che se un posto per te è casa non devi avere paura che cambi. Casa è dove puoi andare e tornare senza che nulla ti sfugga di mano.


L’amore per la recitazione è partito dal teatro, per poi vederti spesso in televisione. Quando hai fatto i prodotti audiovisivi cosa hai portato dell’esperienza teatrale?

tutto.


E quando sei tornata a teatro, cosa hai portato dell’esperienza della macchina da presa?

Tutto uguale (ride). Parto dal principio, dai respiri.  
Quando facevo teatro, tutte le emozioni dovevano essere buttate fuori, quindi dentro devi avere una forza per essere in grado di fare qualsiasi cosa e mostrarla sulla scena in maniera più plateale. Rispetto al cortometraggio su Franca Viola ho capito che anche un sospiro poteva avere quella stessa forza emotiva. Davanti alla macchina da presa mi sentivo più tranquilla, riuscivo a recitare con più serenità. Il teatro richiede una preparazione enorme come il cinema, però a differenza di quest’ultimo se ti dimentichi una battuta è più complicato riprendere in mano la situazione. Per la televisione invece è ancora diverso è tutto più veloce, non hai il tempo teatrale. Una lettura dura due o tre giorni e non quindici.
Il teatro è istintività anche nella preparazione. Nel cinema anche una cosa non preparata, paradossalmente può funzionare.

Colgo la palla al balzo, riguardo il “non preparare” quanto spazio lasci all’improvvisazione?

L’improvvisazione per me è pane per i mei denti, quello con cui vado avanti. Più che altro mi piace mettere del mio. Improvvisare durante la scena magari no, però posso aggiungere delle cose in prova e se al regista piacciono, ovviamente senza scavalcare i colleghi, portarle sulla scena. Nella recitazione devi stare sempre attento, perché con gli altri attori per “giocare” come dicono gli inglesi, si deve costruire sempre un grande equilibrio.

Sul set de “L’Allieva” c’è stato spazio per questo tipo di situazioni?

Sul set posso dirti che c’è un enorme rispetto tra noi colleghi. Un equilibrio raro, oltre a un bene immenso e sincero tra di noi. Secondo me il segreto e la forza de “L’Allieva” è questo legame che viviamo tra di noi, oltre alla bravura del cast. Su “La mafia uccide solo d’estate”, non è stato un lavoro corale come questo, dove faccio parte di un gruppo, ho lavorato quasi solo con Claudio Gioè. Beh, con Claudio come puoi non trovarti bene? È un signore. Credo che per arrivare a quel livello tutti i “grandi” che ho incontrato, sono bellissime persone. Da Alessandra, Lino, Claudio, se hai rispetto di tutti vieni al tempo stesso rispettato: dal rapporto che hai con la costumista, con la sarta, col runner che ti viene a prendere la mattina, non c’è una piramide, perché tutte insieme siamo una macchina che andiamo avanti verso un unico obiettivo. Oltre a questo, loro sono proprio belle persone dentro e da piccolo fai una grande riflessione, avendo un’esperienza diversa: a quei livelli ci arrivi sempre per un motivo.

Riguardo al tuo personaggio di Erika, cosa devi tu a lei e cosa deve lei a te?

Erika inizialmente sembra un personaggio black. Lei mi fa divertire con i suoi tempi comici. È sempre fuori posto sia al momento giusto che in quello sbagliato, è sempre scomposta. Però credo che quest’anno si faccia uno zoom sul suo cuore, secondo me sarà rivalutata come anima.
Come spesso accade se ci si vuole fare psicologia dietro, c’è sempre un motivo perché una persona si comporta in un modo. Forse Erika aveva subito la stessa cosa da altri in passato, magari per lei era normale. Però quando si esce dalla propria zona di comfort, come succede alle persone, Erika sarà molto arricchita dal suo coraggio e dalla sua voglia di emergere.


L’allieva è una serie che è ripartita subito post lockdown, in quei 3 mesi su cosa hai riflettuto?

Durante il lockdown devo dire che sono stata benissimo, sono stata serena. La televisione è un mezzo che a un certo punto mi ha trasmesso quasi paura, ho smesso di guardare i tg e attendevo le 18.00 per la consueta conferenza stampa della Protezione Civile. In quei giorni oltre alla preoccupazione per l’aumento delle vittime, ciò che contava veramente era sapere che potevo chiamare i miei e sentirli in buona salute. Peraltro, nel mio piccolo, cercavo di avere rispetto di tutti ogni volta che uscivo per andare a comprare i beni di prima necessità, che era l’unica cosa che, come tutti, facevo. Mi son fatta le mie riflessioni certo, ho i miei pesi specifici che mi sono portata anche durante quei giorni, però ho dato più valore alla mia salute. Per esempio, ho deciso di smettere di fumare. Dal prendere questa decisione ad attuarla è passato un tempo, e questo è arrivato alla fine dei 3 mesi. Mi dicevo com’era possibile che uscivo di casa a prendere le sigarette, mentre avevo paura di potermi prendere il virus. A ripensarci mi viene da sorridere.

Oggi credo che se un posto per te è casa non devi avere paura che cambi. Casa è dove puoi andare e tornare senza che nulla ti sfugga di mano.

Poi sei tornata sul set e com’è cambiato?

Ho sentito la mancanza del mio lavoro. Ho cercato di usare questo tempo ferma, per potermi muovere dentro, non vedevo l’ora di ritornare, ho fatto le riflessioni sul mio personaggio e di quanto sono fortunata a poter fare questo mestiere, perché non tutto quello che ami a volte puoi farlo.
Prima di tornare sul set abbiamo tutti fatto il tampone, quindi avevi la certezza di negativi ed eventuali positivi. La prima persona che ho abbracciato è stata Francesca Agostini (Lara nella serie), ed è stato bello. Noi attori solo in scena potevamo stare senza mascherina e vicini e non ti nascondo che fuori, prima di girare, qualche abbraccio è scappato. In quei momenti non senti solo il tuo corpo che abbraccia ma senti proprio l’anima dell’altra persona. Durante questo lockdown credo ci siamo tolti un po’di muro, poi certo c’è chi durante questo periodo lo ha alzato ancor di più, ma alla fine ognuno fa i conti con sé stesso. Sai non è facile provare tutte queste emozioni, da noi c’è un po’ la cultura di farsi vedere sempre forti, senza crepe se ci pensi anche Instagram ti porta a questo.


Cioè?

Soffro tantissimo il mio rapporto con Instagram, Facebook, soprattutto nei momenti in cui non lavoro la cosa che mi capita di fare è aprire il profilo degli altri. Ti compaiono queste storie in cui sembra che tutti stiano meglio di te e che se non lavori è perché dipende da te. In realtà sono molto fatalista e credo molto nel destino, penso che arriverà il ruolo giusto. Ad esempio, l’hai visto “Imma Tataranni”?

Si.

tu mi dici com’è possibile che Vanessa Scalera sia stata conosciuta al pubblico soltanto adesso. Pensa come c’è arrivata lì? Con che preparazione! Che cuore! Con quanta fatica! Quanti “no”! Ho visto una sua intervista dove diceva che ha fatto cinque provini per questo ruolo e sono rimasta sbalordita. Delle volte penso che ci sia un tempo per maturare ed è bello quando esci fuori e hai la consapevolezza di esserlo. Questo lavoro per me non è solo una passione ma anche una valvola di sfogo. Spesso mi chiedono “Qual è il tuo hobby?” per me recitare è il mio lavoro, il mio hobby, la mia passione è il posto dove sento che mi riempio. Voglio vivere tantissime cose per portarle nel mio lavoro, anche gli occhi dei miei nipoti per me sono importanti da ricordare quando mi approccio a determinate cose. La parte poetica di questo lavoro è quella che ti devi tenere stretta perché la prima cosa che ti viene è avere paura di non fare. Il mio obiettivo è svolgere questo lavoro finché sono vecchia.

Beh, come si dice a Roma: “magari ce cascano”

(con determinazione) Io sto facendo di tutto affinché “ci caschino”. Ci sono dei momenti in cui mi spaccherei la testa verso il muro perché smanio dalla voglia di fare, ma mi devo dare pace. C’è questa parola che è spesso sconosciuta “pazienza” è questa la mia passione e sto cercando di avercela.

Ti capitano dei momenti di crollo? Quando si spegne questo fuoco come lo riprendi?

Non è che si spegne e si riaccende. Ti fa gioire e soffrire. Se ami una cosa e c’è quell’amore, puoi fare finta di niente, fare finta di non sentire, puoi metterlo da parte, perché la mente può essere una grande amica e una grande nemica. In quei momenti penso che “non tocca a me”, ma non mi sento perduta. Nonostante è capitato di dire a me stessa “non ce la farai mai” ma alla fine non ci credo neanche io. Penso che Dio non ti faccia desiderare niente che non possa essere realizzato. Poi magari non credi in Dio e lo chiami come vuoi ma in generale, se hai lo spazio per contenere, le cose arrivano.
A volte penso che tutta la vita ti porta a fare spazio, diventare dentro sempre più grande, più lo diventi e più cose puoi mettere. Con la maturità scegli cosa vuoi togliere, cosa mettere, cosa aggiungere, quale spazio puoi lasciare per sorprenderti. Di sicuro non smetterò di fare questo lavoro per sentirmi dire dei no.


Ed è questo quello che ci auguriamo per te, continua a farci emozionare e come dice Confucio “Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neanche un giorno in tutta la tua vita”.

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