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Bezzini: “Il femminicidio è solo la forma più estrema di una violenza perpetrata sulle donne quotidianamente”

Pubblicato il 23 Febbraio, 2021

Un’altra donna è stata uccisa e queste notizie rischiano di susseguirsi così, quasi nell’assuefazione di una realtà che sta scivolando nella normalità. In Italia ogni 7 minuti un uomo stupra o tenta di stuprare una donna; ogni tre giorni nel nostro paese un uomo uccide una donna: questo è quanto emerge dai dati.

Sono 112 le donne uccise da mariti o conviventi nel 2020 e sono già sette i casi nei primi giorni del 2021: i femminicidi aumentano, siamo di fronte a una vera e propria emergenza.
L’ultima vittima è Deborah, 42 anni, madre di 4 figli, uccisa ad accettate dall’ex marito, un pregiudicato che già in altre occasioni le aveva usato violenza.

Il femminicidio è solo la forma più estrema di una violenza perpetrata sulle donne quotidianamente, tra le mura domestiche, sul posto di lavoro e in ogni luogo di socialità. Una violenza che inizia dai preconcetti che appaiono innocenti, dall’insulto dovuto dalla rabbia, una violenza che spesso poi diventa fisica e che, purtroppo, può portare alla morte.


Questi omicidi continuano ad essere vergognosamente etichettati come atti passionali, dettati dalla disperazione di uomini gelosi o che non vogliono perdere la “propria” donna, come se la donna fosse un oggetto di loro proprietà. Sono le conseguenze di una società patriarcale dal quale questo Paese sembra non riuscire a liberarsi.

Delitto d’onore, reato di adulterio, stupro come crimine contro la morale pubblica: sono solo alcuni esempi di un retaggio che si trasforma in violenza sulle donne. Perché a compiere questi atti non sono persone ai margini della società, reietti che hanno bisogno di aiuto, sono, piuttosto, coloro che dichiarano di amare queste donne, di volersene prendere cura.

Continuare a dipingere questi uomini come vittime di una passione incontenibile significa volersi rifugiare in stereotipi sbagliati e pericolosi che ci impediscono di capire la natura profondamente misogina, arretrata e patriarcale di questa violenza.

La violenza sulle donne è trasversale e coinvolge tutti i ceti sociali, prescinde dalle condizioni economiche, dal titolo di studio, dal livello culturale e generazionale, dalla posizione geografica. Alla base c’è sempre il mancato riconoscimento dell’identità delle donne in quanto esseri umani a sé stanti, di proprietà di nessuno, del fatto che esse possano avere, al pari degli uomini, il diritto di essere persone, di realizzarsi e di decidere ciò che è meglio per loro stesse. 

In questi giorni abbiamo assistito agli insulti misogini e sessisti rivolti a politiche, ministre, senatrici:: un linguaggio esecrabile uscito dalla bocca di uomini che dovrebbero rappresentare degnamente i cittadini italiani, a prescindere dall’appartenenza politica.

Abbiamo tristemente assistito a uomini e, purtroppo, anche donne che esprimono solidarietà agli autori di commenti indecenti solo perché indirizzato a donne di un diverso credo politico. Si colpisce e si denigra la donna, anziché replicare e confrontarsi sul merito delle argomentazioni e delle scelte politiche. Si attacca la donna in quanto tale, non in quanto avversario politico che esprime concetti con i quali non si è d’accordo.

Questo comportamento deve essere condannato fermamente, da qualsivoglia parte politica provenga e a qualunque donna sia indirizzato: in questi stereotipi sessisti, accettati e  giustificati, passa il discrimine tra una società civile ed una che ancora è intrisa di arretratezza.

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