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Controlli dopo i 7 morti nel rogo della Teresa Moda, continua l’azione di Prato Lavoro Sicuro

Pubblicato il 2 Dicembre, 2020

Continuano i controlli di Prato Lavoro sicuro dopo che morirono in sette nel rogo notturno della Teresa Moda a Prato sette anni fa, il 1 dicembre 2013. Cinque uomini e due donne, sette operai di origine cinese che in quel capannone lavoravano e vivevano.

Pochi mesi dopo la Regione assunse attraverso la Asl settantaquattro nuovi giovani ispettori per la sicurezza, li formò e partì il progetto “Lavoro Sicuro”, con controlli a tappetto in tutta l’area metropolitana: a Prato per lo più ma anche a Firenze, Empoli e Pistoia. Quel piano straordinario, già rinnovato una volta, proseguirà ancora, nel segno della prevenzione più che del controllo.

Lo hanno confermato il presidente della Toscana Eugenio Giani e l’assessore all’immigrazione e alle politiche per la legalità Stefano Ciuoffo, che sono intervenuti al seminario on line organizzato dal Comune di Prato nel ricordo di quella tragedia. 

Nel corso dell’incontro, a cui hanno partecipato tra gli altri anche il console della Repubblica popolare cinese a Firenze Wang Wengang, il procuratore capo di Prato Giuseppe Nicolosi, le associazioni di categoria e i sindacati, è stato fatto anche il punto sui controlli effettuati in tutti questi anni. Più di 14mila sopralluoghi dal settembre del 2014 al 31 ottobre scorso e quasi 18 milioni di euro incassati dalle sanzioni comminate per le irregolarità.

I controlli e Lavoro sicuro hanno fatto scuola: crescono le aziende sicure

La Teresa Moda dopo il rogo

Ma sono cresciute anche, nel tempo, le aziende che ai controlli si sono dimostrate a posto: nel 2014 a Prato erano solo il 20% e nel 2020 si attestano attorno al 48% (il 32 e quasi il 63% in tutta la Asl centro).

E questo è un segnale sulla sicurezza sui luoghi di lavoro che fa ben sperare. Inoltre le irregolarità che rimangono si sono fatte meno gravi  (sono calati del 68% i dormitori, giù dell’80% gli impianti  elettrici non a norma, dimezzate le notizie di reato);  inoltre i controlli hanno avuto risvolti positivi sul fronte della regolarità fiscale e del pagamento delle tasse. L’obiettivo verso cui tendere è quello di un passaggio da una responsabilità solo subita ad una fatta propria e interpretata.  

«Prato – hanno di nuovo ricordato Giani e Ciuoffo – ha fatto scuola con il Piano Lavoro Sicuro che è stato utilizzato come modello in altre realtà produttive della regione».  

«Il rogo della Teresa Moda – sottolinea l’assessore – non fu solo un incidente sul lavoro. Quegli operai morti erano persone tenute in condizione di schiavitù all’interno di un modello strutturato di oppressione. Da qui il cambio di passo deciso e l’avvio di un percorso di riscatto, consapevoli che ogni forma di illegalità indebolisce qualsiasi tessuto sano e capace, come quello delle nostre imprese. Un distretto che ha pagato il conto in termini di immagine». 

«C’è una lunga strada da percorrere per consentire ai lavoratori di operare in sicurezza, come ha detto anche il console – conclude Ciuoffo -,  e questa strada la faremo insieme. Mi auguro infine che la sollecitazione che il procuratore Nicolosi ha posto sia colta: l’importanza della dignità della persona rispetto alla libertà d’impresa. La libertà deve rispettare la dignità umana in primo luogo, garantendo a ciascun lavoratore i suoi diritti inalienabili».

Diminuiscono le irregolarità e i dormitori abusivi

I numeri confermano che le irregolarità sono diminuite nella Terza Fase e che si sono fatte meno gravi rispetto all’inizio. E’ il segnale che molto è cambiato dopo sei anni dall’avvio di controlli straordinari dei 74 ispettori del Nucleo per verificare la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Come ha sottolineato il responsabile Renzo Berti. «Sicuramente ancora non è tutto a posto, ma il cambiamento è evidente e i controlli del Piano hanno avuto risvolti anche sul fronte della regolarità fiscale e del pagamento delle tasse. Si tratta però di un cambiamento fragile e adesso è necessario fare un ulteriore scatto di maturazione passando alla sicurezza sui luoghi di lavoro che nasce dal senso di responsabilità e non dal controllo e dalla sanzione, una responsabilità non subita ma interpretata.

«E’ questo che ci darebbe una corretta gestione della sicurezza, che non può essere solo frutto di un controllo a cui sottostare. E’ necessario allargare ulteriormente il raggio ispettivo e farlo combaciare con i controlli ordinari, quindi sviluppare un intervento che allinei l’attività di controllo sulle aziende cinesi a quelli che riguardano tutta la comunità”.

Il Console generale della Repubblica Popolare Cinese a Firenze Wang Wengang  ha ricordato la tragedia di sette anni fa e ha sottolineato il grande sforzo della comunità cinese per garantire il rispetto delle regole del Piano Lavoro Sicuro, nonostante ci sia ancora da fare

Il Console ha ricordato che quest’anno ricorrono cinquanta anni di relazioni tra Cina e Italia e che la comunità cinese continuerà ad impegnarsi «per il rispetto, l’aiuto reciproco, il mutuo vantaggio ma anche per la promozione dell’integrazione: negli anni si è consolidato il dialogo tra il Consolato e il Governo regionale per la tutela della sicurezza dei lavoratori».

I controlli dicono che al 31 ottobre 2020 i dormitori abusivi sono il 3,1%, calati del 68% tra la Fase 1 (dal settembre 2014 all’aprile 2015) e la 3, gli impianti elettrici non a norma sono il 3,7%, giù dell’80%, i sequestri e le chiusure scesi allo 1,4% dal 5,7 del 2014, ovvero il 75% in meno.

Ma oltre al problema della sicurezza nei luoghi di lavoro c’è quello dello sfruttamento della manodopera, come ha sottolineato il procuratore capo Giuseppe Nicolosi allargando il tema di confronto:

«Molti procedimenti contro lo sfruttamento lavorativo sono nati grazie alla collaborazione e la sinergia nata con gli ispettori del nucleo Lavoro sicuro e le istituzioni. Abbiamo a che fare con forme di riduzione di schiavitù nelle aziende inaccettabili nella nostra società e non si può pensare che la soluzione sia nei controlli e nella repressione giudiziaria, anche per tempi e procedure che non riuscirebbero a contrastare il fenomeno».

«Sarebbero quindi necessari un intervento e un maggiore impegno in questo senso da parte delle istituzioni cinesi, a tutela dei lavoratori sfruttati e non dei datori di lavoro. Dobbiamo elevare il livello della collaborazione tra istituzioni che ha già dato buoni frutti”.

In rappresentanza delle categorie economiche è intervenuto Leandro Vannucci, presidente di Cna Toscana Centro: «Siamo in prima linea per combattere l’illegalità nel lavoro. E per diffondere le informazioni e le conoscenze delle regole abbiamo istituito corsi di formazione proprio per aziende straniere e imprenditori che invitiamo a partecipare. La funzione informativa per noi serve ad inviare un messaggio chiaro:  “noi siamo qui”».

Un obiettivo condiviso anche dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, che attraverso l’intervento del segretario Cgil Lorenzo Pancini hanno dichiarato l’impegno per affiancare i controlli con azioni di sensibilizzazione e formazione rivolte ai lavoratori. con l’obiettivo di arrivare ad una maggiore presa di coscienza del valore della sicurezza nei luoghi di lavoro e della legalità.

La presidente della Camera di Commercio Dalila Mazzi ha presentato dei numeri significativi della realtà di Prato mettendo in evidenza che, oltre ai controlli, il quadro dice che «su più di 28mila aziende attive sul territorio pratese, oltre 9mila, cioè quasi un terzo, sono a conduzione straniera e di queste più della metà sono a conduzione cinese».

«La presenza di aziende a conduzione straniera a Prato rispetto alla media nazionale è di circa 3 volte tanto, infatti la Provincia di Prato è al primo posto nella graduatoria nazionale con circa il 30% rispetto alla media nazionale del 10,7%. Rimane confermata la vocazione manifatturiera per le aziende a conduzione cinese che rappresentano il 55,4% del comparto industriale della Provincia di Prato. Le confezioni sono più dell’88% del totale e nel tessile le aziende cinesi sono oltre il 22% del settore”.   

Sul piano dei controlli e non solo, «In sette anni è stato fatto tanto – ha aggiunto Rodolfo Zanieri di Uil-  il Piano Lavoro Sicuro ha fatto scuola ed è stato preso come esempio da molte altre città non solo in Toscana.

«Dobbiamo però continuare ad impegnarci per cercare di invertire la tendenza che nel 2020 vede Prato al primo posto per numero di infortuni mortali sui luoghi di lavoro. La salute e la dignità sono i valori alla base della nostra comunità. La sicurezza non è un business e dobbiamo lavorare con unità di intenti in maniera concreta e mirata per favorire il rispetto delle regole».

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