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Messaggio di Monsignor Nosiglia per la festa del primo maggio

In occasione del primo maggio, festa dei lavoratori e di San Giuseppe artigiano, loro patrono, monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ha espresso un messaggio.

Pubblicato il 30 Aprile, 2021

Torino. In occasione del primo maggio, festa dei lavoratori e di San Giuseppe artigiano, loro patrono, monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ha espresso un messaggio.

“La pandemia dell’ultimo anno – ha affermato monsignor Nosiglia – ha segnato profondamente anche il mondo del lavoro. Il Covid ha agito in due direzioni: è stato un amplificatore, perché ha sottolineato problemi, tensioni e fratture già presenti nel nostro sistema produttivo e economico, ed è risultato un acceleratore di processi, agendo come spinta verso i cambiamenti. Pensiamo alle opportunità avute da coloro che già operavano nel settore e con le infrastrutture dell’economia digitale e alle problematiche di chi accumulava un notevole ritardo in questo specifico campo.

Amplificazione e accelerazione possono promuovere nuove opportunità, ma anche cogliere possibili nuove diseguaglianze.

Anzitutto vorrei condividere le preoccupazioni che in questi difficili e sofferti mesi ho visto emergere. Nonostante il blocco dei licenziamenti vigente su tutto il territorio nazionale, si è perso in Italia quasi un milione di posti di lavoro. A tante persone con contratti di breve durata è venuta meno l’unica fonte di certezza economica.

La cosiddetta realtà della gig economy (o dei “lavoretti”) si è ampliata a dismisura, senza le adeguate tutele nei confronti di chi lavora in questi comparti. Molti hanno sperimentato forzatamente lo smart working, alcuni hanno potuto proseguire la loro attività, altri ne hanno visto un notevole rallentamento.

Tra i lavoratori che hanno più sofferto in questa pandemia vi sono le donne, che hanno dovuto occuparsi insieme di famiglia e lavoro, e i giovani, che faticano ancor di più a immaginare un futuro positivo. Infine c’è la drammatica situazione dei lavoratori autonomi e dei piccoli esercizi commerciali.

Tuttavia è necessario scrutare il futuro con lo sguardo della speranza. Spesso si è detto che saremmo usciti dalla pandemia migliori. Preghiamo il Signore perché questa inaspettata e brusca crisi possa generare un nuovo modello sociale e non susciti solo una mera ripartenza”.

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