« Torna indietro

Anoressia

Anoressia: cos’è e come combattere il demone che ha ucciso Emanuela Perinetti

Pubblicato il 2 Dicembre, 2023

I Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA) costituiscono oggi una delle patologie più preoccupanti dell’emisfero occidentale: si stanno diffondendo con notevole rapidità, stanno interessando fasce sempre più ampie di popolazione in termini di caratteristiche anagrafiche e socio-demografiche, e stanno assumendo forme e caratteristiche sempre più diversificate e gravi.

Si inserisce in questo quadro complessivo, la tragica vicenda di Emanuela Perinetti, 34, anni, influencer e manager nel mondo dello sport e figlia di Giorgio Perinetti, storico direttore sportivo della Roma oggi responsabile dell’area tecnica dell’Avellino Calcio, morta mercoledì in seguito all’aggravarsi dell’ anoressia, malattia contro cui stava combattendo da tempo.

Il Corriere ha chiesto a Laura Dalla Ragione, direttore rete DCA USl 1 dell’Umbria, Campus Biomedico di Roma e referente Ministero della Salute, di aiutarci a capire che cosa si nasconde dietro le diverse manifestazioni di una condizione che non è mai un capriccio ma una malattia a tutti gli effetti.

“L’anoressia è una patologia psichiatrica , inserita nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali ( DSMV) ed è caratterizzata da una serie di comportamenti finalizzati alla perdita di peso e al raggiungimento di un peso ideale che spesso è incompatibile con la vita. Il nucleo patologico è però costituito da una intensa ossessione sulle forme corporee, con una alterazione dell’immagine corporea, per cui le persone si vedono sempre grasse anche sono gravemente sottopeso. Una sorta di allucinazione corporea, con alterazione della area visiva cerebrale – oggi è dimostrata da molti studi di brain imaging – , che ci fanno vedere come in un certo senso il cervello nella paziente affetta da anoressia sia “cieco” alla realtà del corpo”.

Quali sono gli altri disturbi alimentari (la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata “binge eating”) e in che cosa si differenziano tra loro? “In realtà esiste un filo rosso che lega tutte queste patologie, ed è l’intensa paura di prendere peso e contemporaneamente la grande paura di vivere. Non a caso i pazienti possono attraversare tutte e tre le patologie, magari iniziando con una patologia anoressica e poi evolvendo verso la bulimia, che è caratterizzata da grandi abbuffate con metodi di compenso (vomito autoindotto, lassativi, diuretici, iperattività) e può portare ad una estrema magrezza. I sintomi del Disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating ), patologia in grande diffusione, in questo momento sono grandi abbuffate (ingestione dalle 3.000 alle 30.000 calorie in un tempo molto ristretto ) senza metodi di compenso, quindi in questo caso i pazienti aumentano moltissimo di peso”.

I fattori di rischio

Esistono fattori di rischio? “Premettiamo che in realtà queste sono nuove forme di depressioni, malattie dell’anima, quindi il movente è sempre interno, anche se ciò che si vede è riferito al corpo. C’è una sofferenza interiore molto forte, una paura di vivere insostenibile. I fattori di rischio possono essere alcuni tratti temperamentali (perfezionismo clinico ), spesso un trauma determina l’ingresso nel disturbo, episodi di bullismo presenti in moltissime pazienti. È molto probabile , vista la grande diffusione che, ci siano anche dei fattori genetici ed epigenetici predisponenti. È indubbio poi che i fattori culturali, di pressione sociale , sul modello della perfezione e della magrezza come fattore assoluto , soprattutto con l’avvento dei social media, giochino un ruolo importante. Ma è importante sottolineare che i fattori culturali sono fattori di diffusione ma non causa del fenomeno”.

Quando si può manifestare

Qual è l’età di esordio? “Attualmente l’età di esordio si è molto abbassata, e abbiamo bambine e bambini in età prepubere dagli 8 ai 12 anni, che sono attualmente il 30% della popolazione ammalata. Questo fenomeno si è intensificato soprattutto durante il Covid. È ovvio che un esordio della patologia cosi precoce presenta quadri più gravi sia per le conseguenze cliniche della malnutrizione, che per quelle psichiatriche”.

Un fenomeno in maggioranza al femminile (ma non solo)

C’è una diversa incidenza tra maschi e femmine? “Fino a dieci anni fa i maschi erano quasi immuni dalla patologia alimentare, nella anoressia e bulimia oggi costituiscono il 20 % della popolazione colpita, e la tendenza è in aumento. Nel Disturbo da alimentazione incontrollata la percentuale è ancora più alta , intorno al 40%. Probabilmente tra 10 anni non sarà piu un disturbo di genere”.

In Italia i Dna riguardano 3milioni e 400mila persone

Qual è la dimensione del fenomeno in Italia? “Nell’ultima rilevazione del Ministero della salute al 2022 ci sono in Italia 3 milioni e 400.000 persone affette da tali patologie, diffuse in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. L’anoressia non è la patologia prevalente, ma costituisce il 30% della popolazione colpita, il 70 % è costituito da bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata. Diciamo che in questo momento sono prevalenti le patologie collegate al dis-controllo degli impulsi piuttosto che all’iper-controllo . Un punto importante è che mentre la diffusione dei Disturbi alimentari è omogenea in tutto il territorio nazionale, il dato di mortalità invece è molto diverso tra le regioni, e cioè si muore di più dove non ci sono strutture specializzate”.

I campanelli d’allarme

Quali sono i segnali cui prestare attenzione? “Sicuramente dobbiamo fare attenzione ai segnali riferiti all’alimentazione che perdurino nel tempo (come eliminare grandi categorie di cibo, restringere , fare molta attività fisica, andare subito dopo i pasti al bagno ) ma accanto a questi comportamenti si assiste ad un vistoso cambiamento di carattere , ragazzi e ragazze che erano brillanti, solari, pieni di voglia di vivere si spengono, diventano tristi, ritirati, introversi . Ecco le due cose devono fare sospettare che sta succedendo qualcosa”.

La vigoressia

Il disturbo alimentare ti dà una forza inaspettata. All’esterno sembri fragilissimo, ma dentro ti fa trovare un vigore pazzesco: è così? “I pazienti con DNA sono totalmente inconsapevoli di avere una patologia e quindi scatta un meccanismo di onnipotenza determinato dalla sensazione di poter dominare un istinto biologico cosi potente, quale quello dell’appetito. In una prima fase questa sensazione è quasi una euforia, viene descritta come la luna di miele della malattia , poi però si trasforma in un quadro depressivo gravissimo.

Come affrontare il problema in famiglia

Spesso i genitori sono confusi: non capiscono che cosa accade e si colpevolizzano: come affrontare il problema in famiglia con chi ne soffre? Quali sono le parole da usare e quelle da non usare? “La famiglia è profondamente coinvolta nella patologia alimentare. Ma dagli anni 70 epoca in cui la famiglia veniva molto colpevolizzata, si è passati a considerarla una risorsa nel percorso terapeutico. Prima di tutto perché sono state abbandonate le teorie che vedevano la famiglia come la principale imputata, proprio perché la patologia alimentare ha una eziologia multifattoriale , dove la famiglia è uno degli elementi da tenere in considerazione, ma non l’ unico. I familiari devono comprendere prima di tutto, che la patologia non è un capriccio, una moda, ma una grande sofferenza del figlio/a senza porsi in una posizione giudicante e aggressiva. La cosa principale è che devono lentamente a convincere il paziente a farsi curare, accompagnandolo al Centro specializzato più vicino a casa”.

A chi chiedere aiuto

A chi rivolgersi? In Italia esiste una rete di Centri per i disturbi alimentari: come si accede? “È molto importante arrivare precocemente alle cure che devono essere specializzate e multidisciplinari: la diagnosi precoce e la continuità delle cure sono la garanzia di una completa guarigione. La Presidenza del Consiglio ha messo a disposizione un Numero Verde nazionale 800180969 attivo dal lunedi al venerdì che da informazioni sui Centri più vicini a casa e fornisce supporto a genitori , pazienti e insegnanti. L’ultimo censimento nel 2023 dell’Istituto Superiore di Sanità, consultabile nel sito dell’ISS piattaformadisturbialimentari.iss.it, ha contato 126 strutture sparse su tutto il territorio nazionale, di cui 112 pubbliche e 14 appartenenti al settore del privato accreditato. Il maggior numero dei centri (63 su 126) si trova nelle regioni del Nord, 23 sono nelle regioni del centro (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria), mentre 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia)”.

Una rete di assistenza presente solo in metà delle regioni

Sono sufficienti? “In realtà la metà delle regioni italiane non ha una rete completa di assistenza e questo determina una difficoltà per molte persone sia nella diagnosi che nel percorso terapeutico. Moltissimi pazienti sono costretti alla migrazione sanitaria con gravi difficoltà e costi economici per i pazienti e per le loro famiglie. I Centri attivi hanno spesso lunghe liste di attesa Ma soprattutto, solo il 48% dei centri rispondenti ha dichiarato di prendere in carico i minori fino a 14 anni , e questo, visto l’aumento della fascia tra gli 8-12 anni è diventato una grande emergenza”.

Serve un’alleanza tra famiglia, scuola e amici

Quale consiglio si sente di dare ad una persona che soffre di questi disturbi e quali alla sua famiglia? “Il messaggio importante è che da queste patologie si può guarire, ai primi segnali clinici e psicologici però è necessario rivolgersi ai centri specializzati, anche se non sempre è facile convincere il paziente ad accettare le cure. In realtà è una patologia insidiosa dove apparentemente il funzionamento scolastico, sociale sembra essere perfetto, ma dentro si sviluppa una sorta di depressione , grave e profonda. Purtroppo non è descritta una remissione spontanea della patologia, se non viene curata tende ad aggravarsi, quindi tutto il contesto familiare, scolastico, sportivo e amicale deve allearsi per convincere la paziente ad accettare aiuto”.

About Post Author