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Turismo: estate nera. A rischio 1,3 milioni di posti

Pubblicato il 1 Ottobre, 2020

Il 2019 era stato l’anno record per l’occupazione nel settore turistico, ma quest’anno la pandemia ha fatto bruscamente invertire la rotta. Lo rivela il XII rapporto “Osservatorio sul mercato del lavoro nel turismo” redatto da Federalberghi e FIPE per conto dell’Ente Bilaterale Nazionale Turismo. E le previsioni per i prossimi 3 mesi sono negative.

Solo ad agosto e solo per alberghi e ristoranti, sono state autorizzate 44 milioni di ore di cassa integrazione, corrispondenti a 254mila mensilità a tempo pieno. 

Da gennaio a maggio 2020 le assunzioni nei settori turismo e terme si sono ridotte dell’80% per i contratti di lavoro stagionale e del 60% per quelli a tempo determinato. 

Per i prossimi mesi, le previsioni non migliorano: infatti, da agosto a fine anno, il Governo stima una riduzione delle assunzioni nell’ordine del 70%. Un prospettiva disastrosa se si calcola che il turismo è un settore che vale il 13% del PIL nazionale.

Durante il lockdown pressoché tutte le aziende del settore hanno dovuto sospendere l’attività per quasi tre mesi per legge o sono state costrette a reinventarsi l’attività. Solo gli alberghi avevano la possibilità di rimanere aperti ma, non avendo ospiti, molti hanno dovuto chiudere. Da marzo a maggio 2019 la media mensile dei lavoratori dipendenti nel turismo è stata di 1.262.921 unità. Di queste il 59,8% aveva contratti a tempo indeterminato, e quindi tutelata dal blocco dei licenziamenti, ma il restante 40,2% erano lavoratori con contratto a termine o stagionali. 

Chi ha visto scadere il proprio contratto difficilmente ha trovato altre occasioni d’impiego, specialmente all’interno del settore. Da qui un ulteriore elemento di preoccupazione: la dispersione di competenze e professionalità che rischia di impoverire il settore e compromettere le capacità di ripresa. 

Sebbene gli italiani non abbiano rinunciato del tutto alla vacanza ed abbiano avuto modo di scoprire meglio i propri territori, preoccupa l’approssimarsi dell’autunno. Con la riapertura delle scuole, la stagione estiva è ufficialmente conclusa e il settore non può sostenere i costi di un intero anno con i proventi di appena tre mesi di lavoro. Senza contare poi che mancano all’appello i turisti stranieri, cioè il segmento di mercato a maggior valore aggiunto in termini di spesa. 

Nel 2019 gli occupati dipendenti nel settore turistico sono stati nella media dell’anno 1.300.512, con un aumento rispetto al 2018 del 4,7%. In particolare, si trattava di donne (52,6% sul totale) e i giovani (il 60,1% ha meno di 40 anni). Il turismo, infatti, riesce in quello che nessun Governo riesce mai a fare: far entrare nel mondo del lavoro due delle categorie che storicamente hanno più difficoltà a trovare un’occupazione.

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