Pubblicato il 16 Ottobre, 2021
“E’ un progetto pilota che andrà avanti per tutto il 2022 che ha due linee che si orientano nella stessa direzione: rafforzare il nostro rapporto con il pubblico dei giovani” Così soprintendente Francesco Giambrone ha spiegato all’Ansa il progetto Utopia Pirata, un progetto sulla relazione tra arte e politica che ha portato in scena “Il Pirata” di Bellini al Teatro Massimo di Palermo.
Poi Giambrone ha continuato: “Ieri sera per la “prima” abbiano avuto in in teatro 120 ragazzi dell’Erasmus e circa 40 siciliani. Poi quelli che hanno aderito al progetto sono circa 30. La domanda è questa: in che modo l’atto artistico, la regia di un’opera è un gesto politico? Ne discuteremo lunedì 18, alle 17,30, in teatro, partendo proprio da Il Pirata di Bellini, quando i giovani potranno confrontarsi con i registi, i musicisti, e gli attivisti politici. Benché sia un’opera poco rappresentata si sa che il pirata Gualtiero, partigiano del re Manfredi, è un esiliato, costeggia le coste siciliane e poi fa naufragio. Quando Imogene lo trova sugli scogli con la sua truppa di fuoriusciti – Prosegue Giambrone – egli canta “sorgete stranieri”. Da questo grido è partita la regia di Giacomazzi e Di Ganci. Il pensiero va indubbiamente a coloro che approdano nelle nostre coste e quindi se la regia mette a fuoco il problema è una regia politica. Lo stesso si ripeterà con l’inaugurazione della stagione con “I vespri siciliani” per la regia di Emma Dante. Insomma il teatro d’opera non è asettico, sia dal punto di vista artistico che gestionale. La politica storicamente in Italia ha generato l’arte, la committenza ha sempre il primato, e da più di 100 anni la committenza è di natura politica. Poi nel corso dei secoli il sostantivo politica si è deformato, assumendo connotazioni negative. Ma coltivare un’utopia è una cosa sana. E al Teatro interessa soprattutto avvicinare i giovani e fare di loro un pubblico adulto e consapevole“.
Ieri “.
Quando Imogene lo trova sugli scogli con la sua truppa di fuoriusciti, canta “sorgete stranieri”. Da questo grido è partita la regia di Giacomazzi e Di Ganci. Il pensiero va indubbiamente a coloro che approdano nelle nostre coste e quindi se la regia mette a fuoco il problema è una regia politica. Lo stesso si ripeterà con l’inaugurazione della stagione con “I vespri siciliani” per la regia di Emma Dante”.
“Insomma – conclude il soprintendente – il teatro d’opera non è asettico, sia dal punto di vista artistico che gestionale. La politica storicamente in Italia ha generato l’arte, la committenza ha sempre il primato, e da più di 100 anni la committenza è di natura politica. Poi nel corso dei secoli il sostantivo politica si è deformato, assumendo connotazioni negative. Ma coltivare un’utopia è una cosa sana. E al Teatro interessa soprattutto avvicinare i giovani e fare di loro un pubblico adulto e consapevole”. (ANSA).