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Bologna: linee programmatiche per il mandato Lepore 2021-2026

Bologna. Il sindaco Matteo Lepore ha illustrato ieri, lunedì 31 gennaio 2022, in Consiglio comunale le linee programmatiche per il mandato 2021-2026.

Pubblicato il 1 Febbraio, 2022

Bologna. Il sindaco Matteo Lepore ha illustrato ieri, lunedì 31 gennaio 2022, in Consiglio comunale le linee programmatiche per il mandato 2021-2026.

Di seguito l’intervento del Sindaco.

“Gentili consigliere e consiglieri
scusate se oggi devo annoiarvi con due interventi ma è la giornata in cui dobbiamo approfondire le nostre linee per il futuro. Oggi si parte per un lungo viaggio che è quello del mandato che ci vedrà lavorare assieme per i prossimi anni. Ho già avuto modo in diverse occasioni di tracciare alcuni degli elementi fondamentali di quella che è l’idea di città che abbiamo presentato alle elezioni che ci hanno visti prevalere e che già nei primi 100 giorni ha portato importanti risultati.
Il nostro sarà innanzitutto un programma di mandato metropolitano, abbiamo scelto questa cifra per caratterizzare il lavoro e il confronto con i cittadini attraverso una fabbrica del programma che ha visto il coinvolgimento di tutte le forze della coalizione. Con la stessa cifra, nel mese che ci separa dalla presentazione delle linee in Città metropolitana, perché lo stesso documento sarà presentato anche nell’altro ente, è nostra intenzione promuovere un confronto con le Unioni di Comuni, con tutti i portatori di interesse del nostro territorio, le associazioni, i sindacati, le forse economiche e la cittadinanza.

Quello che presentiamo oggi è un progetto aperto, non un documento chiuso. È un documento che presentiamo perché vogliamo contribuire a un dibattito metropolitano. Questo è il contributo del Comune di Bologna, del comune capoluogo, alla costruzione di un programma di mandato metropolitano. Programma che depositeremo a metà del mese di marzo in Consiglio e che sarebbe interessante contribuire a comporre insieme. 
Oggi trovate una prima traccia ufficiale che noi abbiamo preparato per il comune capoluogo ma l’interesse è spostare il baricentro sulla Città metropolitana. Dobbiamo rappresentare tutto il milione di abitanti lavorando con i sindaci, con gli assessori, con i consiglieri degli altri comuni, perché Bologna ha bisogno, se vuole raggiungere i propri obiettivi futuri, di avere una prospettiva metropolitana. Credo che questo sia un elemento caratterizzante del documento che vi abbiamo inviato, di molte riflessioni e di molte priorità che vi abbiamo presentato.

Il titolo che abbiamo scelto è “La grande Bologna per non lasciare indietro nessuno”, un obiettivo molto chiaro, ambizioso, forte e, non lo nascondo, con un forte impianto progressista e democratico. Non rinuncio ad una impostazione politica del nostro progetto amministrativo, credo che sia l’epoca nella quale la politica debba essere coraggiosa e non nascondere le proprie intenzioni. Dobbiamo avere una grande Bologna per lavorare con i comuni dell’area metropolitana, dobbiamo riformare l’istituzione metropolitana per renderla più forte, proporre una riforma nazionale in questo ambito. Ma abbiamo soprattutto bisogno di una grande Bologna per rimuovere le disuguaglianze che esistono fra cittadine e cittadini nelle nostre comunità, nelle aree interne del nostro capoluogo e della nostra Città metropolitana. Abbiamo bisogno di una grande Bologna per vincere le sfide della transizione ecologica e digitale. Abbiamo bisogno di una grande Bologna per costruire nuove alleanze, non possiamo immaginarci diversamente quando riflettiamo sulle infrastrutture, sul nuovo ruolo che la nostra città ha avuto grazie all’alta velocità.

Negli ultimi anni è cambiata la nostra dimensione geografica, abbiamo un rapporto diverso con il resto del mondo, siamo dentro una metropolitana che ci collega con le principali aree urbane del paese. Questo ha significato turismo, ha significato maggiore attrattività della città e dei suoi investimenti. Ha significato un nuovo valore per le aree dismesse, militari e ferroviarie, che abbiamo ancora da rigenerare.

La prospettiva che abbiamo di fronte è quella di una dimensione grande, non per crescere in maniera smodata o perché la crescita fine a se stessa ci interessa. Noi siamo interessati ad essere una città grande perché le istituzioni del sociale, della cultura e del sapere devono essere più forti. Se non vogliamo lasciare indietro nessuno abbiamo bisogno di un forte impianto progressista e democratico. Quell’idea della politica che vuole investire sul welfare municipale, sull’integrazione socio-sanitaria, su un’idea di scuola comunale pubblica più forte perché deve azzerare le liste d’attesa. Delle istituzioni che siano capaci nel mondo del lavoro di mettersi al tavolo con la Regione, con le imprese, con i sindacati per salvaguardare i posti di lavoro e crearne degli altri. Come possono delle istituzioni deboli affrontare la salvaguardia dei diritti delle persone e il rilancio delle politiche industriali. Una Bologna grande serve a questo, serve a dare più forza alle persone e in particolare alle persone più fragili. Questo per me è il punto di vista di partenza, un’idea progressista e democratica che vuole nel cambiamento fare di Bologna un punto di riferimento nazionale ed europeo.

Per questo motivo ci confronteremo in quest’aula, e spero anche nel prossimo mese, a partire dai punti che sono stati inseriti nel programma di mandato, che partono da alcune scelte come quella che ci ha portato nei giorni scorsi a firmare la carta per la logistica etica. La cito come primo esempio perché penso che sia un paradigma di quello che noi intendiamo nel rapporto fra la città e il lavoro. Se vogliamo essere una città grande che non lascia indietro nessuno noi non possiamo guadare soltanto dentro i confini del capoluogo. Dobbiamo andare oltre, dobbiamo interessarci a quello che succede in Interporto. Dobbiamo non rinunciare a svolgere il nostro ruolo di indirizzo nelle politiche industriali di un asset così importante. La logistica oggi è uno dei settori più importanti nella competizione internazionale, da qui passano e arrivano le merci di tutto il mondo per entrare non più soltanto in casa delle persone ma in particolare nelle nostre aziende. Senza la logistica non funziona il comparto manufatturiero, senza la logistica non funzionano gli ospedali, senza la logistica non funzionano molta parte delle imprese piccole, medie e grandi del nostro territorio. La logistica passa di qua, passa da circa 20 mila occupati nel territorio metropolitano e 4.3 miliardi di fatturato. Non avere un approccio etico alla logistica significa ignorare che in questo settore ci sono persone che perdono la vita sul luogo di lavoro o raggiungendo il luogo di lavoro. Possono essere tre, possono essere dieci. Ne basta però una per non raggiungere l’obiettivo di morti zero sul luogo di lavoro. E credo che nella logistica, in particolare, vista l’importanza che ha negli investimenti futuri, dobbiamo darci un codice etico. Per questo abbiamo sottoscritto una carta insieme ad oltre 30 soggetti importanti. 

Ringrazio a tal proposito il prefetto Visconti, che appena si è insediato ha voluto sottoscrivere questa carta. Un impegno importantissimo perché la Prefettura farà da garante di molti dei processi che si svilupperanno nei poli della logistica a partire dall’Interporto.

Significa, a partire anche dall’impegno di questa istituzione, guardare a cosa vuol dire fornire di trasporto pubblico quella piattaforma della logistica, dove ogni giorno vanno a lavorare oltre 4 mila persone, persone che vanno in quel luogo a volte a piedi, a volte in bicicletta. Persone in gran parte migranti, accolte nel nostro tessuto cittadino. Persone con un contratto giornaliero, a volte. E di fatto rappresenta uno strano modo del nostro paese, che ha una Costituzione che all’articolo uno richiama il lavoro e la democrazia, di includere i cittadini. Non credo che in un paese civile i contratti giornalieri in un settore labour intensive possano essere considerati qualcosa di decente e di dignitoso. 
Avere un’idea etica del lavoro significa battersi perché queste cose cambino. C’è una strana idea di legalità che a volte nasconde quello che si può fare e non si può fare. Certamente noi non possiamo girare le spalle, non possiamo non porre una questione sociale. Ci sono altre aree urbane nel nostro paese che hanno già vissuto questa esperienza, quel discrimine leggero tra l’avere investimenti produttivi che creano lavoro e investimenti finanziari che invece deturpano un territorio. Noi sulla logistica siamo esattamente su questo crinale. Dobbiamo decidere se tutte le aree della logistica del nostro tessuto metropolitano possono andare avanti a prescindere da quelli che saranno gli sviluppatori di queste aree, oppure guardarle una per una e decidere che tipo di lavoro vogliamo far crescere nel nostro territorio.

Guardate che ponendo questo tema all’inizio del mio discorso, pongo una questione di carattere generale su che idea di lavoro e di sviluppo vogliamo per Bologna, che idea di cittadinanza vogliamo per noi residenti e per quelli che vengono a vivere qui, ma pongo una questione che in molti casi è stata gestita e coltivata anche dalla mia parte politica, quindi non sono scevro da analisi critica anche nei confronti del centrosinistra che ha sempre governato questo territorio. Rimane però un fatto: noi dobbiamo essere un’Amministrazione che è spartiacque nella storia della città. Se le persone muoiono negli impianti della logistica, se le persone non hanno diritti che siano tutelati, se le imprese non vedono convenienza nel lavorare in un territorio su qualità, formazione e sicurezza noi non stiamo facendo appieno il nostro lavoro. Parto da qui perché questa è una cifra, una cartina di tornasole di come noi dobbiamo intendere il cambiamento: venire solo qui a parlare o fare, invece, le cose che cambiano la vita delle persone. La logistica è un settore fondamentale da questo punto di vista, e con la regione abbiamo deciso di promuovere questa Carta, perché da qui si parte per pensare a un diverso modo di muovere le persone e le merci, un diverso modo di rapportarsi con le imprese del territorio, un diverso modo di fare formazione e scuola. Lo dico perché in altre aree urbane del Paese, questa esperienza ha portato moltissimi investimenti, che hanno caricato di oneri positivi i bilanci dei comuni medi e piccoli, cementificando aree, portando società e fondi d’investimento che prendevano in affitto dei comparti, per poi trovare soggetti che andavano a svilupparle e portando sul territorio migliaia e migliaia di lavoratori stranieri emigranti, pagati pochi euro al giorno dalle imprese e con fondi magari pubblici dell’accoglienza da altri. Io sono perché il lavoro e l’accoglienza siano una cosa dignitosa, sono perché non si costruisca un sistema nel quale i Sindaci sono costretti a dover gestire guerre tra poveri, perché c’è sempre qualcuno più povero di te che viene schiavizzato. Io non credo che noi possiamo a Bologna e in Emilia-Romagna scavare verso il basso: noi dobbiamo risalire e questa questione, a Bologna, la dobbiamo porre nel modo giusto. Quello della capacità di accogliere, di creare lavoro, di creare servizi di qualità; chi vive nel nostro territorio deve avere un’istruzione, deve potere affrontare il lavoro in settori difficili come quello della logistica con percorsi di formazione adeguati, di lingua, perché questa è la cifra della dignità e della cittadinanza, non è una cosa negoziabile. Credo che tutti quanti ci dovremo assumere una responsabilità in questo senso. Dedico molti minuti a questa parte, perché quella Carta della logistica etica ha visto la sottoscrizione di tutte le forse economiche e di tutti i sindacati confederali del nostro territorio, e da qui dobbiamo partire, non essere soddisfatti.

Questa è la vera dimensione metropolitana che ci permette di incidere sulle cose: così come sulla questione climatica, una delle grandi occasioni e delle grandi sfide complesse che abbiamo di fronte, tanto quanto il lavoro. Di fronte a noi c’è l’obiettivo della transizione ecologica e digitale. Noi abbiamo già ottenuto alcuni importanti risultati, grazie al voto di questo Consiglio comunale e al lavoro della coalizione di maggioranza abbiamo concluso la Conferenza dei servizi sul Passante di nuova generazione. Vi invito a riflettere su questo punto, perché anch’esso è uno spartiacque. Il progetto del Passante di nuova generazione non è il progetto che era stato consegnato l’anno scorso al Governo da Autostrade, è una cosa nuova. Basta leggere l’intervista all’Amministratore delegato di Autostrade sul Corriere della Sera nazionale di oggi, basti vedere che tipo di investimento sta facendo Autostrade per il resto del Paese: quest’anno Autostrade farà 100 miliardi di investimenti in tutt’Italia, 2,8 miliardi sono sull’aerea metropolitana di Bologna, con un’importante impianto sui temi delle energie rinnovabili, della gestione del traffico con lo sviluppo di nuove tecnologie, dell’applicazione del fotovoltaico su terreni pubblici e privati. Noi stiamo esattamente dentro il progetto strategico nazionale che, guarda caso, prende le mosse anche da quelli che erano punti fondamentali nella discussione elettorale ed effettivamente nella preparazione della conferenza dei servizi, questo Comune è a posto. Noi siamo al centro della discussione che riguarda Ferrovie e la strategia nazionale dei corridoi europei, Siamo nel cuore della pianura padana. Noi possiamo continuare a discutere se è importante pedonalizzare o meno una strada del centro storico, se è giusto o meno ridurre l’ingresso delle auto nella T, questo è un dibattito assolutamente importante, che dobbiamo affrontare, e storicamente in questa città abbiamo anche una conflittualità tra destra e sinistra tra parti politiche differenti, oppure possiamo affiancare a questa discussione sacrosanta, una discussione molto più importante: se vogliamo ridurre le emissioni nella pianura padana, Bologna ha un ruolo fondamentale. 

Per ridurre le emissioni noi dobbiamo fare alcune scelte, che noi stiamo mettendo ad esempio nella nostra candidatura ad essere tra le prime 100 città che nel 2030 azzereranno le emissioni raggiungendo la neutralità carbonica. Queste scelte riguardano innanzitutto come le persone in questa parte del Paese dovranno e potranno muoversi, sia i nostri cittadini, sia quelli che vivono nell’area metropolitana, sia le persone che attraversano il nostro territorio, che sono milioni; persone che vivono Bologna e questo territorio attraversandoli, portando le merci sui mezzi pesanti su gomma, prendendo il treno senza fermarsi, facendo i turisti, lavorando, siamo un territorio usato da gran parte d’Italia, siamo un corridoio, non siamo soltanto una città. Non possiamo non partire da questa consapevolezza nel momento in cui ci apprestiamo a prendere delle decisioni importanti, perché per essere coerenti con il percorso della candidatura che ci vedrà arrivare nel 2030 ad azzerare le emissioni, o meglio a raggiungere la neutralità carbonica – ricordo che a livello europeo l’obiettivo è il 2050, quindi come città vogliamo impegnarci a dare una scossa a questo obiettivo – noi dobbiamo guardare ad una dimensione grande, perché altrimenti non riusciremo a raggiungere l’obiettivo. La maggior parte delle emissioni, innanzitutto, sono date dall’edilizia, dalla parte immobiliare e non c’è dubbio che su questo dobbiamo mantenere degli obiettivi molto forti ed importanti, ma subito dopo viene il modo di muoversi delle persone. Ci sono delle scelte che non possono più essere rinviate, ad esempio quelle legate all’idrogeno. Abbiamo avuto un finanziamento molto importante dal Governo, 90 milioni di euro per l’acquisto di nuovi mezzi; noi vi proponiamo che la maggior parte di queste risorse vengano utilizzate per l’idrogeno e in parte per l’elettrico e, avendo già in gran parte completato il fabbisogno di acquisti dei mezzi di trasporto per la città, che vi sia un vero patto metropolitano per l’acquisto dei mezzi su scala urbana.

Pensiamo che la mobilità sostenibile debba essere lenta dentro la città, abbiamo scelto il modello della città a 30 km orari, ma che debba puntare dritto al Servizio ferroviario metropolitano. Questo è un altro punto di svolta di quello che vogliamo ottenere nei prossimi anni, anzi nei prossimi mesi: abbiamo chiuso la Conferenza dei servizi del passante, abbiamo approvato il Pums metropolitano, abbiamo un impianto coerente con gli investimenti per una transizione ecologica veramente sostenibile, ma dobbiamo avere un Servizio ferroviario metropolitano efficiente, che passa ogni 15 minuti negli orari di punta, con gli investimenti realizzati e spesa corrente maggiore da parte della Regione Emilia-Romagna, del Governo e della Città metropolitana per implementare il servizio. Se vogliamo che le persone dal 2023, nella nostra area metropolitana o attraversandola, scelgano – perché non possiamo costringerle, le persone devono volerlo fare, devono sentire il desiderio – di usare il treno al posto dall’auto privata, serve un servizio più efficiente. Questo è un punto fondamentale del nostro rapporto con la Regione Emilia-Romagna, che ha già dato le prime aperture, ferrovie, e il nostro Pums.

Dobbiamo puntare sulle fonti rinnovabili, dobbiamo fare la nostra parte e non è poco perché siamo nella Pianura Padana. E il progetto del Passante di nuova generazione punta a costruire la più grande comunità energetica rinnovabile del nostro paese. Su questo abbiamo costruito anche un’idea di deleghe in Giunta, nei prossimi giorni ridefiniremo l’organigramma del Comune per fare del Settore Ambiente un grande settore che si occupi della transizione ecologica della nostra città e daremo il nostro contributo, cercando di fare il più possibile innovazione nel campo degli edifici pubblici, delle case delle persone e di quelli che sono gli edifici commerciali. 

È una nuova idea di economia, non è soltanto un’idea di come noi dobbiamo organizzare e spendere le risorse del PNRR. Questo obiettivo è centrale. Sia quello sul lavoro che gli obiettivi della transizione ecologica e digitale cambieranno il modo di lavorare della città. Cambieranno il modo di lavorare delle imprese piccole e medie, penso all’impiantistica, cambieranno il modo di fare sviluppo dei software, penso al ruolo del Tecnopolo avrà per Bologna nei prossimi anni. Bologna si dovrà organizzare in modo diverso. E non possiamo non usare il rapporto con la nostra università, con le nostre imprese e, lo dico con coraggio, con le nostre società partecipate e di tutti gli asset industriali del paese. Bologna non può essere un Autogrill dove passano tutti e nessuno paga. Bologna deve essere un luogo dove invece noi utilizziamo alleanze nuove, grandi, per fare sviluppo industriale ed essere protagonisti di questa transizione industriale. Altrimenti noi saremo la città che più subirà questa transizione industriale, ecologica e digitale. La transizione è un fine molto importante, noi dobbiamo essere gli attori più coraggiosi in Italia per fare sì che l’impatto sociale della transizione sia positivo e non negativo. Perché le persone devono venire a vivere a Bologna perché siamo i più coraggiosi su questo fronte, perché si fa impresa, si fa una nuova idea di comunità, di cittadini, di consumatori, a livello comunale e metropolitano.

Questa idea di città cambierà notevolmente anche il disegno urbano. È indubbio che questo impianto sul futuro di Bologna implica anche delle scelte urbanistiche differenti. Già nello scorso mandato si è deciso di non espandere di più la città ma di puntare, anziché al consumo di suolo e delle aree agricole, alla rigenerazione delle aree dismesse. La differenza che ci deve essere fra le scelte dello scorso mandato e il nostro, è che nello scorso mandato si è discusso, si è pianificato, in questo noi dobbiamo fare le cose. C’è una grande differenza tra chi le cose le pianifica e chi le cose le deve fare. E non è un discredito nei confronti di chi le cose le pianifica, perché i tempi sono lunghi. Noi abbiamo un grande compito e il giudizio su di noi, su di me, non sarà se saremo stati in grado di pianificare i prossimi 20 anni. Noi siamo stati eletti per realizzare le cose. E questo è il motivo perché c’è una svolta rispetto al passato. Noi dobbiamo realizzare. Questa in politica è la sfida più complicata ma anche più bella. Perché da sindaci, da assessori, la soddisfazione tra approvare un piano e tagliare il nastro di un edificio, di una scuola che si apre, è molto differente, ve lo posso assicurare. A me piacerebbe inaugurare tante cose nei prossimi 5 anni, anche con l’opposizione che viene a tagliare il nastro insieme a noi.

La nostra sfida è realizzare, non discutere tra chi ha pianificato meglio nel passato. Noi in questo mandato dobbiamo realizzare e se realizziamo le cose che abbiamo detto il bene sarà di tutti, anche di chi durante la discussione ha avuto opinioni diverse. Dobbiamo realizzare meglio, realizzare cose più belle, darci degli obiettivi di qualità. Dobbiamo essere in grado di dare capacità alla città di realizzare cose nelle aree dismesse. Noi abbiamo mezza città cementificata tra aree ferroviarie e militare in luoghi che sono fondamentali per gli obiettivi che ho detto prima. Pensiamo alle aree intorno alla stazione dell’alta velocità. Noi dobbiamo essere l’amministrazione che riesce finalmente a sbloccarle. Ecco perché quella dei fondi europei è un’opportunità ad esempio per andare a ridiscutere con Ferrovie. Dobbiamo sbloccare, da una parte ottenendo le cose che Ferrovie per anni ci ha promesso e non ha mantenuto, dall’altra facendo investimenti che abbiano un senso. 

Abbiamo detto nel programma che per noi il futuro di Bologna è dedicato alla ricerca scientifica, alla cultura. Il Tecnopolo è solo un esempio ma ci sono già tanti insediamenti come i comparti universitari, il Cnr, il Cineca. Bologna è già piena, ci sono già 100 mila persone che studiano e lavorano in questo settore. Dobbiamo qualificare la capacità di questa città di trattenere queste persone. Di offrire loro welfare, scuola, educazione, qualità della vita, casa accessibile, costi sostenibili.

Le nostre politiche per la casa vanno in questa direzione. Perché Bologna se vuole essere una città progressista deve essere una città nella quale il ricercatore o l’imprenditore viene dall’altra parte del mondo per la qualità della vita ma anche una città nella quale le persone più fragili vengono sostenute e non discriminate. In questo senso ha ragione una politica pubblica. Le politiche progressiste e democratiche servono quando occorre redistribuire, quando occorre combattere la discriminazione. Per le politiche della casa abbiamo già iniziato a fare delle scelte che la vicesindaco presenterà poi in maniera più compiuta. 

Questo riguarda quale idea di urbanistica e di quartieri noi vogliamo portare avanti. Noi abbiamo già fatto la scelta di non consumare suolo ma di completare la riqualificazione di diversi comparti. Ci sono delle vocazioni delle nostre aree militari e ferroviarie che possono attirare investimenti pubblici. Da qui ai prossimi anni avremo circa 8 miliardi di investimenti tra autostrade, fondi europei e nazionali, Cassa Depositi e Prestiti e altri fondi pubblici. Occorre mettere avanti le nostre priorità. Occorre avere comparti dove il sistema di trasporto pubblico c’è, poli universitari dove ci sono i servizi, non solo le aule. Dobbiamo avere i quartieri pensati intorno alle comunità. Dobbiamo mettere mano anche agli strumenti approvati durante lo scorso mandato perché la nostra sfida è come fare bene tutto quanto detto finora. 

Se dobbiamo cambiare le regole per migliorare il rapporto con il mondo dell’impresa che fa questo tipo di investimenti, credo che queste possano essere corrette confrontandosi con gli ordini professionali e con tutte le categorie. La nostra città nel suo paesaggio urbano ha un valore, non si può pensare che la qualità degli edifici in una città non facciano la differenza. Purtroppo girando per Bologna si vedono alcuni errori del passato. Non possiamo pensare di scommettere sulla bassa qualità. Bologna non può essere sul lavoro, sulla qualità dei servizi, sull’ambiente una città scarsa. Deve essere una città competitiva, occorre un lavoro politico e tecnico molto forte.

Stesso discorso sulla parte educativa, perché la parte educativa è cittadinanza. Abbiamo discusso oggi in consiglio solenne sulla memoria il valore di quello che può essere la missione di Bologna a livello italiano ed europeo. Noi dobbiamo vincere anche qui una sfida. Dobbiamo essere la città migliore d’Italia nei servizi 0-6 azzerando le liste d’attesa, facendo gli investimenti. Ma non possiamo limitarci alla fascia 0-6. Dobbiamo avere l’ambizione di andare oltre perché non si smette di essere figli o genitori dopo i 6 anni. Oggi c’è tanto bisogno di innovazione nel comparto pedagogico-educativo nell’ambito 0-6 tanto quanto sul fronte degli adolescenti e dei ragazzi che sono una risorsa. A me non piace questa cronaca che dipinge i giovani di questa città come se fossero tutti teppisti e richiamo anche qualche politico a non sottomettersi a questo pensiero. Sicuramente c’è un problema di disagio giovanile, in tutte le città italiane ci sono episodi di violenza, di discriminazione, di bullismo. Ma se noi che dobbiamo promuovere soluzioni rincorriamo il fenomeno delle baby gang chiedendo legge e ordine vuol dire che non abbiamo capito nulla di cosa significa essere giovani in una città, di cosa significa scommettere sulla valorizzazione delle nuove generazioni.

Noi siamo i primi ad avere chiesto nel Comitato per l’ordine pubblico che ci fosse un impegno del Prefetto e delle forze dell’ordine su alcune zone di Bologna dove ci sono stati fenomeni seri e gravi. Ma fare sempre il +1 sulla repressione non si finisce da nessuna parte. Io invece credo che dobbiamo investire su un nuovo servizio pubblico dedicato agli adolescenti e alle famiglie, questo è il nostro compito, non fare gli sceriffi. Carabinieri e Polizia in questa città stanno lavorando bene, stanno combattendo l’infiltrazione mafiosa, stanno aiutando a liberare diversi rioni popolari dalla pressione dello spaccio. È lì che dobbiamo arrivare noi offrendo aggregazione, cultura, sport, servizi sociali e pedagogici. Il compito del Comune non è sostituirsi a Carabinieri e Polizia ma semmai di lavorare con loro senza i riflettori delle televisioni, senza la faccia del protagonismo di chi vuole intestarsi le battaglie poi il giorno dopo scompare, ma con il lavoro lungo di chi ogni giorno vuole risolvere i problemi. Perché risolvere i problemi fa la differenza fra la qualità della vita, e in alcuni casi il diritto alla vita, delle persone che abitano nella nostra città. Questo è molto più importante di 10 minuti in televisione o un articolo su un giornale.

In questo senso noi abbiamo un compito. Possiamo essere in grado di batterci per le disuguaglianze e per progetti importanti come quello della transizione ecologica se decidiamo di avere un approccio molto chiaro. Noi abbiamo scelto quello del comune da combattimento. Che non significa che vogliamo essere cattivi. Significa che vogliamo stare sul pezzo, che ci sono cose più urgenti di altri, che i valori sono importanti. Perché sono il discrimine tra la giustizia e l’ingiustizia, tra la verità e la finzione. E ci sono due o tre battaglie che in questo inizio di mandato io vi vorrei suggerire perché sono urgenti, oltre alle cose che fino adesso ho detto. 

Comune da combattimento significa che dobbiamo essere leali verso il Governo ma dobbiamo dire le cose come stanno. Non possiamo non evidenziare le cose che non funzionano. Sul lavoro ho già detto di come ci sia la necessità di una legislazione che tuteli e promuova i diritti delle persone che stanno in diversi settori. 

Noi abbiamo adesso un’urgenza che riguarda l’energia, le bollette. Ed è un’emergenza che vale per famiglie, imprese ma ancora di più per i Comuni. Non abbiamo ancora avuto modo di affrontare questo passaggio né in Consiglio né in Giunta ma le proiezioni sul nostro bilancio così come su quello dei comuni piccoli e medi dell’area metropolitana sono disastrose. Se il Governo non interviene e subito con una misura che aiuta i comuni ad affrontare la bolletta energetica, sono pochi i Comuni che riusciranno ad affrontare questa situazione. Certo, si tratta di geopolitica e tanti altri fattori di cui si legge sui giornali, ma noi abbiamo bisogno adesso di capire nei prossimi mesi come riusciremo a chiudere i bilanci. Ci sono Comuni, come il nostro, che probabilmente ce la faranno, ma ce ne sono altri che dovranno ribaltare il proprio bilancio anche a Bologna nella Città metropolitana. E noi non possiamo permetterci di non avere servizi educativi, lasciare anziani fuori dall’assistenza perché c’è stato un aumento del costo del riscaldamento degli edifici pubblici. Perché tutto ciò che il Comune non riesce ad affrontare lo ribalta purtroppo sui cittadini. Questa non è volontà politica, è la conseguenza delle cose. Il Governo ha fatto un DL Sostegni in cui ha cominciato a ragionare di questi temi ma non ha ancora colto nel segno. Insieme ad Anci dobbiamo fare una battaglia molto serrata ed ottenere risorse per il bilanci dei comuni. La bolletta energetica rischia di essere una voragine nei conti pubblici anche di Comuni come il nostro che, entro il 31/12, hanno approvato uno dei bilanci migliori degli ultimi anni. 

Ci sono poi settori come quello fieristico che non possono ancora aspettare molto per ripartire. Noi presenteremo presto un piano industriale come soci di Bologna Fiere. Abbiamo le idee molto chiare su dove debba andare la Fiera di Bologna sia sul modello di fiera che di rigenerazione del quartiere. Se non ci sono contributi da parte del Governo ci saranno fiere che dovranno chiudere e non possiamo raccontare questo a fiere come la nostra che sono tra le più competitive a livello italiano ed europeo.

Un comune da combattimento deve porsi verso se stesso con rigore la voglia di cambiare la gestione del sistema dei rifiuti e della pulizia degli spazi pubblici. La dignità della città passa da questo. Noi stiamo discutendo con Hera e con gli altri comuni, in particolare con l’agenzia Atersir di aggiungere o cambiare elementi nel contratto. È un passaggio fondamentale. I sacchi sotto i portici sono un aspetto che io vorrei portare a casa ma si tratta di un discorso generale. Noi abbiamo continue segnalazioni di cittadini su disservizi che non possiamo più accettare. Hera finalmente ha preso in considerazione questo, si sta firmando un nuovo contratto. Si tratta di questioni che non sono né di destra né di sinistra, sulla città pulita si può provare a lavorare insieme, magari avendo ricette diverse, ma penso che sia un obiettivo comune decidendo che rapporto vogliamo avere con Hera. E poi dobbiamo lavorare contro la maleducazione, l’educazione civica è fondamentale e credo che per Bologna sia un elemento decisivo. 

Un comune da combattimento riguarda anche cose molto più grandi di noi, innanzitutto quello che qualcuno chiama “i poteri che governano le città”. È indubbio che ci sono nei mercati che regolano il mondo del lavoro, il sistema della casa, del turismo, tantissime situazioni che inquinano le città dal punto di vista sia ambientale che sociale, poteri che non risiedono in questo nostro territorio. Poteri che solo direttive nazionali o europee possono regolamentare. Noi non possiamo ignorare come città questa sfida. Una grande Bologna si deve alleare con le altre città per ottenere leggi che siano in grado di qualificare e non di peggiorare l’economia dei nostri territori. Questo vale anche per quei poteri estrattivi che fanno parte di un modo di regolare la concorrenza che non la regola affatto e alla fine vince sempre il più forte. Si discuterà al Governo e in Parlamento di un disegno di legge che riguarda la concorrenza. Allora io mi chiedo se dobbiamo barattare il lavoro di chi vive nella nostra città, porta avanti una piccola media impresa o è lavoratore dipendente, con gli interessi finanziari di chi sta dall’altra parte del pianeta o se su questo tema dobbiamo cominciare a dire qualcosa anche noi, non subire solo quello che qualche parlamento decide. Non è populismo, ma allo stesso tempo non posso pensare che noi stiamo zitti davanti al superamento di qualsiasi tutela di settori che lavorano nel nostro territorio, sia che guidino un taxi, che gestiscano un albergo, che portino avanti un servizio nella nostra città. Servizi peraltro pubblici, regolati, che non possiamo trasferire su un applicazione con algoritmi a gestione privata. Significa semplicemente regalare la nostra economia, le nostre imprese a qualcun altro. Io credo che Bologna su questo debba battere un colpo con lo stesso approccio che abbiamo messo nella Carta per la logistica etica.

Questo significa trasparenza, che dobbiamo chiedere sia agli enti pubblici che alle aziende privati. Per quanto riguarda gli enti pubblici stiamo lavorando ad un forte salto di qualità nella pubblicazione di tante cose, tra le quali la filiera dei subappalti, penso che saremo la prima città in Italia a presentare una piattaforma in questo senso. Ce lo richiedono tutte le agenzie che lavorano contro le infiltrazioni mafiose nel nostro paese. Le infiltrazioni mafiose ci sono e visti gli investimenti pubblici dei prossimi anni saranno sempre più presenti, quindi dovremo essere ancora più forti, più trasparenti. 

E questa trasparenza deve valere anche per le imprese. Non le piccole e medie o le grandi del nostro territorio, radicate, che sono tutti i giorni con noi ai tavoli. Noi abbiamo per fortuna un tessuto artigianale, cooperativo, industriale manifatturiero straordinario. Io non farei a cambio tra le imprese industriali di Bologna e quelle di altre regioni.

Perché con queste imprese noi possiamo parlare, con questi imprenditori noi possiamo costruire dei progetti. Perché c’è un orizzonte etico che condividiamo, qui ci sono buone relazioni industriali. Ma non è così con tute le imprese che stanno arrivando o con i detentori di investimenti, fondi finanziari, algoritmi. Non è un discorso generico è un discorso molto circostanziato. Sul quale la nostra città deve avere un profilo da combattimento e non assolutamente un profilo subalterno. L’altra questione che abbiamo scelto riguarda il rapporto coi cittadini. Io ho detto con una frase qualche volta “sindaco di strada”, ovviamente spero non riguardi soltanto me l’idea di andare in mezzo alle persone e incontrare gli altri. Sindaco di strada non significa fare lo sceriffo – l’ho già detto – significa avere un approccio diverso innanzitutto culturale e politico nel campo delle nuove povertà. Essere andato a vedere gli operatori del servizio per i senza dimora e l’unità di strada per me non ha significato farmi fotografare per parare con un senza tetto, vorrei che fosse chiaro. Io sono andato da sindaco a vedere come lavorano ogni giorno delle persone che, con un contratto, rendono il servizio bassa soglia del Comune di Bologna tra i migliori in Italia, mi sono fatto spiegare come lavorano. Perché questo è un investimento pubblico. E’ la scelta che Bologna ha fatto diversi anni fa di essere una città che include e non che respinge. Non ho capito perché nel passato ci siamo vergognati di questa cosa e abbiamo preferito far finta di avere la pistola in tasca. Però, io ho cercato come sindaco di dire che la città della solidarietà viene prima di ogni altra cosa. E non sarà l’unico l’episodio che porterò avanti. Ne porterò avanti ancora e spero che con la Giunta e anche il consiglio comunale invece di andare in giro a fare delle fiaccolate scelga di investire sulla solidarietà e sulla qualità dei servizi pubblici. Perché io credo che essere progressisti e democratici significhi questo. Siccome la scelta che noi abbiamo fatto è quella di distinguerci anche politicamente credo che fare politica dicendosi le cose sia il sale della democrazia e anche finalmente la caratteristica di quello che siamo da questa parte o che dovremmo essere tutti quanti da questa parte. 

Questo è l’approccio sulla sicurezza, ma ho già speso parole, e questo dovrà essere l’approccio anche per i cantieri. Perché per noi fare investimenti sul tram, sul passante, sul servizio ferroviario metropolitano, comporterà produrre dei sacrifici come già sta avvenendo per il Pontelungo. Significa però andare in giro a parlare con le persone e dargli informazioni su quelli che saranno i disagi, assumersi degli impegni mettendoci la faccia e impegnandoci come abbiamo già detto a fare un fondo per indennizzare sostenere quelle attività commerciali che avranno delle problematiche per i cantieri. Perché senza il cambiamento, senza gli investimenti non si va da nessuna parte. Il nostro compito non è dir che non faremo mai niente, che stiano a casa e che tutto andrà benissimo. Perché non si finisce bene a fare così. Bisogna uscire noi di casa, dal palazzo, andare a parlare con le persone, spiegargli che le cose succederanno, ma che siamo un Comune forte, che ha superato tanti problemi, che ha le risorse per dare un amano alle imprese piccole del territorio che stanno lungo le strade interessate ai cantieri. E non per rassicurare con una pacca sulla spalla, ma per rassicurare e fare delle cose assieme. Come stiamo ad esempio facendo con il tavolo dei dehors con l’assessora Guidone che sta lavorando per affrontare l’uscita dall’emergenza di un settore come quello del commercio e della ristorazione che non ha bisogno di prebende ma di progetti condivisi. Questo credo che sia l’approccio che noi dobbiamo mettere in campo.

Ed è lo stesso principio che ci porterà ad andare nei quartieri con il trasferimento dell’ufficio del sindaco e della squadra una settimana almeno al mese a partire da marzo. Doveva essere un’attività avviata nel mese di gennaio poi il Covid ha preso il sopravvento quindi abbiamo preferito spostarlo di qualche mese ma noi stiamo già preparando questo nuovo modo di agire. Perché noi dobbiamo dare nuova centralità ai quartieri, la vita comunitaria, i servizi la prossimità. Questo non può essere fatto da qui ma deve essere fatto in mezzo alle persone, valutando giorno per giorno quelli che sono i risultati anche dell’Amministrazione, cambiando le decisioni assunte quando si verificano dei problemi. Questo significa dar valore alla prossimità ma significa anche dare valore alla tradizione di questo Comune che per primo ha approvato un regolamento per la gestione condivisa dei beni comuni che ha inventato i patti di collaborazione, ha messo in campo coraggiosamente il bilancio partecipativo al quale lo ricordo prima che arrivassimo noi hanno votato all’ultima edizione 22mila persone. Significa fare i progetti per le scuole insieme ai cittadini, significa discutere del fatto che le nostre scuole hanno bisogno di maggiore qualità dell’edilizia e del verde. L’assessore Ara sta lavorando su questo e questo sarà uno dei temi fondamentali del mese pedagogico che promuoveremo assieme. Significa andare a vedere cosa sono le microaree: con l’assessore Rizzo Nervo stiamo lavorando a questo. Perché i fondi europei che abbiamo devono servire a rafforzare i nostri servizi sociali di prossimità. Ma queste cose vanno progettate sul campo, bisogna parlare con gli operatori che portano avanti le cose, che faranno le Case della comunità tanto quanto gli anziani i cittadini, le famiglie che lavorano in questo senso. E i dati che avremo a disposizione – l’assessore Bugani su questo è molto molto attento – richiederanno un investimento in tecnologie. Noi non possiamo essere solo quelli che investono sul Tecnopolo. Noi dobbiamo essere quelli che vanno tra le persone e quando non riescono a usare le tecnologie le aiutano ad affrontare questa sfida che è enorme nell’inclusione attiva delle persone di qualsiasi generazione. Queste sono alcune o tante delle cose che noi dobbiamo ottenere e fare in questo mandato.

Io credo in particolare che i prossimi 5 anni saranno gli anni di una Bologna più grande, certo, più inclusiva, più tecnologica, che finalmente metterà a terra degli investimenti, sarà una città più ambiziosa di quella che abbiamo conosciuto e sicuramente sarà una città che, a livello nazionale ed europeo, avrà voglia di dire la propria.

Su questo voglio concludere. Abbiamo assistito in questi giorni a un dibattito nazionale un po’ strano: abbiamo eletto un Presidente della Repubblica che credo sarà una garanzia per il nostro Paese, ma faremmo un torto a noi stessi se non dicessimo che la politica questa settimana si è rotta, si è rotto di nuovo il rapporto tra i cittadini e la politica, anzi in realtà era già rotto da un po’. È il motivo per cui per fortuna il Parlamento, che la Costituzione ha portato a eleggere un Presidente in maniera così ampia, è stato centrale come previsto dalla carta costituzionale, però è indubbio che i partiti che fanno parte di questo Parlamento non siano in grado oggi di recuperare un rapporto con i cittadini. Io auspico che questo succeda di nuovo, auspico che la politica sia in grado di nuovo di collegare le proprie azioni a quella che è la ricaduta delle questioni sociali.

Per questo Bologna è fondamentale, noi parliamo per noi e ognuna dirà la sua. Penso che dare un’idea politica di Bologna i questo momento, dire che Bologna non è solo una città progressista e democratica, è anche dare una mano a trovare una nuova via per riavvicinare i cittadini alle istituzioni. Bologna ha questo compito, ce l’ha, perché noi abbiamo la possibilità di difendere il lavoro e di promuovere relazioni industriali dignitose; perché noi possiamo promuovere un’idea di scuola pubblica; perché possiamo essere tra le prime cento città in Europa a raggiungere la neutralità climatica; noi possiamo proporre delle leggi sui temi dell’infanzia e dell’adolescenza, lo possiamo fare perché abbiamo un patrimonio alle spalle, perché abbiamo tante competenze, perché possiamo fare dei percorsi partecipati.

Credo che dovremo scegliere in questo mandato dei riferimenti valoriali e anche dei simboli da portare avanti. Ecco perché, in conclusione, come ho già comunicato alla moglie e ne abbiamo già parlato con un bimbo di undici anni che è venuto a trovarci in ufficio per scambiare qualche parola con me e la vicesindaca Emily Clancy, di dedicare una nostra scuola dell’infanzia a David Sassoli. Credo sia una scelta importante, molte delle nostre scuole dell’infanzia hanno nomi di personalità importanti della storia italiana; è una scelta che chi è vento prima di noi ha fatto, perché le scuole dell’infanzia sono una delle cose più importanti che abbiamo, anche perché le abbiamo fatte da soli, se avessimo aspettato lo stato non esisterebbero – ricordo che sono le rime scuole paritarie del sistema scolastico italiano, -, proprio per questo motivo abbiamo dato dei nomi importanti alle scuole. Per l’epoca in cui viviamo, credo che il nome di David Sassoli sia tra questi nomi importanti.
Vorrei finire leggendo una sua importante citazione, che ritengo attinente alle cose di cui vi ho parlato adesso. In particolare, quando David Sassoli in un suo discorso al Parlamento Europeo ci ha richiamati a una consapevolezza, riguardo a questa parola magica di questi ultimi due o tre anni, che è ‘resilienza’:

‘Puntare sulla resilienza significa già in un certo qual modo dichiararsi sconfitti, definirsi vittime e vulnerabili. Più che la resilienza, l’Europa deve quindi ritrovare l’orgoglio del suo modello democratico. Dobbiamo fermamente desiderare che questo modello di democrazia, di libertà e di prosperità si diffonda, che attiri, che faccia sognare e non solo i nostri stessi concittadini europei, ma anche al di là delle nostre frontiere. Far risplendere il nostro modello democratico significa dimostrarne il successo, dimostrarne l’efficacia nelle sue politiche pubbliche e la capacità di ottenere risultati tangibili grazie a una ferrea determinazione’.

Auguro a Bologna e a tutti noi, di avere questa ferrea determinazione, perché la dobbiamo alle persone che ci hanno votato e anche quelle che, con minore fiducia, non sono venute a votare. In generale, dobbiamo lavorare per tutti e per tutte e credo che la nostra determinazione sarà fondamentale. Grazie e buon lavoro”.

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