Pubblicato il 31 Gennaio 2023
Così Piero Fabbri.
È drammatico l’interrogatorio di garanzia del 56enne, accusato di omicidio volontario, sotto il profilo del dolo eventuale, per la tragica fine nelle campagne di Assisi dell’amico Davide Piampiano, lasciato agonizzare senza chiamare i soccorsi.
Lo ha reso stamani davanti al Gip nel carcere di Capanne a Perugia. Per la prima volta, il “Biondo”, così come lo conoscono tutti, ammette di essere stato lui a esplodere il colpo mortale e spiega anche perché ha sempre mentito sulla dinamica, raccontando a tutti, anche ai carabinieri, che il ragazzo era stato raggiunto da un colpo del suo stesso fucile, dopo uno scivolone sul terreno impervio.
L’interrogatorio avviene in camera di consiglio, quindi senza la presenza di pubblico, e perdipiù dentro una galera.
Nessun estraneo assiste alle frasi di pentimento del muratore assisano, per le quali bisogna affidarsi alle parole del suo avvocato Luca Maori.
È lui a riferire anche la spiegazione che Fabbri dà del suo atteggiamento, prima la menzogna anche col terzo protagonista della battuta al cinghiale, un coetaneo di Davide, poi con la famiglia, dinanzi alla quale ha ostentato per giorni la sua partecipazione al dolore, in prima fila alla camera ardente, in prima fila anche al funerale.
L’accusato, tuttavia, nega di aver depistato le indagini ed è questo il passaggio decisivo, perché l’accusa di omicidio volontario regge solo se davvero Fabbri ha tenuto quell’atteggiamento omissivo che gli contesta la procura di Perugia, accettando il rischio che Davide morisse, pur di non apparire lui come il responsabile dello sparo, nascondendo il suo fucile, spogliandosi degli abiti da caccia e non rispondendo alle disperate richieste di aiuto del ragazzo: “Non lasciarmi qui a morire”, almeno stando alle immagini riprese dalla telecamera Go Pro che Piampiano portava nel berrettino e che è volata a terra dopo la fucilata al petto.
Ma l’occhio elettronico ha continuato a riprendere, 17 minuti di immagini, quattro dei quali particolarmente significativi, che sono alla base dell’ordinanza di custodia cautelare con la quale il “Biondo” è stato arrestato venerdì scorso, a distanza di due settimane dalla tragedia, avvenuta nel tardo pomeriggio dell’11 gennaio a Piano delle Carceri, sul Monte Subasio.
Versione che farebbe venir meno il reato e farebbe cadere il dolo eventuale, ma il video della Go Pro resta pesantissimo.
Toccherà ai Pm di Firenze capire meglio. Gli atti sono già stati trasmessi alla procura toscana perchè la madre di Davide, Catia Roscini, è un giudice onorario del tribunale di Spoleto e il codice prevede in questi casi che le indagini passino al distretto di corte d’appello più vicino, per evitare conflitti di interesse.
Intanto, Fabbri fornisce al Gip la sua verità sull’incidente: “Era quasi buio, ho sentito un fruscio e ho sparato. Credevo fosse il cinghiale”.
Poi la telefonata al terzo cacciatore, che infine chiamerà i soccorsi, in dialetto: “Curre, Curre che a Davide gli è partito un colpo. Tocca arcacciallo di qui, io sto di qui, cerco de non fallo svenì”.
I soccorsi? “Chiamali tu”, dice all’altra doppietta.
Un incidente, insomma, che le bugie di Fabbri trasformano in una storia diversa, forse senza pietà e senza legge. Mamma Catia confessa a un sito locale, Umbria 24: “Può capitare ma quello che ha fatto Brogi dopo è imperdonabile. Io però non cerco vendette e la sua sorte giudiziaria è l’ultimo dei miei pensieri”.