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Gli 80 anni del card. Scola: ecco cosa ha detto al settimanale “Gente Veneta”

Pubblicato il 8 Novembre, 2021

ESTRATTO INTERVISTA AL CARDINALE ANGELO SCOLA CHE IL 7 NOVEMBRE HA COMPIUTO 80 ANNI

Intervista di Roberto Donadoni tratta dal settimanale diocesano di Venezia “Gente Veneta” n° 41, 5 novembre 2021

Card. Scola, alla soglia degli 80 anni, quali sono i ricordi, quali i sentimenti presenti nel cuore?

«La mia vita è già stata lunga e anche molto bella, cioè – per utilizzare liberamente un’espressione di Claudel – un misto di gioia e di dolore. Adesso si tratta di imparare che ancor più bello sarà, come per ogni cristiano, vedere il Volto di Dio. La nostra vita è una sola. Si tratta di riconoscere e accettare la continuità tra questa tappa terrena e quella che ci attende dopo la morte».

Oggi l’umanità vive costantemente situazioni di crisi di ogni tipo, compresa quella esistenziale. E più volte Papa Francesco ha ribadito che non siamo più nella cristianità, che noi cristiani non siamo più né gli unici, né i primi a produrre cultura. La fede spesso non è più un presupposto del vivere anche nella comunità cristiana. Cosa fare?

A ben vedere la strada è semplice, è la stessa degli apostoli: riconoscere che Gesù è il volto di Dio in mezzo a noi. Con la missione, affidatagli dal Padre, di dare la vita per noi, per sconfiggere il peccato come obiezione radicale e spalancarci le porte della Casa sempre aperta della Trinità. […]

Alcuni giovani mi dicono: “Non so che farmene della fede, certo non ho nulla in contrario, ma che cosa dovrebbero darmi la fede, la Chiesa? Io sto bene anche senza”. E ancora: “Perché un giovane dovrebbe scommettere sulla persona di Gesù dentro una Chiesa piena di scandali e peccati? Io non ho bisogno della fede, vivo lo stesso”.

Questo approccio è il segno clamoroso della crisi che stiamo attraversando. Il giovane dice: “Io non ho bisogno della fede”, ma dire questo è come dire che non è necessario un senso per vivere, è come decidere di salire in cima a una montagna e affermare di non essere affatto interessati al sentiero. Questa è la prova che la nostra forza educativa è molto diminuita, perché molto è diminuita la nostra santità, cioè la certezza di Cristo come centro degli affetti, del lavoro, del riposo, nella vita quotidiana. Grazie a Dio ci sono ancora uomini e donne con una fede impressionante, ma forse sono sempre più una minoranza. Certo, la Chiesa ha attraversato altri periodi di prova, e il Signore le ha promesso l’assistenza continua e indefettibile dello Spirito. Proprio sullo Spirito noi dobbiamo poggiare la nostra fiducia e chiedere in modo incessante il nostro compimento in Cristo.

Andando avanti con l’età, è inevitabile una domanda. Cosa pensa riguardo alla morte, alla sua morte, Eminenza? Come finirà la storia della nostra vita? Non ha dubbi sulla risurrezione dei corpi?

Non ho dubbi sulla risurrezione della carne. Certo, la morte mi angustia, come poco o tanto angustia ogni uomo, e non credo a quelli che dicono di non provare angustia quando la morte è imminente. Angustia come ristrettezza del cuore, della mente, dell’azione. Un errore che capita di fare è quello di concepirsi come destinati a due vite, una quaggiù e una nell’aldilà. Invece, la vita è una sola: essa incomincia qui e si compie nell’aldilà. Questo è il salto necessario anche al livello della predicazione e della comunicazione, e per il resto – siccome c’è unità di vita – si tratta di incrementare fin da qui, con la preghiera, l’Eucarestia, l’amicizia di comunione, la fraternità, l’impegno con il bisogno umano, la passione perché ogni uomo possa incontrare Colui che dà senso a un percorso di vita, e lo possa documentare agli altri. In ciò, una grande forza – almeno per quel poco che sperimento – viene dalla Madonna.

Lei ha conosciuto cinque Papi – Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e da ultimo Papa Francesco. Qual è stato il suo percorso con questi cinque pontefici?

Ho conosciuto Paolo VI come arcivescovo di Milano, e ho approfondito la sua personalità come suo successore a Milano. Ho avuto modo di leggere molti dei suoi discorsi, da cui si impara sempre. È stato una personalità eccezionale, come oggi se ne incontrano di rado. Penso all’intuizione che ebbe da molto giovane, negli anni ’30, quando disse che il mondo della cultura italiana aveva già abbandonato Gesù.

Non ho mai incontrato di persona Giovanni Paolo I, ma sono stato suo successore sulla cattedra di Marco a Venezia, dove tutti mi hanno parlato della sua straordinaria bontà e del suo permanente sorriso. Sono rimasto molto colpito dalla sua rubrica sul Messaggero di sant’Antonio, in cui la sua straordinaria forza catechetica emergeva in maniera singolare.

Giovanni Paolo II è il Papa cui io, personalmente, devo tutto, perché, nonostante i miei limiti, ha scommesso su di me oltre ogni misura. Prima mi ha coinvolto in alcuni suoi lavori, poi mi ha nominato Vescovo e in seguito Rettore della Lateranense, che è l’università del Papa e, per finire, Patriarca di Venezia – che è sempre nel mio cuore – e la chiamata a far parte del collegio dei cardinali. E tutto questo nel contesto di una grande amicizia, con la possibilità di incontrarlo con una certa regolarità con grande profitto.

Con Benedetto XVI siamo amici dal ’72, dall’inizio di Communio, e, siccome lui ha una memoria straordinaria, nei nostri incontri rinnoviamo la nostra amicizia anche tramite il racconto di tante cose che abbiamo vissuto insieme.

Papa Francesco l’ho incontrato come Rettore della Lateranense nelle mie visite a Buenos Aires, poi alle riunioni del Sinodo, e lo vedo oggi attraverso il magistero e l’intensità e l’originalità della dedizione. In particolare, nel suo viaggio a Milano è avvenuto tra noi un abbraccio di vera fraternità non privo di speciale commozione. Il Papa è il Papa, colui che ha la responsabilità di guidare la barca di Pietro: occorre anzitutto partire dal rispetto, dal riconoscimento di questo dato. Personalmente sono colpito dagli Angelus di Papa Francesco. Sono molto profondi, belli e popolari, nel senso nobile del termine. Sono un’occasione di ripresa e recupero della vita cristiana. Io cerco di imparare dal suo stile di relazione con le persone.

Nel giorno del suo 80° compleanno, che augurio fa al Popolo di Dio che ha avuto la fortuna di conoscerla? Come festeggerà?

Quest’anno, su consiglio dei medici, per via della mia salute sostanzialmente non sono potuto uscire; però, in occasione del mio compleanno, celebrerò una Messa nella Basilica di Lecco. L’augurio è che il popolo cristiano delle nostre terre mantenga almeno la nostalgia della fede, perché vede che il quotidiano – fatto di affetti, di lavoro, di riposo – senza la fede non rende, non dà gioia, diventa un peso angustiante. Auguro a ciascuno dei battezzati di ritrovare la strada di casa, la Chiesa, e a noi preti, senza pretese esagerate, di vivere per primi ciò che proponiamo.

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