« Torna indietro

Andrea Baldassarri: prossimo Congresso PD

Pubblicato il 15 Novembre, 2021

Nei giorni scorsi ho avuto modo di parlare con molte persone iscritte al PD e di riprendere contatto con una realtà molto cambiata, rispetto alla prima parte, ormai lontana, della mia attività politica.
Purtroppo, l’impressione che ho avuto è che il partito, nonostante il grande impegno profuso dai militanti, come struttura politica versi in uno stato di profonda crisi.


Per struttura politica intendo uno strumento che, attraverso la libera partecipazione delle persone, permetta, da una parte, la definizione di una linea e di una proposta e, dall’altra, la selezione democratica dei dirigenti e dei candidati.
In questo momento ciò che emerge è che manca, e mi dicono che manchi da lungo tempo, una qualche discussione sulle scelte che riguardano la città ed il territorio, anche su temi fondamentali, come il lavoro, l’ambiente, la sanità.
Il partito sembra, inoltre, aver perso il contatto con le articolazioni della società, dai sindacati, alle associazioni, ai comitati.


Manca quasi totalmente un rapporto con le altre forze di opposizione, fuori e dentro il Consiglio Comunale.
Allo stesso modo la presenza sui social network è meramente occasionale e legata quasi esclusivamente ad iniziative del gruppo consiliare.


La mia impressione è che, in assenza di una seria (di una qualche) analisi dei motivi di breve e di lungo periodo che hanno portato alla sconfitta del 2019 e in assenza di una strategia di ripartenza, il PD di Piombino, al quale da due anni manca una segreteria comunale, si sia chiuso in una opposizione ideologica, priva della necessaria elasticità tattica e, soprattutto, incapace di riprendere in mano il gioco con proposte politiche efficaci e tempestive.


Il mancato riconoscimento dei gravi errori compiuti e addirittura la tendenza a dare la colpa agli elettori, trattandoli da sciocchi che si sono lasciati ingannare da un gruppo di affabulatori, invece di comprenderne le giuste ragioni, hanno ulteriormente aggravato lo scollamento del partito dalla città.


Oggi il partito ha di fronte una scelta: trasformarsi in un mero comitato elettorale, nel quale, come è accaduto in questi anni, i dibattiti si fanno solo sulle persone o ritornare ad essere uno strumento di partecipazione democratica che non si esaurisce nella delega di funzioni a un gruppo ristretto di eletti e dirigenti.


La rifondazione del partito deve partire da un presupposto che, a mio parere, si è perso, ossia la coscienza che i voti che chiediamo agli elettori non sono un fine, ma un mezzo, che ci serve a perseguire obiettivi di progresso e di giustizia.
E per questo non basta autodefinirsi di sinistra, ma bisogna agire conseguentemente.


E allora: ci vogliamo finalmente chiedere se le nostre proposte sulla discarica fossero coerenti con la volontà di una città che, sull’ambiente, sente di avere già accettato troppi sacrifici?
Ci vogliamo chiedere quali errori hanno portato al dissesto di ASIU e Rimateria?
Vogliamo davvero difendere la nostra sanità pubblica ed i nostri servizi?
Vogliamo riprendere un dialogo con il mondo del lavoro, del commercio, della piccola impresa? Vogliamo discutere delle scelte che ci dovranno portare fuori dalla dipendenza dalla siderurgia?

Se lo vogliamo ci serve un partito che accolga le persone, che le lasci parlare e che le ascolti, invece di attendere che abbiano finito per scodellare la propaganda, che accetti la critica, invece che bollare come gufi o traditori quelli che ti avvertono che stai andando contro un muro.


Non sarà facile, ma lo spirito di molti militanti, sotto la cenere, è vivo e pronto a riprendere il combattimento.
Se uno slogan ci deve essere io propongo questo: Io ci credo.

About Post Author