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PADOVA, CUCINE ECONOMICHE POPOLARI: «VENITE A CONOSCERCI»

Pubblicato il 14 Aprile, 2021

14.4.2021 – Le Cucine economiche popolari (CEP) sono un luogo sicuro, che rispetta le normative anti-Covid, e soprattutto sono un servizio indispensabile per quelle persone che non avrebbero altrimenti dove trovare un pasto completo e caldo. Non sono un ristorante ma una mensa per i poveri, e in tempo di pandemia alle CEP si rivolge proprio chi non ha alcuna alternativa.

A fronte di un nuovo intervento di alcuni residenti, sostenuti da alcuni consiglieri comunali, la Fondazione Nervo Pasini, che opera a nome del vescovo e dell’intera Diocesi di Padova e a cui fanno capo le Cucine economiche popolari di Padova, ci tiene a sottolineare, ancora una volta, alcuni aspetti e a rassicurare i residenti. Ma soprattutto invita a conoscere da vicino, dall’interno, la realtà delle CEP.

«Le Cucine sono un servizio di bassa soglia – ricorda don Luca Facco, presidente della Fondazione Nervo Pasini – ma sono una realtà aperta e da alcuni anni sollecitiamo le persone a venire a conoscere questa realtà, a visitare gli ambienti, a fare domande e informarsi dalle suore, che esse stesse abitano questo territorio; dagli operatori, che qui vi lavorano; e dai volontari, che dedicano tempo ed energie. Prima della pandemia abbiamo vissuto l’esperienza positiva delle “cene sospese” e sono state moltissime le persone di qualsiasi età ed estrazione, che sono venute alle Cucine e hanno incontrato la nostra realtà e potuto familiarizzare con chi abitualmente le frequenta, per necessità. E anche ora, per chi desidera conoscere davvero questa realtà la porta è sempre aperta, nel pieno rispetto di quelle che sono le normative e l’utilizzo dei dispositivi di prevenzione. Siamo in continuo contatto con le forze dell’ordine e con l’Ulss per rispondere al meglio per il bene degli ospiti, ma anche del contesto in cui le Cucine sono collocate. Gli ambienti sono sanificati e dotati di dispositivi di ionizzazione. Abbiamo a cuore il bene delle persone che vengono alle Cucine e anche di chi vi lavora o vi presta servizio di volontariato».

Il fatto che la mensa dei poveri sia aperta non è certo un “oltraggio” nei confronti dei ristoratori che sono fermi ormai da mesi, anzi: «Abbiamo ben presente le sofferenze dei ristoratori – prosegue il presidente Facco – e proprio qui li abbiamo ascoltati, ci hanno raccontato le loro fatiche e le loro paure e contemporaneamente, proprio loro, hanno messo a disposizione le loro capacità per aiutare chi sta ancora peggio; hanno trasformato, in maniera esemplare, la loro sofferenza in solidarietà. Questa è una grande lezione di dignità e di rispetto. Le persone vanno trattate con umanità e non possiamo pensare di nutrire solo con panini e cestini freddi per mesi e mesi, ci vuole un pasto caldo, completo, nutriente che possa essere di ulteriore sostegno anche a fronte di questo nuovo incubo che è il Covid-19. Ricordiamoci inoltre che la povertà non è cosa solo dei meno fortunati, è un’evenienza che può capitare a chiunque e le conseguenze di questa epidemia ce lo dimostrano».

Le Cucine economiche popolari, ricorda il presidente della Fondazione Nervo Pasini, hanno avviato da tempo un’operazione di rivisitazione e di verifica costante sulle modalità di intervento rispetto alle povertà, ma anche di formazione dei propri operatori e di incontro e confronto con le istituzioni e le realtà del territorio.

«Invitiamo i residenti che vivono con difficoltà la presenza delle CEP a venire da noi, a vedere con i propri occhi e invitiamo anche i rappresentanti di tutte le forze politiche: le Cucine vi aspettano!».

E infine un appello “preventivo”: «la nostra città il prossimo anno sarà chiamata alle elezioni amministrative, ma teniamo fuori le Cucine economiche popolari dalle dinamiche elettorali, i poveri non vanno strumentalizzati da nessuna parte politica, vanno soccorsi nel bisogno e aiutati il più possibile a emanciparsi dalle situazioni di necessità. Questo cerchiamo di fare alla Cucine: diamo da mangiare ma cerchiamo anche di conoscere queste persone una a una, per poter individuare dei percorsi di rinascita, là dove possibile. Anche per questo le Cucine rappresentano un elemento fondamentale della società civile che può anche arginare o monitorare possibili forme di degrado».

––––––––––––––––––––––

Nota sui protocolli di sicurezza attuati alle Cucine:

Alle Cucine economiche popolari si entra uno alla volta, solo con mascherina correttamente indossata (in caso di mancanza viene fornita) e la fila all’esterno prevede il distanziamento di almeno un metro con dei segni sul marciapiede. Distanziamento che è monitorato dalle suore e dagli operatori e nei momenti di lockdown o di zona rossa anche con l’ausilio della Protezione civile.

L’accesso allo stabile avviene attraverso una doppia porta mobile, tra l’una e l’altra avviene la misurazione della temperatura tramite termoscanner e chiunque accede alle Cucine è provvisto di tesserino di riconoscimento o, se persona nuova, viene registrato e possibilmente si richiede un telefono per qualsiasi necessità, compreso il tracciamento nel caso si rendesse necessario. È fatto quindi obbligo di igienizzazione delle mani (all’ingresso e prima di accedere alla sala mensa), si passa poi agli sportelli per ricevere il vassoio e si accede alla sala mensa indossando la mascherina, che si può abbassare solo una volta seduti, giusto il tempo per mangiare. Nella sala mensa, dove vigilano gli operatori, i posti sono stati ridotti da 98 a 40, ogni tavolo prevede due posizioni, distanziate e salvaguardate da plexiglass. Ci si alza solo a pasto completato e con mascherina indossata e poi si esce. Ogni volta che un ospite termina di mangiare il posto (tavolo e sedia) viene sanificato con soluzione alcolica. Gli ambienti sono costantemente arieggiati. Al termine dell’orario di distribuzione dei pasti, tavoli e sedie vengono sanificati con ossigeno attivo, i pannelli plexiglass e tutte le maniglie di porte e finestre con soluzioni alcoliche e le pareti con soluzioni a base di candeggina.

Altrettante attenzioni ci sono per quanto riguarda il personale (operatori, suore e volontari) che sono provvisti di tutti i dispositivi: mascherine ffp2 o chirurgiche e occhiali o visiera a seconda dei compiti, camici monouso, guanti a seconda della mansione. Tutti sono informati e seguono un protocollo di prevenzione.

L’accesso ai servizi di distribuzione vestiario (che è stato ampliato su quattro giorni per contingentare meglio le persone) e di ambulatorio sono su appuntamento e ad accesso limitato; le docce sono state sospese nel periodo invernale.

protocolli messi in atto dalla struttura delle CEP, dotata di un apposito comitato Covid, e tutte le procedure sono stati verificati dall’ufficio igiene dell’Ulss Euganea. In questi mesi è stata richiesta dalle Cucine stesse, per tre volte, una sanificazione completa di tutto lo stabile e gli spazi con perossido di idrogeno per garantire al massimo i locali.

CUCINE ECONOMICHE POPOLARI:

un appello a conoscere da vicino la realtà

Le Cucine economiche popolari (CEP) sono un luogo sicuro, che rispetta le normative anti-Covid, e soprattutto sono un servizio indispensabile per quelle persone che non avrebbero altrimenti dove trovare un pasto completo e caldo. Non sono un ristorante ma una mensa per i poveri, e in tempo di pandemia alle CEP si rivolge proprio chi non ha alcuna alternativa.

A fronte di un nuovo intervento di alcuni residenti, sostenuti da alcuni consiglieri comunali, la Fondazione Nervo Pasini, che opera a nome del vescovo e dell’intera Diocesi di Padova e a cui fanno capo le Cucine economiche popolari di Padova, ci tiene a sottolineare, ancora una volta, alcuni aspetti e a rassicurare i residenti. Ma soprattutto invita a conoscere da vicino, dall’interno, la realtà delle CEP.

«Le Cucine sono un servizio di bassa soglia – ricorda don Luca Facco, presidente della Fondazione Nervo Pasini – ma sono una realtà aperta e da alcuni anni sollecitiamo le persone a venire a conoscere questa realtà, a visitare gli ambienti, a fare domande e informarsi dalle suore, che esse stesse abitano questo territorio; dagli operatori, che qui vi lavorano; e dai volontari, che dedicano tempo ed energie. Prima della pandemia abbiamo vissuto l’esperienza positiva delle “cene sospese” e sono state moltissime le persone di qualsiasi età ed estrazione, che sono venute alle Cucine e hanno incontrato la nostra realtà e potuto familiarizzare con chi abitualmente le frequenta, per necessità. E anche ora, per chi desidera conoscere davvero questa realtà la porta è sempre aperta, nel pieno rispetto di quelle che sono le normative e l’utilizzo dei dispositivi di prevenzione. Siamo in continuo contatto con le forze dell’ordine e con l’Ulss per rispondere al meglio per il bene degli ospiti, ma anche del contesto in cui le Cucine sono collocate. Gli ambienti sono sanificati e dotati di dispositivi di ionizzazione. Abbiamo a cuore il bene delle persone che vengono alle Cucine e anche di chi vi lavora o vi presta servizio di volontariato».

Il fatto che la mensa dei poveri sia aperta non è certo un “oltraggio” nei confronti dei ristoratori che sono fermi ormai da mesi, anzi: «Abbiamo ben presente le sofferenze dei ristoratori – prosegue il presidente Facco – e proprio qui li abbiamo ascoltati, ci hanno raccontato le loro fatiche e le loro paure e contemporaneamente, proprio loro, hanno messo a disposizione le loro capacità per aiutare chi sta ancora peggio; hanno trasformato, in maniera esemplare, la loro sofferenza in solidarietà. Questa è una grande lezione di dignità e di rispetto. Le persone vanno trattate con umanità e non possiamo pensare di nutrire solo con panini e cestini freddi per mesi e mesi, ci vuole un pasto caldo, completo, nutriente che possa essere di ulteriore sostegno anche a fronte di questo nuovo incubo che è il Covid-19. Ricordiamoci inoltre che la povertà non è cosa solo dei meno fortunati, è un’evenienza che può capitare a chiunque e le conseguenze di questa epidemia ce lo dimostrano».

Le Cucine economiche popolari, ricorda il presidente della Fondazione Nervo Pasini, hanno avviato da tempo un’operazione di rivisitazione e di verifica costante sulle modalità di intervento rispetto alle povertà, ma anche di formazione dei propri operatori e di incontro e confronto con le istituzioni e le realtà del territorio.

«Invitiamo i residenti che vivono con difficoltà la presenza delle CEP a venire da noi, a vedere con i propri occhi e invitiamo anche i rappresentanti di tutte le forze politiche: le Cucine vi aspettano!».

E infine un appello “preventivo”: «la nostra città il prossimo anno sarà chiamata alle elezioni amministrative, ma teniamo fuori le Cucine economiche popolari dalle dinamiche elettorali, i poveri non vanno strumentalizzati da nessuna parte politica, vanno soccorsi nel bisogno e aiutati il più possibile a emanciparsi dalle situazioni di necessità. Questo cerchiamo di fare alla Cucine: diamo da mangiare ma cerchiamo anche di conoscere queste persone una a una, per poter individuare dei percorsi di rinascita, là dove possibile. Anche per questo le Cucine rappresentano un elemento fondamentale della società civile che può anche arginare o monitorare possibili forme di degrado».

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Nota sui protocolli di sicurezza attuati alle Cucine:

Alle Cucine economiche popolari si entra uno alla volta, solo con mascherina correttamente indossata (in caso di mancanza viene fornita) e la fila all’esterno prevede il distanziamento di almeno un metro con dei segni sul marciapiede. Distanziamento che è monitorato dalle suore e dagli operatori e nei momenti di lockdown o di zona rossa anche con l’ausilio della Protezione civile.

L’accesso allo stabile avviene attraverso una doppia porta mobile, tra l’una e l’altra avviene la misurazione della temperatura tramite termoscanner e chiunque accede alle Cucine è provvisto di tesserino di riconoscimento o, se persona nuova, viene registrato e possibilmente si richiede un telefono per qualsiasi necessità, compreso il tracciamento nel caso si rendesse necessario. È fatto quindi obbligo di igienizzazione delle mani (all’ingresso e prima di accedere alla sala mensa), si passa poi agli sportelli per ricevere il vassoio e si accede alla sala mensa indossando la mascherina, che si può abbassare solo una volta seduti, giusto il tempo per mangiare. Nella sala mensa, dove vigilano gli operatori, i posti sono stati ridotti da 98 a 40, ogni tavolo prevede due posizioni, distanziate e salvaguardate da plexiglass. Ci si alza solo a pasto completato e con mascherina indossata e poi si esce. Ogni volta che un ospite termina di mangiare il posto (tavolo e sedia) viene sanificato con soluzione alcolica. Gli ambienti sono costantemente arieggiati. Al termine dell’orario di distribuzione dei pasti, tavoli e sedie vengono sanificati con ossigeno attivo, i pannelli plexiglass e tutte le maniglie di porte e finestre con soluzioni alcoliche e le pareti con soluzioni a base di candeggina.

Altrettante attenzioni ci sono per quanto riguarda il personale (operatori, suore e volontari) che sono provvisti di tutti i dispositivi: mascherine ffp2 o chirurgiche e occhiali o visiera a seconda dei compiti, camici monouso, guanti a seconda della mansione. Tutti sono informati e seguono un protocollo di prevenzione.

L’accesso ai servizi di distribuzione vestiario (che è stato ampliato su quattro giorni per contingentare meglio le persone) e di ambulatorio sono su appuntamento e ad accesso limitato; le docce sono state sospese nel periodo invernale.

protocolli messi in atto dalla struttura delle CEP, dotata di un apposito comitato Covid, e tutte le procedure sono stati verificati dall’ufficio igiene dell’Ulss Euganea. In questi mesi è stata richiesta dalle Cucine stesse, per tre volte, una sanificazione completa di tutto lo stabile e gli spazi con perossido di idrogeno per garantire al massimo i locali.

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