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Getta il bambino a mare: “Vogliamo farlo schiattare?”

Pubblicato il 3 Febbraio, 2023

Era la sera del 2 gennaio 2022 quando, a Torre del Greco in provincia di Napoli, si consumò un terribile tragedia: una donna, Adalgisa Gamba, lanciò in mare suo figlio di 2 anni e mezzo uccidendolo.

Sembra che la donna, accusata di aver soffocato il bambino, temeva che il figlio soffrisse di autismo e dopo averlo lanciato a mare si gettò anche lei tra le onde.

Alcuni presenti riuscirono a salvare la donna e a recuperare il piccolo, ma purtroppo per lui non c’era più niente da fare come confermarono i soccorritori sopraggiunti.

Bimbo ucciso a mare: gli inquietanti messaggi e le agghiaccianti ricerche su Google

La vicenda chiaramente suscitò grande scalpore e le attenzioni si concentrarono sulla madre e soprattutto sulla sua condizione psicologica.

La Corte di Assise di Napoli, come conferma Il Mattino, ha disposto una perizia psichiatrica della donna per accertare se al momento della tragedia fosse capace di intendere e di volere. Il pm Andreana Ambrosino della Procura di Torre Annunziata e gli avvocati della parte civile si sono opposti, ma la decisione è arrivata dopo una breve camera di consiglio benché la donna già fosse stata sottoposta ad altre due perizie.

Nel corso dell’udienza è stato ascoltato l’ufficiale dei carabinieri che ha portato avanti le indagini, rispondendo a delle domande ed elencando una serie di messaggi inquietanti che la donna aveva inviato al marito, tra i quali “non dorme, forse ci vuole il ciuccio, o vogliamo farlo schiattare e magari si toglie il vizio?”.

Il militare ha inoltre indicato una serie di ricerche ravvicinate sull’autismo, poiché la donna era convinta che il figlio ne soffrisse benché non ci fossero conferme mediche. Anzi, proprio leggendo alcuni articoli su Internet, la donna si è convinta che il figlio fosse autistico.

Ad aggravare ulteriormente la posizione della madre ci sono le successive ricerche, ancora più agghiaccianti, che comprendevano parole come “morte bimbo strangolato”, “ucciso con candeggina”, “buttare figlio in mare”, “bambino ucciso perché piangeva”, “uccide figlio disabile”, “strage familiare”, “aggressione con coltello pena”.

Questi messaggi, secondo l’accusa, sono chiari segni che la donna era perfettamente in grado di intendere e di volere e che anzi la sua azione non fosse stata dettata da un raptus ma ampiamente premeditata. Secondo i difensori invece erano campanelli d’allarme che preannunciavano segnali di confusione dettati dalla scarsa lucidità mentale. Dalla perizia psichiatrica si saprà qualcosa di più.

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