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Un po di psicologia: il nostro virus quotidiano

Pubblicato il 13 Giugno, 2020

E un giorno ti svegli stupita e di colpo ti accorgi che esiste un virus. Prafrasando Guccini, ci siamo svegliati e non eravamo più gli stessi, forse. Ci siamo svegliati e abbiamo iniziato a dar colpe. Ai cinesi, a Bill Gates, al 5G. L’esperienza vissuta dalla chiusura a questa parte per molti si è integrata nel flusso della vita e sta diventando un ricordo su cui scherzare, si spera, con gli amici fra qualche mese. Per altri si è incistata, ha mutato solo forma e ha iniziato a scalfire sicurezze e certezze. Ha generato pure odio e aggressività, a quintali.
L’emergenza sanitaria lascerà segni su molti di noi. Quali? E su chi? E poi, Perché? Bisogna iniziare dalle risorse che ognuno può mettere in campo per tentare un bilancio.

Vedi alla voce “famiglia”. Quella disfunzionale è quel gruppo di persone che a vederli dall’esterno potrebbero alloggiare senza problemi nel famoso mulino della pubblicità. In realtà è un nucleo in cui gli equilibri di coppia e familiari si reggono su compromessi patologici, e sulla delega delle nevrosi dell’interno sistema a un solo membro (povero lui) che alcuni psicologi chiamano “paziente designato”. La convivenza forzata di questi mesi, credo, non ha fatto altro che inasprire le condizioni di compromesso richieste alla sopravvivenza di queste famiglie. Non a caso molti interventi psicoterapeutici vengono richiesti proprio a partire dalla fase 2, quando le catene vengono allentate. Sembra paradossale: si può uscire, via i legacci delle restrizioni, fine della clausura… ma proprio adesso si va in crisi. Perché?
Vai alla voce “risorse”. Il governo ci ha passato la palla. Ora dobbiamo convivere col virus, conoscerlo, apprendere cosa si può o non si può fare, pena la risalita dei contagi. Ce la giochiamo noi con i nostri comportamenti, con la distanza, con il rispetto delle regole. Sulla nostra testa la spada di Damocle della ripresa di misure restrittive e coercitive. Serve coraggio, signori, e senso di responsabilità. Ergo, se coraggio ne hai tenti di dare alla vita post chiusura tutta la parvenza di normalità che le necessita per esprimersi e riempirsi. Siamo animali sociali, ma dobbiamo dare alla nostra socialità una veste diversa. Se invece non ne hai… Molte persone è adesso che crollano: si chiudono in casa più di prima, evitano il parco anche se è aperto, scelgono la solitudine. Hanno paura. In questi casi la quarantena ha inferto duri colpi all’assetto emotivo delle personalità più fragili. Non tutti sappiamo reagire alla perdita di qualcosa perché elaborare un lutto (si tratta di questo, infondo?) non prevede un libretto di istruzioni. Se la quota ansiosa preesistente nella vita di una persona è intensa le conseguenze sono l’incapacità di riprendere le attività accettando i compromessi. Se al contrario le risorse sono già in dotazione, la paura è vinta e si riparte.
C’è da considerare la sollecitazione che gli ultimi mesi hanno imposto alle nostre capacità d’adattamento: stili di vita diametralmente opposti da adottare dall’oggi al domani, e poi di nuovo daccapo. Non proprio una passeggiata, sopravvive chi immagina. William James disse: “Iniziate ad essere ora quello che vorrete divenire d’ora in avanti”. A me sembra un buon consiglio.
Volgiamo l’attenzione a coppie e matrimoni? Stesso discorso. Un casa piena di crepe prima o poi crolla. L’ultimo peso si chiama convivenza forzata e fa schiantare travi e mattoni. Se in una storia non ci sono affiatamento e dialogo, probabilmente collassa. Ma non diamo la colpa a un virus. A un matrimonio in crisi va bene qualsiasi pretesto per scrivere la parola fine ed è vero pure il contrario. Chi è in grado di scorgere le crepe e correre ai ripari, avrà una casa anche più robusta di prima.
È tempo anche di potature, dopo la quarantena. Relazioni amicali o di parentela seguono le stesse regole che seguono i neuroni per formare un cervello in via di sviluppo. Se funziona, mantengo. Altrimenti elimino. Perché proprio adesso? Perché i cambiamenti imposti consentono a alcuni di noi di ascoltarsi, di analizzare a fondo quello che non va.
Per farsi domande e liberarsi del superfluo, di tempo ce n’è stato.

Dott. PierPaolo Giusti Psicologo e Psicoterapeuta

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