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il piano del killer

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Duplice omicidio di Via Montello. La difesa: “De Marco incapace di intendere e di volere. Le prove sono sul suo diario”

Pubblicato il 18 Maggio, 2021

Dopo la pronuncia della perizia psichiatrica, I legali di Antonio De Marco, killer reo confesso del duplice omicidio di Via Montello dello scorso 21 settembre, studiamo la controffensiva e non mollano. Ora, l’elemento fondamentale sarebbe il diario del killer. All’interno di esso, infatti, lo studente 21enne, secondo gli avvocati difensori Starace e Bellisario, avrebbe lasciato tutte le tracce della sua instabilità. Nella perizia depositata lo scorso lunedì 10 maggio, infatti, i consulenti nominati dalla Corte d’Assise hanno concluso che De Marco è affetto da un disturbo della personalità di tipo narcisistico. Un disturbo rilevante sì, ma mai sfociato in una vera e propria psicosi o percezione distorta della realtà. A loro avviso, quindi, il killer al momento dello studio, progettazione e poi della messa in atto del delitto, era perfettamente in grado di intendere e di volere.

Secondo i legali di De Marco, invece, è proprio nel diario del killer che emergerebbe tutta la sua distorsione della realtà. A loro dire, “incapace di intendere e di volere”. Ipotesi che per ora è stata bocciata categoricamente, invece, dai consulenti nominati dalla Corte d’Assise, il docente universitario Andrea Baldi e lo psichiatra Massimo Marra. Baldi e Marta sono stati ascoltati proprio questa mattina in aula bunker, nel carcere di Lecce ed è qui che si è tenuta l’udienza con focus sulla sanità mentale del 21enne reo confesso che, in preda alla furia omicida, lo scorso 21 settembre ha raggiunto il suo ex coinquilino, l’arbitro Daniele De Santis, in compagnia della sua fidanzata Eleonora Manta. 79 coltellate e poi la fuga. Sappiamo che De Marco, almeno durante i suoi primi mesi di prigionia, passava tantissimo tempo a leggere, ma soprattutto a scrivere sul suo diario, hobby che ora sembra aver abbandonato. Ed è proprio su questo che i legali difensori puntano per dimostrare la totale assenza di capacità di intendere e di volere del proprio assistito.

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