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Erbetti (M5S): “ho protocollato ieri una mozione per la creazione di comunità energetiche e di autoconsumo collettivo”

Pubblicato il 29 Dicembre, 2020

Comunità energetiche. Massimo Erbetti, consigliere comunale, scrive in una nota: “Come M5S Viterbo, ho protocollato ieri una mozione che impegna il sindaco e la giunta a promuovere nel territorio comunale di Viterbo la creazione di comunità energetiche e di autoconsumo collettivo, con il coinvolgimento dei cittadini residenti e l’impiego di aree o edifici di proprietà comunale, in particolare sostenendo prioritariamente le forme di configurazioni che generano benefici diretti con la riduzione dei costi in bolletta per i cittadini con maggiore disagio economico che ricadono o rischiano di ricadere nella condizione di povertà energetica; assicurare anche attraverso la creazione di apposito sportello o centro informazioni la messa a disposizione dei cittadini delle informazioni necessarie a promuovere la creazione di comunità energetiche e sistemi di autoconsumo collettivo”.

Comunità energetiche: che cosa sono?

E ancora: “Comunità energetiche. Che cosa sono? – spiega nei dettagli – Sono nuovi tipi di entità non commerciali e, sebbene si impegnino in una attività economica, il loro scopo principale è fornire vantaggi ambientali, economici o sociali alla comunità, piuttosto che puntare al profitto. I cambiamenti climatici e il degrado ambientale rappresentano una minaccia enorme per l’Europa e per il mondo. Una risposta forte a tali sfide viene data dalla Commissione europea con “Il Green Deal europeo”, individuando la strategia di crescita mirata a trasformare l’Unione europea in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse. Al fine di sostenere al raggiungimento di tali obiettivi, nell’ambito del pacchetto “Clean energy for all Europeans” (Energia pulita per tutti i cittadini europei), su proposta della Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo hanno adottato la cosiddetta Red II, la direttiva europea sulla promozione delle fonti rinnovabili (UE 2018/2001), che riconosce e promuove le configurazioni di autoconsumo collettivo e di comunità energetiche; coerentemente agli indirizzi europei, l’Italia ha adottato il Piano nazionale integrato energia clima (Pniec), nel quale vengono individuati gli obiettivi da raggiungere per il 2030: la copertura del 30% dei consumi energetici finali lordi da energia da fonti rinnovabili, incluso il raggiungimento di una quota di energia da fonti rinnovabili nei consumi elettrici pari al 55% del totale; un target di efficienza energetica che prevede una riduzione dei consumi del 43% dell’energia primaria; la riduzione del 33% delle emissioni di gas a effetto serra in settori non inclusi nell’Ets (sistema per lo scambio delle quote di emissione) dell’Unione europea, mentre permane l’obiettivo di riduzione del 43% per i settori inclusi nell’Ets.

Nell’ambito del Pniec, tali obiettivi sono perseguiti anche attraverso la promozione dell’autoconsumo e delle comunità dell’energia rinnovabile; il dibattito sulle modalità per ridurre gli impatti e affrontare i rischi del cambiamento climatico ha determinato la forte presa di posizione delle istituzioni dell’unione.

La Commissione europea ha proposto un innalzamento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra al 55% al 2030, mentre il Parlamento europeo ha rilanciato con un traguardo ancora più ambizioso, pari a una riduzione del 60%.

I nuovi target, molto più sfidanti rispetto a quelli già individuati, richiedono un maggior impegno dell’Italia; la Commissione europea raccomanda inoltre gli stati membri di adottare misure adeguate ad affrontare la “povertà energetica” – determinata da una combinazione di basso reddito, elevata spesa per l’energia e scarsa efficienza energetica – una problematica che rischia di affliggere fino all’11% dell’intera popolazione dell’Unione europea.

In attesa della completa attuazione della disciplina della direttiva Red II, con le disposizioni contenute all’articolo 42-bis del decreto legge 30 dicembre 2019, numero 162, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, numero 8, l’Italia ha disciplinato in anticipo la fase di recepimento, rendendo possibile la condivisione dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili tra più detta condivisione non era realizzabile in precedenza, poiché sussisteva il limite normativo per cui l’energia prodotta da un impianto alimentato da fonte rinnovabile fosse auto-consumata al massimo dall’utente presso il quale l’impianto era installato.

Attualmente, in virtù delle novelle richiamate in precedenza, i consumatori di energia elettrica potranno quindi associarsi per realizzare configurazioni di autoconsumo collettivo, che possono essere attivate da famiglie e altri soggetti che si trovano nello stesso edificio o condominio, purché i soggetti diversi dalle famiglie non producano energia come attività principale”.

Comunità energetiche, alle quali possono partecipare persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, ubicati in un perimetro più ampio rispetto a quello condominiale, purché siano tutti collegati alla medesima cabina di trasformazione dell’energia di media/bassa tensione e la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l’attività commerciale e industriale principale

In entrambi i casi, i consumatori di energia elettrica che si associano continuano a mantenere il diritto di scegliere il proprio fornitore e di recedere in qualunque momento dalla comunità energetica o dagli auto-consumatori collettivi, e possono eventualmente individuare un soggetto delegato, responsabile del riparto dell’energia condivisa; ai membri che aderiscono alle configurazioni viene riconosciuto un beneficio diretto in termini di riduzione dei costi in bolletta di alcune tariffe derivanti dal minor utilizzo del sistema elettrico che è stato quantificato dall’Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, ndr) in €10/MWh, oltre a una diminuzione del costo attribuito al consumo dell’energia, essendo questa autoprodotta e auto-consumata.

Oltre ai benefici diretti, le configurazioni vengono sostenute anche da una tariffa incentivante, individuata dal decreto ministeriale del ministero dello sviluppo economico in attuazione del summenzionato articolo 42-bis.

La tariffa è erogata per un periodo ventennale dal gestore dei servizi energetici ed è strutturata per promuovere l’autoconsumo anche tramite l’impiego dei sistemi di accumulo: infatti, premia solo la quota parte di energia elettrica prodotta e auto-consumata virtualmente e sarà pari rispettivamente a 100 €/MWh per le configurazioni di autoconsumo collettivo e 110 €/MWh per le comunità energetiche rinnovabili.

La tariffa è riconosciuta agli impianti entrati in esercizio dopo il 1 marzo 2020 e abbiano complessivamente una potenza non superiore ai 200 kW; considerando l’effetto combinato dell’incentivo Mise, il beneficio diretto riconosciuto da Arera e il Pun (il prezzo all’ingrosso risparmiato dell’energia auto-consumata), si arriva a un valore di 150-160 €/MWh sull’energia auto-consumata da impianti a fonti rinnovabili: si tratta di un valore pari a oltre tre volte il prezzo normalmente pagato “all’ingrosso” dell’energia (circa 50 €/MWh), che spingerà quindi le configurazioni ad orientare i propri consumi in maniera virtuosa e sostenibile per massimizzare l’autoconsumo in loco. L’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020 numero 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto decreto Rilancio), in caso di riqualificazione complessa, che includa anche alcuni interventi sugli impianti o sull’involucro (identificati dalle norme come interventi trainanti), stabilisce che è possibile accedere alle detrazioni fiscali del 110% (cosiddetto Superbonus) anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici (o di sistemi di accumulo) nel contesto di autoconsumo collettivo e di comunità energetiche, purché l’energia non auto-consumata o condivisa sia ceduta al Gse.

Per gli impianti fotovoltaici che accedono al Superbonus al 110%, la tariffa incentivante ricordata è riconosciuta sulla produzione dovuta alla potenza eccedente quella ammessa al Superbonus (pari a 20 kW di potenza). Il summenzionato articolo ha inoltre introdotto ulteriori importanti novità: le configurazioni non costituiranno svolgimento di attività commerciale abituale, con una conseguente riduzione delle pratiche burocratiche necessarie alla loro implementazione e operatività; la detrazione fiscale del 50% per gli impianti a fonti rinnovabili è estesa da 20 a 200 kW per un ammontare complessivo di spesa non superiore ai 96.000 euro – detrazione cumulabile con la tariffa incentivante.

I cittadini, gli enti pubblici e territoriali e le Pmi possono quindi attivarsi collettivamente anche attraverso consistenti strumenti di incentivazione per sostenere la creazione di tali configurazioni, che riducono i costi della bolletta elettrica attraverso lo spostamento delle marginalità economiche del sistema energetico agli aderenti delle configurazioni, alimentando la crescita economica, sostenibile e sociale.

Ciò abbatte le emissioni inquinanti e riduce i conseguenti impatti ambientali e sanitari, fortemente presenti nei centri urbani; la riduzione dei costi in bolletta per i membri che aderiscono alle configurazioni può essere lo strumento efficace da impiegare per affrontare il problema della povertà energetica, che colpisce in particolare le famiglie con disagio economico. Attualmente, l’Italia si colloca alla 19° posizione, su 28, tra i paesi membri dell’Unione europea, nell’indice europea di povertà energetica 2019 e il bonus energia elettrica e gas, erogato tramite sconto diretto in bolletta, risulta richiesto da appena il 30% degli aventi diritto e, comunque, non appare sufficiente, da solo e nella sua attuale configurazione, a risolvere interamente tale problematica.

Nell’ambito di una indagine realizzata dallo Spi-Cgil e dalla fondazione Di Vittorio emerge che gli italiani che vivono in famiglie in povertà energetica sarebbero poco più di nove milioni, ossia più del 15% del totale, con un impatto particolarmente rilevante per la popolazione anziana.

Essere “poveri energetici” o rischiare seriamente di diventarlo con forti difficoltà ad acquistare servizi minimi come elettricità e acqua calda e a riscaldare o rinfrescare correttamente le proprie abitazioni riguarda il 47% degli anziani intervistati.

Gli enti pubblici e quelli territoriali pertanto, possono essere promotori sui propri territori di competenza di politiche sociali attive che coinvolgono i cittadini nella promozione e partecipazione nelle diverse forme di configurazioni, contribuendo efficacemente ad affrontare e ridurre la povertà energetica tra i cittadini in particolare verso gli anziani. Potrebbero sostenere la creazione di configurazioni tra cittadini o tra enti e cittadini in cui gli impianti potrebbero essere realizzati dall’ente anche su aree o coperture di edifici pubblici e l’energia prodotta condivisa.

Per esempio, si potrebbe realizzare una comunità energetica con un impianto installato sul tetto di una scuola, utilizzando l’energia prodotta per la stessa e cedendo l’eccedenza ai cittadini membri della comunità. Teniamo presente che gli enti possono cumulare la tariffa incentivante anche con altri incentivi (come, per esempio, quelli derivanti dal fondo Kyoto, fondo efficienza e fondi di programmi europei)”.

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