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Confcommercio, analisi economica e sociale del Mezzogiorno: si riduce la popolazione giovanile

Pubblicato il 5 Aprile, 2021

Mezzogiorno. Quando si fa un’analisi economica e sociale del Mezzogiorno e della sua purtroppo “storica” distanza con il resto del Paese, da tanti anni a questa parte i nodi da sciogliere risultano essere sempre gli stessi e anzi negli ultimi 25 anni se ne sono aggiunti di nuovi. Diffusione della criminalità, burocrazia, carenze infrastrutturali e disoccupazione sono i temi ricorrenti, le “zavorre” che hanno frenato lo sviluppo del Sud. Nell’analisi che fa l’Ufficio studi Confcommercio, “Economia e Occupazione al Sud 2015-2019”, emergono però anche degli elementi di novità: primo fra tutti quello della riduzione della popolazione giovanile residente, che nel periodo considerato si è ridotta di oltre un milione e mezzo impattando pesantemente sul livello di occupazione nel Mezzogiorno e sulla qualità del capitale umano. Tra il 1995 e il 2019 l’Italia nel complesso ha perso oltre un milione di giovani (da poco più di 11 milioni a poco più di 10 milioni) e tutta questa perdita è dovuta ai giovani meridionali.

Mezzogiorno: la quota di Pil  prodotta sul totale nazionale è diminuita

Quindi, parlando in termini meramente economici, il peso che tutti questi fattori hanno sul Pil pro capite per abitante è determinante e la quota di Pil  prodotta dal Sud sul totale nazionale è diminuita passando da oltre il 24% del 1995 al 22% del 2019. Secondo i dati della ricerca, se questi fattori incidessero meno, nel giro di alcuni anni il prodotto lordo meridionale crescerebbe di oltre il 20% (+90 miliardi di euro).

La fotografia dell’Ufficio studi non è certamente consolante, però all’orizzonte ci sono delle possibilità che il Sud può cogliere per tentare una ripartenza. Il Recovery plan e il Piano Sud 2030 metteranno a disposizione risorse di una certa entità e sono due i principali canali sui quali puntare: il turismo, da sempre sottoutilizzato anche per una forte carenza di infrastrutture che negli anni non ha permesso di intercettare il grande flusso di turisti stranieri e la transizione ecologica, quel New green deal che l’Europa ha messo al centro dei propri progetti e che nel Mezzogiorno, può diventare una carta vincente.

Il direttore dell’Ufficio studi Confcommercio, Mariano Bella, ha commentato alcuni dati emersi dall’analisi. “Come abbiamo visto, saranno importanti gli investimenti che verranno fatti nei prossimi anni ma non bisogna fare l’errore di pensare che vi sia una sorta di automatismo tra risorse spese e soluzione dei problemi. Soprattutto considerando che in passato proprio la modalità di spesa ha creato più problemi che altro”. Tra le strade possibili per rilanciare l’economia meridionale c’è anche quella della politica fiscale: il governo Conte stava pensando ad un pacchetto di sgravi fiscali per il Sud con un abbattimento del 30% dei contributi previdenziali a carico delle imprese. Secondo Bella però, “la priorità va data alle infrastrutture, è necessario prima di tutto rimuovere il gap di contesto nel quale si trovano le regioni del Sud rispetto al resto d’Italia”. Ovviamente non basta intervenire sulle infrastrutture per rendere il Mezzogiorno attraente anche per eventuali capitali stranirei. “La troppa burocrazia e l’illegalità diffusa – ha osservato Bella – continuano ad essere degli ostacoli molto grossi sulla strada delle multinazionali che vogliono venire ad investire al Sud”.  Il direttore dell’Ufficio Studi ha poi sottolineato l’importanza del turismo e dei servizi alle persone ed alle imprese come “fattori” di rinascita: “Bellezze naturali, percorsi culturali e clima favorevole devono consentire alle regioni meridionali di partecipare al processo di costruzione di ricchezza attraverso il turismo”.

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