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Violenze in carcere: nei prossimi giorni l’ispezione a Santa Maria C.V. Torture, minacce e depistaggi

Pubblicato il 6 Luglio, 2021

Quanto accaduto lo scorso anno all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere, le rivolte dei detenuti in piena pandemia, le violenze subite da questi ultimi e le indagini che sono seguite, sono uno schiaffo allo Stato Italiano

L’art. 27 della Costituzione recita così: “(…) Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità (…)”.

Quanto accaduto all’interno dell’Istituto Penitenziario di Santa Maria Capua Vetere “Francesco Uccella”, durante la Settimana Santa del 2020 e che ora è stato mostrato all’opinione pubblica, attraverso immagini, video e rivelazioni del contenuto di chat, non solo è contrario al senso di umanità ma esula da quella che è la “pena”.

Orribile mattanza

L’indagine, ha infatti, consentito di disvelare, in ogni suo aspetto, quello che è stato definito dal Giudice delle indagini preliminari “senza tema di smentita, uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni dei detenuti in uno dei più importanti Istituti penitenziari della Campania”, “un vero e proprio uso diffuso della violenza, intesa da molti ufficiali ed agenti di Polizia Penitenziaria come l’unico espediente efficace per ottenere la completa obbedienza dei detenuti”, nonché “una orribile mattanza“. 

Per comprendere quanto accaduto in quei giorni all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere ne abbiamo parlato con Claudio Paterniti Martello, sociologo e ricercatore, nonchè membro del direttivo della associazione Antigone.

L’Associazione Antigone

Antigone, è un’associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”, nata alla fine degli anni ottanta. E’ un’associazione politico-culturale a cui aderiscono prevalentemente magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, insegnanti e cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale.

Dott. Paterniti, cosa ci dice questa vicenda?

Questa vicenda porta in evidenza tanti elementi importanti. Il primo fra tutti è quello che si può definire “spirito di corpo”, che si evince dagli atti di indagine.

Lo spirito di corpo, infatti, fa sì che alcuni individui appartenenti ad una determinata categoria, alla polizia penitenziaria, in questo caso, agiscano talvolta nell’illegalità, al punto da proteggersi a vicenda anche di fronte a situazioni violente di questa gravità. 

E’ un vulnus che risucchia tutto, anche le brave persone che proteggono il collega, o il sottoposto o il superiore gerarchico.

Per porre fine a tutto questo cosa sarebbe necessario fare?

E’ necessario rompere lo spirito di corpo che impedisce l’accertamento delle responsabilità.

Negli atti di indagine, infatti  traspare in maniera ineluttabile, come, a vari livelli, si sia cercato di manipolare le prove.

Si legge infatti negli atti che “proprio dai sequestri degli smartphone era poi possibile accertare anche ulteriori delitti, individuati attraverso le chat e comunicazioni – in particolare falsi ideologici, depistaggi, azione di favoreggiamento, anche realizzate mediante la rivelazione di atti segreti, dinamica diretta ad ostacolare le indagini, tentare di occultare i reati e conseguirne l’impunità”. Cosa significa tutto ciò?

Significa che, se le ipotesi accusatorie saranno confermate, ci troviamo di fronte ad atteggiamenti illegali e tutto questo è inaccettabile in qualsiasi stato democratico. 

In questo caso sembra chiaro che è lo Stato a essere leso. Infatti è proprio l’immagine dello Stato che ne esce a pezzi. oltre alla dignità delle persone detenute. 

Noi siamo garantisti, con tutti, anche con gli agenti di Polizia Penitenziaria. Ma ci sono delle immagini che parlano chiaro e questa forse è una differenza rispetto alle carte che si leggono e in quelle immagini si vedono dei maltrattamenti, si vedono delle torture. 

Antigone è da sempre in prima linea proprio a favore dell’applicazione del reato di tortura.

Dal 2017 esiste nel codice penale italiano, il reato di tortura.

L’Italia aveva ratificato nel 1988 la convenzione Onu che la impegnava con tutti gli altri Stati contraenti a dotarsi di un reato specifico contro la tortura.

Abbiamo dovuto aspettare quasi 30 anni, perchè ci sono state varie resistenze provenienti dal mondo politico, dal corporativismo, della polizia penitenziaria e della polizia in generale che vedeva questa legge come una legge punitiva nei propri confronti. 

Per anni, come associazione Antigone, abbiamo fatto campagna, affinchè questo reato fosse introdotto perchè credevamo che, al contrario, fosse inaccettabile, che le condotte isolate di alcuni, condotte come quelle che abbiamo visto in questi giorni, gettassero fango sulla divisa di tutti. 

Le telecamere hanno ripreso le violenze ma non le hanno impedite. Questo perchè?

Perchè, un altro elemento che traspare da questa vicenda e dai video è la certezza dell’impunità da parte di chi agisce. Quella è un’azione pianificata.

E questo è un altro elemento inquietante, perchè non si tratta di un’aggressione finita male o un alterco in cui si usa impropriamente la forza.

E’ stata una spedizione, se le ipotesi accusatorie saranno confermate, una rappresaglia, in risposta alle proteste del giorno precedente e questo è indegno e illegale.

Cosa vi auspicate al termine di questa vicenda giudiziaria?

Al di là dell’azione giudiziaria, ci auguriamo che i magistrati riescano fino in fondo ad accertare le responsabilità di ognuno e fare luce su quanto accaduto.

C’è la necessità di una grande riforma, a dirlo non è solo questo singolo evento, ma anche gli altri occorsi negli anni: come il caso Cucchi, il caso delle torture di San Gimignano, al carcere di Melfi dove il magistrato ha dovuto archiviare il caso ma solo perchè non c’era la riconoscibilità, sembrerebbe però ci siano state dinamiche simili a quelle di cui si parla a Santa Maria Capua Vetere.

Ovviamente casi del genere non rappresentano la routine, ma sembrerebbe esserci una prassi consolidata, perchè dalle indagini traspare che era tutto molto organizzato e anche questo non deve esistere.

Nelle carceri deve esserci una maggiore presenza di telecamere, intanto il garante nazionale ha parlato di “archivi più grandi”, perchè spesso gli archivi dove vengono immagazzinati i video, hanno una “memoria corta” e magari il magistrato arriva tardi.

Quindi questo è il primo passo. Ma poi altri, sicuramente ne dovranno seguire. Intanto la vicenda giudiziaria prosegue senza sosta.

L’ispezione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Dopo il via libera dell’autorità giudiziaria è arrivata anche la firma all’ispezione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, che partirà nei prossimi giorni. A capo della commissione ispettiva, è stato indicato il direttore generale detenuti e trattamento, Gianfranco De Gesu.

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