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E' passata a fontana di lava la nuova fase eruttiva del cratere di Sud-Est dell'Etna, con un forte aumento del tremore interno dei condotti magmatici dell'edificio vulcanico. Emerge anche una colata lavica che si riversa nella Valle del Bove ed ha raggiunto quota 2.800 metri, Catania, 12 Marzo 2021. ANSA/ORIETTA SCARDINO

Etna, scienziati dell’Ingv hanno individuato zone superficiali di accumulo di magma con la tomografia 4D

Sotto la parte centrale dell’Etna sono presenti tre zone che “rallentano” le onde sismiche causando un aumento dei tempi di percorso. I ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) sono arrivati a questa scoperta grazie ad una tecnica sismologica – Tomografia Sismica 4D – , che ha definito la struttura del vulcano, dai crateri sommitali fino ad una profondità di 10-12 km.

Pubblicato il 12 Ottobre, 2021

Sotto la parte centrale dell’Etna sono presenti tre zone che “rallentano” le onde sismiche causando un aumento dei tempi di percorso. I ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) sono arrivati a questa scoperta grazie ad una tecnica sismologica – Tomografia Sismica 4D – , che ha definito la struttura del vulcano, dai crateri sommitali fino ad una profondità di 10-12 km.

I ricercatori hanno classificato queste “anomalie” come zone fratturate ad alta temperatura che contengono magma in una percentuale del 4% sul volume complessivo; tale quantità può alimentare l’attività eruttiva per diverso tempo. Gli scienziati hanno pubblicato lo studio sulla sismicità dell’Etna tra il gennaio 2019 e il febbraio 2021, sulla rivista Communications Earth & Environment.

Pasquale De Gori, ricercatore dell’Ingv e primo autore della ricerca – spiega che la ricerca ha messo in luce che “la zona profonda in cui le onde sismiche sono lente si trova sull’estremità di una zona caratterizzata, invece, da un’alta velocità delle onde, che rappresenta la parte di magma non eruttata e consolidata della vecchia attività dell’Etna nel corso della sua evoluzione geologica. Ipotizziamo – precisa lo scienziato – che il magma che viene dalle parti più profonde della crosta arrivi in questa prima zona di accumulo e che il nuovo magma crei una pressurizzazione del sistema innescando gran parte della sismicità che si osserva all’Etna tra 4 e 12 chilometri di profondità.

Da queste profondità vi sono risalite magmatiche nelle zone di accumulo più superficiali, caratterizzate dall’incremento della sismicità, che possono alimentare fasi eruttive, proprio, come è accaduto negli ultimi mesi”.

“Quando si verifica un terremoto – continua De Gori – l’energia sismica, sotto forma di onde elastiche, si propaga all’interno della struttura vulcanica e, attraversando volumi di crosta fratturata contenente magma e fluidi magmatici, subisce rallentamenti che ci permettono di definire dove è probabile che il magma sia contenuto”.

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