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Carceri, tragedia a Sollicciano

Tragedia nel carcere di Sollicciano a Firenze. Un collaboratore di giustizia di 54 anni si è suicidato nella sua cella, in maniera dubbia

Pubblicato il 26 Giugno, 2020

Tragedia nel carcere di Sollicciano a Firenze. Un collaboratore di giustizia di 54 anni si è suicidato nella sua cella, giovedì 25 giugno, in condizioni da verificare. La notizia è arrivata mediante un comunicato dell’organizzazione sindacale della Polizia penitenziaria (UILPA), dove si legge: “Si è impiccato, sembra legandosi alla spalliera della propria banda, nel Centro d’accoglienza del carcere di Sollicciano, un detenuto di origini casertane, classe 1966, collaboratore di giustizia. Sembra temesse – continua la nota stampa – per la propria incolumità”. Da qui le indagini per accertare i fatti, data la delicatezza del suo ruolo di collaboratore di giustizia. Sempre secondo il sindacato della polizia penitenziaria, l’uomo sarebbe stato trovato ancora in vita dagli agenti verso le 18.00, ma non sono bastati i soccorsi anche con l’ausilio del 118.

Sulla notizia del suicidio interviene anche il Garante Toscano  Giuseppe Fanfani: “Appare intollerabile l’inerte indifferenza. Solleciterò governo e ministero. La vita di un uomo merita più investimenti di un monopattino. Non è più tollerabile questa inerte indifferenza. Solleciterò  governo e ministro perchè molte delle risorse oggi a disposizione siano investite sulla cura e l’assistenza dei detenuti”.

“Il suicidio, per di più di un collaboratore di giustizia – continua il Garante  – ripropone nuovamente e con estrema gravità il problema dell’integrità personale, della sicurezza e dell’assistenza e cura verso i più fragili all’interno delle carceri. Un tema che dovrebbe qualificare la democrazia di un popolo e il rispetto dei principi costituzionali, e che invece tutte le volte ci pone di fronte a una pratica quotidiana e a una situazione carceraria della quale la collettività dovrebbe vergognarsi”.

“Quest’uomo aveva iniziato un cammino diverso e di redenzione e come tale doveva essere ancor di più tutelato e protetto anche nelle conseguenti note fragilità. Il silenzio, colpevole e l’indifferenza evidente del legislatore e del Governo sono tangibili. Più che ad un bonus mobilità è necessario un intervento deciso, serio e finalmente tangibile sui nostri istituti penitenziari”, conclude il Garante.

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