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Altra bufera per Chiara Ferragni, il Codacons presenta un nuovo esposto: dubbi sulla beneficenza con Oreo

Pubblicato il 19 Gennaio 2024

Chiara Ferragni sta provando a mantenere un profilo basso dopo lo scandalo del “Balocco Pink Christmas” e, a parte qualche fugace foto di un felice quadretto di famiglia, sta limitando di molto la sua presenza sui social. Nonostante ciò sembra impossibile spegnere i riflettori su di lei, anzi, un’altra bufera è alle porte.

Il Codacons ha infatti annunciato di aver presentato un esposto all’Antitrust e in Procura per l’operazione di beneficenza Oreo che ha visto coinvolta proprio l’influencer.

Dubbi sulla beneficienza della capsule collection 2020

Il Codacons fa riferimento alla capsule collection 2020 pubblicizzata sui social dall’imprenditrice digitale che, come si legge nell’esposto, inviava messaggi rivolti al pubblico dove “si affermava che il cento per cento del ricavato delle vendite di tali abiti sarebbe andato in beneficenza per iniziative contro il Coronavirus”.

Il Codacons chiede che vengano verificati i dati dell’operazione, le modalità di assegnazione delle donazioni e dell’utilizzo dei fondi raccolti. In sostanza si vuole appurare la massima trasparenza dell’operazione.

L’associazione per i consumatori inoltre ha fatto “una istanza d’accesso all’azienda dolciaria finalizzata ad avere tutti i dati circa la campagna di solidarietà avviata con l’influencer”, ritenendo che Oreo abbia rapporti di tipo commerciale con la Ferragni.

A supporto di questa affermazione il Codacons ha anche mostrato una serie di contenuti su Instagram della Ferragni dove si parla dei prodotti Oreo con l’etichetta Adv, cioè advertisement (pubblicità).

Gli sviluppi sul caso Balocco

Proseguono intanto le indagini delle Procure di Milano e Cuneo per fare luce sul caso Balocco e al momento l’ad dell’azienda dolciaria Alessandra Balocco e Chiara Ferragni sono indagate per l’ipotesi di reato di truffa aggravata.

Il Codacons ha fatto sapere di aver raccolto oltre 250 segnalazioni di consumatori che avrebbero acquistato il pandoro, con la convinzione che una parte della somma pagata sarebbe poi stata donata in beneficenza all’ospedale Regina Margherita.