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Ragusa, un momento della protesta dei ristoratori

Ragusa, protesta ristoratori contro restrizioni covid: “Ora basta”

Pubblicato il 7 Aprile, 2021

Si è svolta stamani, davanti al municipio di Ragusa, la manifestazione di pretesta contro le restrizioni covid promossa dal Co.Ri.Sicilia – il comitato spontaneo che rappresenta le istanze di pizzerie, bar, ristoranti, pub e pasticcerie siciliane penalizzate pesantemente dalle misure adottate dallo Stato per la pandemia. Le istanze al governo centrale sono chiare, nette e categoriche: riaprire le attività commerciali ed erogare, finalmente, ristori degni di tal nome e non spiccioli per elemosina. Imprenditori e lavoratori che in un anno di chiusure hanno perso tutto sono totalmente esasperati e, anche se la manifestazione è stata pacifica, la tensione è alle stelle, anche dopo gli scontri avvenuti ieri a Roma e i blocchi delle autostrade. Il mondo del lavoro esige un cambio di rotta, immediato. I manifestanti sono giunti molto numerosi nel capoluogo ibleo da tutta la Regione e hanno tentato di inoltrare le loro istanze al prefetto, Filippina Cocuzza.
“Vogliamo sapere oggi cosa fare per aprire. Basta”. Urlano a gran voce in centinaia. Non solo operatori del settore del cibo ma anche artisti e ogni altro lavoratore penalizzato dalle restrizioni. La protesta è stata coordinata da Simone Mazzone, titolare del famoso ristorante ibleo ‘Bon’, che già da settimane lancia i suoi durissimi strali contro il governo sui social network.
Le restrizioni anti-covid19 sono contraddittorie, di dubbia efficacia e spesso irrazionali e il sit-in di protesta ha messo in evidenza, una a una, queste contraddizioni.
Ai ristoratori è stato prima imposto di chiudere, poi di riaprire adeguando i locali alle nuove normative sanitarie (con relativi ingenti costi), poi ancora di richiudere. Un autentico paradosso, totalmente privo di senso anche sul piano razionale. Altre attività, invece, restano giustamente aperte applicando i protocolli: perché queste differenze di trattamento?
“Abbiamo bisogno di regole certe per poter riaprire, non di ristori” si afferma dal palco. “Non pagheremo più un euro di tasse se non ci fanno riaprire” rincarano ancora i manifestanti.
A prendere la parola per gli artisti, Federica Bisegna della compagnia Godot: “Tutti gli spettacoli dal vivo sono stati cancellati. Cosa dobbiamo fare? Qualcuno si è posto il problema degli attori che vanno alla Caritas? E siamo nel Paese di Dante”.
Le associazioni di categoria, oggi assenti oggi ma sempre presenti ai tavoli istituzionali, sono state oggetto di qualche critica e se ne chiede, invece, maggior sostegno e incisività.
I ristori sono, dunque, solo misere elemosine, politici e scienziati hanno costretto i ristoratori a spendere soldi per l’adeguamento sanitario dei loro locali ma poi sono stati chiusi ugualmente. “Ora basta”, urlano quindi tutti in coro.
“A noi – conclude Simone Mazzone – serve tornare a lavorare. Noi siamo qui per chiedere l’apertura delle nostre attività, cioè la cosa più sacra. Noi siamo gente concreta. A noi non tocca capire come superare questo periodo, ma come riaprire. Se il protocollo funziona per altri, funziona anche per noi. E non possiamo rischiare di arrivare alla stagione estiva con le zone colorate”.
Evidentemente per la politica è arrivato il momento di ribilanciare le decisioni, “la salute prima di tutto”, che è stato il leitmotiv del governo fin ora, non è più sostenibile, e l’economia deve recuperare un ruolo preponderante nelle scelte pubbliche perché, altrimenti, si rischia davvero che la bomba sociale esploda in maniera devastante.

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