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“Ridateci la Gioconda”, gli eredi di Leonardo trascinano la Francia in tribunale

Pubblicato il 10 Maggio 2024

“E ora ridateci la Gioconda” – questa frase goliardica divenne una sorta di tormentone, uno slogan simpatico per irridere i francesi dopo la vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 proprio contro la Francia. Adesso però quella frase l’hanno detta effettivamente i 14 discendenti di Leonardo da Vinci alla Francia per riavere indietro il quadro più famoso al mondo che, secondo loro, appartiene a loro diritto.

Come riportato da La Nazione, l’associazione International Restitutions a nome dei discendenti del Genio ha chiesto alla Francia la restituzione della Monna Lisa, esposta al Museo del Louvre di Parigi dove ogni anno viene vista da circa 20.000 visitatori.

Perché i discendenti hanno chiesto la restituzione della Gioconda?

L’associazione, tramite un comunicato, ha fatto sapere che agisce in nome dei 14 discendenti di Leonardo, certificati dagli studiosi Alessandro Vezzosi e Agnese Sabato. Di loro si sa ben poco, solo che vivono in Toscana, e ritengono che il re di Francia Francesco I a suo tempo acquisì la Gioconda in modo fraudolento, o comunque illegale.

Come spiega l’organizzazione non c’è alcun documento che attesta la vendita o la donazione del quadro e inoltre il re se ne sarebbe appropriato tramite il diritto d’albinaggio, una vecchia legge in vigore nella Francia del XVI secolo secondo la quale i beni dei cittadini stranieri morti in territorio francese senza eredi venivano ereditati di diritto dalla Corona.

La palla passa al Consiglio di Stato francese

La giustizia francese ha già protocollato l’atto in questione lo scorso febbraio e adesso la patata bollente passa al Consiglio di Stato francese che dovrà decidere il da farsi. Intanto Robert Casanovas, docente e presidente di International Restitutions, ha detto che il diritto d’albinaggio è una legge che appartiene al passato e che oggi non è giuridicamente rilevante, anzi è in contrasto con le modalità di acquisizione delle opere d’arte vigenti attualmente nell’Unione Europea.

Se la richiesta dovesse essere rigettata, ipotesi piuttosto probabile, Casanovas ha fatto sapere che non si fermerà e che presenterà ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.