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AZIENDA DI VINO ROSSO SUVERETO TOSCANA IGT ESPORTAVA IN RUSSIA E SVIZZERA SENZA VERSARE IMPOSTE

Pubblicato il 2 Febbraio, 2022

Un’azienda vitivinicola di Suvereto, sottoposta a indagini dal Nucleo P.E.F. della G.d.F. di Livorno, ha omesso di comunicare al fisco italiano le vendite di vino esportato in Russia e Svizzera, dove forte è la richiesta di prodotti made in Tuscany.


Tutto è iniziato quando è stato individuato, con il supporto del Comando Generale / II Reparto del Corpo, un cittadino russo il quale risultava aver effettuato un investimento immobiliare nel territorio del comune di Suvereto (LI), coincidente con i terreni e i fabbricati acquisiti dalla stessa azienda vitivinicola.
Gli accertamenti avviati hanno quindi consentito di individuare e sanzionare l’imprenditore agricolo titolare dell’attività: cittadino svizzero, residente a Suvereto, pregiudicato per reati di bancarotta fraudolenta, attivo nella produzione di vini rossi e proprietario di vigneti impiantati nel noto areale toscano, tutelato dal marchio DOCG, da cui si realizzano vini di fama internazionale, molto richiesti all’estero.


L’analisi della documentazione d’interesse tributario e finanziario, oltre a confermare incongruenze contabili, consistenti in sistematiche omesse fatturazioni relative a esportazioni di “rossi” al di fuori dell’Unione europea, ha evidenziato la mono titolarità del capitale sociale, detenuto da un unico socio, identificato in un’impresa straniera con sede legale a Cipro e domicilio fiscale a Milano. Grazie ai poteri valutari e ai conseguenti accertamenti bancari, i finanzieri hanno tracciato le consistenti movimentazioni di denaro affluite sui conti correnti aziendali, anche da e verso l’estero, in relazione alle quali tuttavia non veniva corrisposta alcuna imposta.


È così che, per gli anni dal 2015 al 2020, sono stati constatati in capo alla micro-impresa agricola – evasore totale: redditi sottratti a tassazione per 580.000 €; IVA dovuta per 19.000 €; IRAP per 17.000 € e ritenute non operate e non versate per 32.000 €.


L’indagine si è conclusa con la segnalazione del recupero dell’evasione all’Agenzia delle entrate, senza denuncia all’Autorità giudiziaria poiché non sono risultate superate le soglie di punibilità penale previste dal decreto legislativo 74/2000.


È fondamentale, a maggior ragione in tempi di pandemia, la tutela della libera concorrenza tra imprese, in questo caso agricole, per evitare che soggetti economici “evasori”, grazie ai più bassi prezzi praticabili nelle cessioni “in nero”, possano acquisire in modo illecito, in un settore strategico del Paese, fette di mercato a danno di aziende

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