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Il Sacco di Prato (prima puntata)

Pubblicato il 23 Agosto, 2020

Tra il 1400 e il 1500 l’Italia visse un periodo florido economicamente e culturalmente  con pulsioni libertarie e repubblicane. Già un secolo prima il territorio entro le mura di Prato era detta Terra di Prato e nel 1313 si era posta sotto la protezione del Re Roberto di Napoli. Nel 1350 fu ceduta a Nicola Acciaioli del Regno di Sicilia e successivamente per 17.500 Fiorini venduta a Firenze.

 Prato si inseriva bene nel contesto fiorente del 1400-1500. Da  sempre dedita ai commerci, poco interessata alle lotte politiche,  si reggeva sulle proprie leggi repubblicane, senza lotta fra fazioni. L’uomo più rappresentativo dello spirito Pratese era Francesco di Marco Datini il più importante mercante del tempo in Italia, che dimostrava come la città prosperasse nei commerci specialmente della lana. Alla sua morte lasciò 100.000 fiorini per i poveri della città e si fondò il Ceppo nuovo. Nel 1476 c’erano molti ebrei in città che davano i soldi in prestito ad alti tassi d’interesse, molti commercianti in difficoltà ricorrevano spesso a loro. Per questo fu fondato il Monte di Pietà per aiutare coloro che ne avevano bisogno . Prato era si elevata anche culturalmente e durante la pestilenza di Pisa si decise di spostare a Prato l’università pisana.

La prosperità si notava anche dai lavori edilizi della città: nel 1411 si abbellì la Piazza del Comune con un loggiato, nel 1434 si iniziò la costruzione del Pulpito di Donatello, nel 1438 il Graticolato di bronzo che abbellisce la Cappella con la Cintola che duro ben 26 anni, sotto la direzione di Lorenzo Ghiberti, nel 1456 furono commissionate a Filippo Lippi le pitture del Coro, nel 1459 fu fatta fare a Lorenzo da Pelago la grande vetrata a colori che chiude il Finestrone del Coro. Nel 1473 si scolpì il pulpito interno e nel 1505 fu costruito il magnifico altare della Chiesa delle Carceri tutto in marmo di Carrara su disegno del San Gallo.

Nonostante tutto questo va ricordato  che Prato era subordinata alla Repubblica di Firenze prima e al potere dei Medici poi, e le loro storie sono inevitabilmente intrecciate. A Firenze, Prato chiedeva spesso aiuto contro le scorrerie che compievano i Pistoiesi ingolositi da tanta prosperità ma a parte questo i pratesi non si persero mai d’animo e  poco si curavano di quello che succedeva a Firenze senza contestare i magistrati che imponevano leggi e tasse talvolta gravose, anche  erano tenuti in scarsa considerazione da Firenze. Facendo parte del contado i pratesi infatti non potevano occupare pubblici uffici né  avere diritto alla cittadinanza, e per questo rimanevano indifferenti alle lotte interne fiorentine. Un esempio di questo è la congiura sventata dai Pratesi organizzata da un certo Bernardo Nardi esiliato da Firenze. Il Nardi entrò da Porta Leone a Prato e occupò con qualche alleato la Cittadella e il Palazzo del podestà. Provò con la paura a costringere i Pratesi a seguirlo contro Firenze che invece lo catturarono e lo portarono a Firenze dove fu impiccato. Bernardo credeva Prato una piazza forte del partito repubblicano contro i Medici ma si sbagliava.

L’odierno capoluogo toscano  era stata una città republicana con un sistema di governo avanzato finchè la famiglia Medici si era elevata sopra le altre tanto che Cosimo nel 1434  era stato prima cacciato dagli Albizi per poi ritornare  e  far nominare al comando della magistratura della città suoi seguaci ed epurare la città dalle famiglie che si opponevano al suo potere. Il lusso smodato dei Medici contrastava con la povertà della popolazione che diede il via a una serie di congiure, dopo la morte di Cosimo nel 1464. Le congiure ebbero l’apice durante il governo di Lorenzo detto il Magnifico e del figlio Pietro per cercare di togliere a loro il governo della città.

Pietro che fu inferiore al padre   in tutto specialmente in politica fu  cacciato infine nel 1494 quando stoltamente cedette a Carlo VIII di Francia le fortezze di Sarzana, Sarzanello e Pietrasanta favorendo cosi l’ingresso dei Francesi in Toscana che esiliarono nuovamente i Medici, ma dopo la loro partenza la città divenne ancora di più vittima della lotta tra le varie fazioni. Il papa Giulio II con la Lega Santa, al quale aderirono l’Inghilterra, il Sacro Romano Impero, il Regno di Spagna e la repubblica di Venezia, provò ad opporsi e dichiarò guerra ai Francesi e i Fiorentini imprudentemente si schierarono con questi ultimi e e gli permisero di tenere a Pisa, recentemente occupata, un Concilio contro il papa stesso che per ripicca li scomunicò e fece Legato Pontificio Giovanni de Medici, fratello di Giuliano e Pietro.

La guerra pareva favorisse i Francesi ,che avevano messo a Sacco Brescia e vinta una battaglia presso Ravenna, ma la morte di un generale francese e soprattutto l’invasione della Francia da parte degli Inglesi mossa da papa Giulio II, li costrinsero  a ripassare le Alpi e rientrare in patria per difendersi dall’invasione. Con il Congresso di Mantova il papa vincitore decise di far rientrare i suoi alleati Medici al comando di Firenze

Rolando Valdisserri ha 58 anni nato e cresciuto a Prato, padre di due figli, vive a Montemurlo. E’ stato artigiano e imprenditore tessile adesso è un libero professionista del settore immobiliare e coltiva molte passioni tra queste l’interesse per la storia. Ha deciso di raccontarci “Il sacco di Prato” l’evento tra i più significativi se non il più importante della sua città, anche su richiesta dei più giovani, che ne avevano sentito parlare e volevano saperne di più.

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