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Il Teatro Spazio di San Giorgio, la “scuola” di Massimo Troisi, rischia la chiusura: “Siamo fermi e ci chiedono di pagare anche la TARI”

L’assurda vicenda raccontata da Cristina Ammendola, vicepresidente del teatro.

Pubblicato il 13 Marzo, 2021

Il glorioso Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano, la “scuola” artistica di Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro, è a un passo dalla chiusura.

Il Covid-19 ha travolto l’intero settore teatrale, mettendo in ginocchio anche il Teatro Spazio che però ha provato ad andare avanti con lezioni ed attività a distanza.

Adesso però è arrivata un’ennesima mazzata che potrebbe tagliare definitivamente le gambe al teatro: la richiesta del pagamento della TARI pari a 1.915 euro per l’anno 2020.

Una vicenda assurda di cui abbiamo parlato direttamente con Cristina Ammendola, vicepresidente del teatro: “Noi siamo una piccola realtà di periferia da 70 posti che si autofinanzia e, tra 1.000 difficoltà, stiamo provando ad andare avanti.

Ogni mese, come è giusto che sia, paghiamo regolarmente l’affitto e le bollette di acqua, luce e gas anche se praticamente non stiamo lavorando.

In questa situazione così critica per noi, ed in generale per il mondo dello spettacolo, il Comune di San Giorgio cosa fa? Ci manda una TARI da 1.915 euro per l’anno 2020, anche se siamo stati chiusi 11 mesi su 12″.

Eppure la situazione potrebbe essere risolta facilmente se solo venisse approvata una delibera che esenta i luoghi con importanza storico-culturale dal pagamento della TARI. Noi siamo un luogo storico, perché allora non viene approvata questa delibera? Non abbiamo mai sfruttato il nome di Troisi per avere vantaggi o scorciatoie, non stiamo chiedendo la carità, ma solo che venga applicata una normativa vigente.

Purtroppo è una questione vecchia che dura da anni. Il Comune ci dice sempre che risolverà il problema, ma lo rimanda di anno in anno. Proprio in questi giorni ho trovato una vecchia lettera del ’74 di Massimo Troisi, in cui chiedeva al Comune di San Giorgio sovvenzioni per creare un teatro stabile sul territorio ed avvicinare i giovani alla nobile arte della recitazione. Non è triste che, dopo oltre 40 anni, la situazione non sia cambiata?”.

La situazione del Teatro Spazio sta a cuore sia agli operatori del settore sia alla cittadinanza, infatti Cristina ci racconta: “Colleghi e attori mi hanno chiamata proponendomi un crowdfunding per raccogliere soldi. Anche persone comuni e le mamme dei nostri alunni si sono rese disponibili per organizzare una colletta.

Ovviamente li ringrazio e apprezzo il loro sostegno, ma non è la cittadinanza che deve farsi carico di questa situazione, bensì le istituzioni. Anche se troviamo i soldi lo stesso e identico problema si riproporrà tra un anno, riteniamo invece che la responsabilità sia delle istituzioni che devono risolvere la questione definitivamente. Ai cittadini comuni chiedo invece di venire a teatro quando la pandemia sarà finita”.

Il Teatro Spazio, oltre ad essere stato il trampolino di lancio di Troisi, ancora oggi ricopre un importante ruolo sociale e culturale: “Questo luogo ha una magia– continua Cristina- e noi abbiamo provato a valorizzarlo. Lavoriamo con i giovani del territorio per fornire loro un luogo di aggregazione e toglierli dalla strada, ma anche con ASL e carceri minorili.

Il teatro per me è passione, ma anche lavoro, e lo stesso discorso vale per i miei collaboratori che hanno una famiglia da portare avanti. Non ci arrendiamo, anche se siamo davvero allo stremo e non ce la facciamo più. Stiamo valutando come muoverci e speriamo di trovare una soluzione quanto prima o rischiamo di scomparire”.

Rabbia, esasperazione, frustrazione ed amarezza: c’è un po’ tutto nelle parole di Cristina Ammendola, che lancia un appello per non veder scomparire un luogo rappresentativo non solo di San Giorgio, ma di tutta Napoli. La palla adesso passa alle istituzioni, nella speranza che non restino sorde a questo SOS e che si attivino concretamente per risolvere definitivamente la questione, in attesa che l’attività teatrale possa tornare alla normalità dopo la fine della pandemia.

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