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Giallo di Caronia, chiuse le indagini: «Viviana uccise Gioele e poi si tolse la vita». I corpi restituiti per i funerali

Pubblicato il 29 Luglio, 2021

La Procura di Patti ha chiesto l’archiviazione del caso sulla morte di Viviana Parisi e del figlio di 4 anni, Gioele Mondello, trovati cadavere nelle campagne di Caronia esattamente un anno fa. Secondo i giudici la deejay avrebbe prima ucciso il bambino e poi si sarebbe suicidata gettandosi dal traliccio.

“È possibile affermare, con assoluta certezza – spiega il procuratore di Patti in una nota – come nella vicenda in esame non sia configurabile alcuna responsabilità dolosa o colposa, diretta o indiretta, a carico di soggetti terzi. Nessun soggetto estraneo ha avuto un ruolo, neanche marginale, mediato o indiretto, nella causazione degli eventi”. Secondo la ricostruzione del magistrato, dopo analisi e accertamenti a 360 gradi, “l’intera vicenda, in realtà, è ascrivibile in modo esclusivo alle circostanze di tempo e di luogo, al comportamento e alle condotte poste in essere da Viviana Parisi e al suo precario stato di salute, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo da parte dei suoi familiari più stretti”.

La cronaca dei fatti

Era l’8 agosto 2020 quando Viviana Parisi, deejay di 41 anni, fu trovata morta nei boschi di Caronia. Poco dopo, il 19 agosto, fu scoperto, sempre nel bosco, anche il cadavere del figlio Gioele. L’auto della donna era stata trovata giorni prima all’uscita di una galleria nei pressi di Messina. Alcuni testimoni avevano detto di aver visto la donna scavalcare il guardrail e avviarsi verso i boschi che costeggiano la strada. Si era a lungo indagato per capire se la morte della madre e del piccolo fosse da attribuire a una terza persona. Invece, secondo i consulenti nominati dalla Procura della Repubblica di Patti, Viviana Parisi è morta gettandosi dal traliccio ai piedi del quale è stata ritrovata senza vita, mentre non c’è alcuna certezza sulla causa del decesso del figlio a causa dello stato di conservazione dei resti. Viene comunque escluso per entrambi che la morte sia stata provocata dall’aggressione di animali selvatici o di un uomo.

Secondo la procura Goiele sarebbe morto per “un evento accidentale” o per un “gesto volontario” della madre che ha poi “deposto il suo corpo e si è allontanata alla ricerca del primo luogo ‘utile’ che le permettesse, in qualche modo, di porre fine alla sua vita”. In ogni caso per i pm “l’ipotesi dell’infanticidio commesso da Viviana, alla luce dell’indubbio carattere residuale dell’altro scenario (morte di Gioele causata da una lesione interna, da un colpo di calore, per sete, etc.), continua a rimanere la tesi più probabile e fondata”. 

I due scenari ipotizzati dalla procura

Le indagini hanno dimostrato, secondo la Procura, che la donna, “subito dopo l’incidente in galleria, una volta uscita dall’autovettura e recuperato Gioele, si sia volontariamente allontanata insieme al suo bambino dalla sede autostradale, nascondendosi tra la fitta vegetazione esistente sul bordo autostrada, non rispondendo ai richiami delle persone che pure la stavano cercando. Tutte le indagini tecniche svolte (indagini cinematiche, medico-legali, genetiche, veterinarie, etc.) – aggiunge il procuratore – hanno permesso di accertare come Viviana, senza ombra di alcun dubbio, si sia volontariamente lanciata dal traliccio dell’alta tensione, con chiaro ed innegabile intento suicidario”.

Secondo quanto riportato, “la donna si è ‘rifugiata’ nel bosco di Pizzo Turda perché riteneva di dover scappare da inesistenti aggressori o perché temeva che il marito potesse toglierle la potestà genitoriale”. Per il Pm, alla luce di dati complessivi, “due scenari appaiono plausibili, in sintonia con quanto sostenuto in sede di autopsia psicologica”. Secondo la prima tesi Viviana, una volta rifugiatasi all’interno del bosco di Pizzo Turda con Gioele, ha constatato come il bambino fosse deceduto e dunque, convinta di avere causato con la sua condotta irrazionale tale situazione, in preda a un’insopportabile angoscia, si è tolta la vita”.

Non si può escludere a priori, invece, che Gioele, durante il suo vagare per le campagne assieme alla madre, “abbia subito un incidente di tipo traumatico (come una caduta accidentale), che abbia comportato una possibile lesione a un organo interno, tale da determinarne, poco tempo dopo, il decesso; né si può escludere che Gioele possa aver subito un arresto cardio-circolatorio semplicemente dovuto a affaticamento eccessivo, stress emotivo, colpo di calore, sete”. Oltre a questo, viene ritenuto possibile anche un altro scenario, ovvero che “Viviana, una volta giunta nel bosco Pizzo Turda insieme a Gioele, ha commesso un figlicidio di tipo psicotico o altruistico, ponendo fine alla stessa alla vita del figlio mediante strangolamento o soffocamento”. Per il Pm è “sintomatico il fatto che l’unico materiale rinvenuto sotto le unghie delle mani di Viviana (indice, medio ed anulare) sia stato proprio il profilo genetico di Gioele”.

Quest’ultima tesi “continua a rimanere quella più probabile e fondata” per la Procura di Patti che, all’esito delle complesse indagini tecniche, ha emesso il nulla osta per la restituzione dei corpi di Viviana e di Gioele. A questo punto i familiari della deejay di 41 anni e del piccolo potranno celebrare i funerali, a un anno dalla loro scomparsa. Solo pochi giorni fa, il 24 luglio, il marito della donna, e papà del bambino, Daniele, aveva pubblicato su Facebook l’ennesimo messaggio per i due: “È il vuoto ad ogni passo ma, nel respiro della musica, siamo ancora mano nella mano”.

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