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green pass alluvione

Pubblicato il 8 Novembre, 2021

Il malessere è in un contenitore che fatica a trattenerlo.

Lo dimostrano le manifestazioni, i cortei, sempre più frequenti, sempre più affollati, sempre più partecipati, vissuti.

Comunque, mai così tanti e convergenti, anche se per motivi diversi.

Il punto in comune, che si tratti di avversione al green pass o del tragico maltempo, è uno: si è stufi di istituzioni, locali e nazionali, che si percepiscono distanti, scollate dalla realtà che dovrebbero tutelare e valorizzare.

Catania è scesa in piazza di nuovo per alimentare il fronte di chi non accetta l’imposizione del green pass, di chi non si fida, di chi teme per la salute dei propri bambini e sente violati i suoi diritti. C’è un corto circuito nella comunicazione istituzionale, sanitaria, che terrorizza parte degli italiani; e quei catanesi che condividono perplessità. timori, insofferenza lo ripetono, ancora una volta, nell’ennesimo corteo, badando bene a non devitalizzarlo associandolo a partiti, a ideologie più o meno estremiste.

“Basta parole, ora i fatti”

Catania è scesa in piazza anche, con un altro corteo, perché – sembra assurdo già solo constatarlo, valutarlo, affermarlo – non si può morire durante l’infuriare del maltempo perché un città si allaga, perché un capoluogo e la sua provincia si trasformano in una distesa d’acqua e fango che spazza via tutto, perfino vite e dignità.

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I cittadini pretendono quel che dovrebbe essere ovvio: la messa in sicurezza dei territori. L’ovvio che diventa eccezione. Ed è inaccettabile. Abbiamo ascoltato il parere di esperti in questi giorni. Idee e soluzioni ci sono, eccome.

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La gente lo sa. E non si capacita. “Basta parole, ora i fatti”, ripetono in coro.

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