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A TREVISO LA MESSA DEI POPOLI

Questa mattina, in Cattedrale, il vescovo di Treviso Michele Tomasi ha presieduto la Celebrazione eucaristica internazionale, nella Solennità dell’Epifania del Signore.

Pubblicato il 6 Gennaio, 2021

Questa mattina, in Cattedrale, il vescovo di Treviso Michele Tomasi ha presieduto la Celebrazione eucaristica internazionale, nella Solennità dell’Epifania del Signore.

Hanno preso parte alla solenne concelebrazione le rappresentanze delle Comunità dei fedeli immigrati di lingua straniera presenti in Diocesi, con i sacerdoti che li seguono: la comunità ghanese, nigeriana, francofona, polacca, ucraina, romena, brasiliana, filippina e la comunità latinoamericana di lingua spagnola. Presenti il sindaco di Treviso, Mario Conte, e altri rappresentanti della Giunta e del Consiglio comunale.

Una celebrazione ricca di colori, di canti, di letture e preghiere in molte lingue diverse. Anche mons. Tomasi ha letto alcune parti della messa in spagnolo, in francese e in inglese.

Nell’omelia il Vescovo ha ricordato il significato di quanto proclamato dal diacono, al termine dell’annuncio delle festività dell’anno, e cioè che “Gesù è davvero Signore del tempo e della storia, è presente nella nostra storia, in quella grande delle nazioni e in quelle di ciascuno di noi, della nostra famiglia, della nostra comunità”, nelle situazione belle e gioiose, ma anche “in questo periodo così lungo e faticoso. Quello delle regole del nostro convivere civile, soprattutto quello delle cifre dei contagi, dei ricoveri, degli ammalati, dei morti. Questo annuncio di presenza è più difficile, più precario, ma più necessario”.

A partire, allora, dalla domanda dei magi, “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?”, possiamo chiederci – ha detto il Vescovo – se il Signorec’è davvero in questa nostra storia. “Io credo di sì – la risposta di mons. Tomasi -. Credo che sia presente, anche in questo nostro intreccio tra le parole della fede ed i ritmi della vita. Anche nell’intreccio delle

esistenze con i ritmi convulsi e talvolta confusi dei provvedimenti che regolano le nostre vite e che hanno come fine primario quello di impedire la diffusione del contagio, in attesa che venga anche il tempo della diffusione e dell’efficacia dei vaccini. Le vite da difendere sono però quelle di adesso, e le persone da aiutare sono quelle bloccate per la malattia o per la paura. La ripresa dell’economia verrà. E verrà se adesso vivremo la vera solidarietà che aiuti ora chi fa fatica. Perché anche le vite dei poveri e di coloro che poveri stanno diventando vanno protette e salvate, e beni da condividere ne abbiamo ancora. Non penso che ci siano ragioni della salute e ragioni dell’economia da contrapporre, ma soltanto un tempo che ci accomuna tutti, in cui dobbiamo credere di essere fratelli e sorelle, tutti. La contrapposizione vera è tra le ragioni della fraternità e quelle dell’egoismo”.

“Ispiriamoci ai Magi – l’invito del Vescovo -. Rimettiamoci in cammino, lasciandoci guidare dalla stella che è l’essere appassionati della vita e del bene dei fratelli e delle sorelle”, imparando da Maria e Giuseppe “a prenderci cura gli uni degli altri. Adoriamo, dimentichiamo noi stessi e facciamo spazio a Lui: ci farà vedere il suo volto in tanti volti, il suo pianto in tante lacrime, la sua gioia in tanti sorrisi di chi si sarà sentito amato da noi. E portiamo doni. Condividiamo la nostra vita e il nostro tempo. Condividiamo le nostre risorse, le nostre capacità, i nostri beni”.

“Saremo noi la risposta alla domanda dei Magi (“Dov’è il re dei Giudei?”). Noi nella bellezza e nella ricchezza delle nostre differenze, dei nostri molteplici doni, dei colori infiniti dei nostri desideri di gioia e di pace. Nel nostro rispetto delle regole, nella nostra accoglienza di chi è differente, nel nostro impegno per la dignità di tutti, dei diritti di ogni persona, nella testimonianza di una comunità retta dall’amore e dal servizio. Noi tutti insieme – ha concluso il Vescovo -, una comunità cristiana unita, che non fa differenza di provenienza geografica e culturale, ma che manifesta nei fatti che i legami in Cristo sono più forti di qualunque distanza e nella quale proprio chi è costretto a vivere lontano da casa deve a maggior ragione sentirsi a casa, essere accolto e valorizzato, fratello e sorella in una famiglia unita”.

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