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Gesto intimidatorio ai danni dell'avvocata Simona Giannangeli: occhio al contesto (intervista)

Gesto intimidatorio ai danni dell’avvocata Simona Giannangeli: occhio al contesto (intervista)

Pubblicato il 9 Gennaio, 2021

Quando si svolgono opere importanti per la comunità, a volte si subiscono azioni intimidatorie, ma non manca chi non si lascia intimidire. Non è stata una fine d’anno piacevole per l’avvocata Simona Giannangeli, presidente dell’associazione Donatella Tellini-Centro antiviolenza per le donne dell’Aquila. Queste le sue parole. “Il 31 dicembre, nel riprendere la mia auto, mi sono resa conto che era stata squarciata una ruota in due punti. Essendo avvocata, so che per affermare qualcosa servono prove. Ho sporto denuncia contro ignoti, mi affido alla magistratura perché svolga il suo compito. Del resto, credo di sapere, con un certo margine di certezza, di chi si tratta”. E’ la prima volta che si commettono gesti avventati e sconsiderati ai suoi danni? “Già nel 2019, a distanza di una quindicina di giorni, per due volte di seguito, mi erano state prestate ‘attenzioni’ simili, con due ruote danneggiate in entrambi gli episodi, presso un parcheggio. Ancora prima, otto anni fa, la mia auto era accanto alla mia abitazione: un biglietto anonimo sul parabrezza mi minacciava di morte“. Gesti che bisogna ricondurre, senza ombra di dubbio, all’attività del Centro antiviolenza. Qual è la sua opinione in proposito? “Ho contribuito a fondare il Centro, 14 anni fa. In questo contesto, mi occupo di situazioni delicate e significative, alle quali si collega anche l’ultimo gesto. Sebbene io non abbia alcuna smania di protagonismo, non posso che riconoscere che si è determinato, ai miei danni, qualcosa di più di un atto di puro vandalismo: se tale fosse stato, lo avrei tenuto per me”. Parliamo dell’importanza della relazione tra donne. “Il centro è uno strumento potente, che suscita fastidio e paura: porta alla luce molte nefandezze. Si tratta di realtà che si svelano, dentro e fuori dall’aula di giustizia. E’ necessario costruire una visione differente della violenza maschile: non si tratta di un fenomeno residuale. E ancora: non riguarda donne svantaggiate, che in qualche modo non ce l’hanno fatta”.
Come si legge sul sito dedicato, l’Associazione è inclusa nell’elenco dei Centri Antiviolenza in Italia a partire dagli anni ’90 e da allora si è messa a disposizione delle donne che hanno subito violenza come sportello di ascolto, come struttura di sostegno medico e psicologico (in collaborazione con il Consultorio Aied) e come servizio di mediazione tra le vittime della violenza e gli Enti e/o le figure professionali di volta in volta necessari per la realizzazione dei percorsi individuali di uscita dalla violenza per sé e per i propri figli e figlie.
Che caratteristiche ha la violenza sulle donne? “La violenza nei confronti delle donne è sempre presente, non è episodica o emergenziale, ma costante e strutturale: per questo è pericolosa. Parliamo di un fenomeno che riguarda uomini della classe media o medio-alta. A L’Aquila e provincia la violenza è esercitata al 95% da italiani, nei confronti di donne italiane o migranti. La violenza non ha portafoglio, non ha passaporto. Si tratta di soggetti acculturati: la violenza maschile è una delle cose più democratiche che esistano”.
E i luoghi? Incidono sui fenomeni di violenza? “In Abruzzo, la violenza contro le donne riguarda ogni città, senza picchi o divari, poiché oscilla con l’oscillare del numero di abitanti, aumentando nelle città più grandi: i dati sono uniformi. All’indomani del terremoto del 2009 abbiamo cercato le donne che avevamo in accoglienza: anche allora la violenza maschile continuava, come se nulla fosse. Quando la problematica si accentua, significa che non ci sono più modi per denunciare”. Che cosa è avvenuto nel 2020, l’annus horribilis della pandemia? “L’anno che si è concluso è stato estremamente difficile. Abbiamo ricevuto qualche chiamata in più: tranne nel periodo di marzo e aprile, quando le donne che hanno riscontrato su di sé questa problematica non hanno avuto modo di denunciare e la violenza è stata soffocata. Un fenomeno preoccupante: non riuscivano a telefonare, a trovare il modo di raggiungerci e chiamarci. Si rischia di credere che ci siano momenti di quiescenza: non è così, in seguito abbiamo ricominciato a parlare con loro. Ricordo che il centro è attivo 24 ore su 24. Siamo in rete regionale con Antigone, in rete nazionale con Dire. Siamo sempre in attività per sensibilizzare, accogliere le donne: lo stiamo già facendo. Non si tratta di un ente assistenziale, ma di un luogo per far sentire la propria voce, per denunciare i torti subiti.”

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