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Provincia di Venezia, sono 1800 le imprese a rischio usura

Pubblicato il 20 Luglio, 2021

In calo, invece, le segnalazioni di riciclaggio

20.7.2021 – Sono poco più di 1.800 le imprese della nostra provincia che presentano crediti in sofferenza[1]. In altre parole stiamo parlando delle aziende e delle partite Iva del nostro territorio che risultano essere “schedate” presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia come insolventi. Una classificazione che, di fatto, pregiudica a questi soggetti economici di accedere a prestiti erogati dalle banche e dalle società finanziarie. Una condizione che, ovviamente, non consente di avvalersi nemmeno delle misure agevolate approvate l’anno scorso con il “decreto Liquidità” [2]. Non potendo ricorrere a nessun intermediario finanziario, queste Pmi, strutturalmente a corto di liquidità e in grosse difficoltà finanziarie,  in questo periodo così difficile rischiano molto più delle altre di scivolare tra le braccia delle organizzazioni criminali.

“Per evitare tutto questo – esordisce il Presidente della CGIA Roberto Bottan – non basta l’azione repressiva messa in campo dalle forze dell’ordine. E’ estremamente importante prevenire la possibilità che questi imprenditori cadano nella rete tesa dalle organizzazioni malavitose che dispongono di risorse economiche illimitate. Per questo è indispensabile, tra le altre cose, incentivare il ricorso al Fondo per la prevenzione dell’usura. Uno strumento  introdotto per legge da alcuni decenni, ma poco utilizzato, anche perché sconosciuto ai più e, conseguentemente, con scarse risorse economiche a disposizione”.

·        In calo le segnalazioni di riciclaggio

Come in tutto il Veneto, anche in provincia di Venezia le segnalazioni sospette di riciclaggio ricevute dall’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia sono in diminuzione: l’anno scorso nella Città Metropolitana  le “denunce” sono state 1.407, 188 in meno rispetto a quelle registrate nel 2019[3]. L’Ufficio studi della CGIA segnala che anche nella nostra provincia oltre il 99 per cento del totale delle segnalazioni giunte nel 2020 riguarda operazioni di riciclaggio di denaro che, molto probabilmente, sono di provenienza illegale e poco meno dell’1 per cento, invece, sono riconducibili a misure sospette di terrorismo e proliferazione di armi di distruzione di massa. Da un punto di vista operativo, una volta ricevuti questi “alert” dagli intermediari finanziari, la  UIF effettua degli approfondimenti sulle operazioni sospette e le trasmette, arricchite dell’analisi finanziaria, al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza (NSPV) e alla Direzione Investigativa Antimafia (DIA). Solo nel caso le segnalazioni siano ritenute infondate, la UIF le archivia.

·        Finalmente è tornato il credito alle Pmi

“La contrazione delle segnalazioni di riciclaggio avvenuta anche in provincia di Venezia – conclude Bottan – potrebbe essere riconducibile al fatto che in questo ultimo anno gli impieghi bancari vivi [4] alle imprese sono tornati a crescere.  L’unica buona notizia che possiamo annoverare nel 2020. Un anno che ricorderemo per essere stato il più nero degli ultimi 75 anni”. 

La ripresa dei prestiti bancari registrata nel 2020 è avvenuta dopo 10 anni di credit crunch. Infatti, se tra il marzo del 2011 (picco massimo di erogazione dei prestiti bancari alle aziende) fino allo stesso mese di quest’anno, le aziende veneziane hanno subito una stretta creditizia pari a 3,2 miliardi di euro (-23,1 per cento), nell’ultimo anno[5], invece, grazie alle misure a sostegno delle Pmi messe in campo dal governo Conte, gli impieghi bancari sono aumentati di 817 milioni (+8,1 per cento). Una inversione di tendenza importante, che potrebbe aver evitato a molte imprese il pericolo di incorrere in personaggi poco raccomandabili intenzionati a offrire del credito con grande “facilità”.

·        La conferma anche dai Ros: le imprese senza liquidità sono facile preda delle mafie

Una platea di aziende, quelle segnalate alla Centrale dei rischi, a cui è pressocché interdetta la possibilità di chiedere un “sostegno” alle banche che, rispetto alle altre, sono le più esposte al rischio di essere “avvicinate” dalle organizzazioni criminali.  Una tesi che è stata confermata anche dai vertici dei Ros (Raggruppamento operativo speciale). In un’intervista rilasciata sul principale giornale economico del Paese[6] ben prima dell’avvento della pandemia, il comandante Pasquale Angelosanto ha sottolineato come i mafiosi detengono una quantità enorme di liquidità proveniente da operazioni illecite da reimmettere nel mercato.  Spesso, manager in doppio petto si  offrono alle imprese settentrionali in difficoltà come risolutori di queste crisi. Insomma, si presentano come una banca, anche se poi applicano ben altre regole. Il finanziamento erogato diventa il “grimaldello” per acquisire una partecipazione significativa nell’amministrazione societaria dell’impresa. Poiché l’imprenditore non è più nelle condizioni di restituire la somma ricevuta, col tempo i malavitosi diventano i nuovi proprietari.

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