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Ex Milan Robinho ‘stuprò sua vittima umiliandola e sviò le indagini’

Pubblicato il 9 Marzo 2021

Rese note le motivazioni della condanna a 9 anni emessa dai giudici di Milano

“Robinho ha umiliato la vittima dello stupro e ha sviato le indagini’. Sono state rese note motivazioni della condanna emessa nei confronti dell’ex calciatore dai giudici di Milano lo scorso dicembre. “Il quadro probatorio dimostra in modo inequivocabile lo stato di totale incoscienza della persona offesa prima dei rapporti sessuali, dalla stessa subiti senza essere in grado di opporsi. L’assoluta mancanza di consenso (…) era evidente e chiara agli imputati i quali ne hanno approfittato per soddisfare i propri istinti sessuali”, è uno dei passaggi delle motivazioni con cui i giudici della prima sezione della corte d’appello di Milano hanno confermano lo scorso dicembre la condanna per Robson de Souza Santos, in arte Robinho, ex attaccante del Milan, a 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza, all’epoca dei fatti 22enne, avvenuta il 22 gennaio 2013 in una discoteca di Milano. Pena confermata, sempre a 9 anni, anche per il suo amico Ricardo Falco. “Non si ravvisa alcun elemento positivo diverso dall’incensuratezza, di per sé sola non sufficiente, per concedere agli imputati le circostanze attenuanti generiche. Non può, infatti, essere in alcun modo valorizzato il comportamento processuale degli stessi, i quali hanno da subito cercato di sviare le indagini offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata, ribadita negli interrogatori acquisiti agli atti”, scrive la corte.,”E’ poi del tutto irrilevante la circostanza che De Souza abbia fornito i nominativi degli altri soggetti, i quali in quel momento erano già stati ampiamente identificati”, si evidenzia nelle 25 pagine di motivazioni. “Il fatto è estremamente grave – per le sue modalità, per il numero dei soggetti coinvolti e per il particolare disprezzo manifestato nei confronti della vittima che è stata brutalmente umiliata e utilizzata per il proprio piacere personale – il che rende la pena irrogata, anche se superiore al minimo edittale, del tutto equa e proporzionata”, aggiungono i giudici. “A ciò si aggiunga che, a fronte delle floride condizioni economiche dell’imputato decantate dalla difesa e che avrebbero costituito l’obiettivo ultimo della denuncia, egli non ha inteso avanzare neppure una offerta risarcitoria che, anche nella prospettiva difensiva di una mancata percezione del dissenso, avrebbe potuto trovare spazio”, concludono i giudici che hanno condannato gli imputati al pagamento delle spese legali e di quelle della vittima. La violenza, secondo le indagini, è stata consumata dall’ex calciatore rossonero, con altre cinque persone, quattro delle quali ancora irreperibili. Secondo l’accusa, il gruppo avrebbe fatto bere la giovane fino al punto da renderla incosciente e poi l’avrebbero violentata a turno in un guardaroba di un locale notturno della movida. Quella sera la ragazza, che già conosceva il calciatore, si era ritrovata con il gruppetto e due amiche al Sio Café per festeggiare i suoi 23 anni. Ma, come si legge nel capo di imputazione, dopo che le sue due amiche se ne erano andate e l’ex attaccante del Milan aveva accompagnato a casa la moglie, il gruppetto le avrebbe offerto “da bere al punto da renderla incosciente ed incapace ad opporsi” all’abuso. Secondo la ricostruzione dell’accusa e in base alle conversazioni intercettate non ci sarebbero dubbi che il gruppo abbia agito approfittando di “condizioni di inferiorità psichica e fisica”.