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Israele

Israele, dalla nonna 85enne ai bambini: il dramma dei rapiti da Hamas (VIDEO)

Pubblicato il 9 Ottobre 2023

C’è il dramma di Noa, strappata dall’abbraccio del fidanzato e portata via in motocicletta da una festa che si è trasformata in un incubo. C’è l’appello disperato di una nipote per la nonna 85enne, e quello di una madre per la figlia.

I social sono inondati di foto e video di rapimenti, violenze e abusi su uomini, donne e bambini portati via dalle loro case e trasferiti con la forza nella Striscia di Gaza.

Sono oltre 100 secondo le autorità ebraiche, ma altre fonti parlano di “750 dispersi”, gli ostaggi nelle mani dei combattenti di Hamas dopo l’attacco lanciato sabato contro Israele. Ognuno con una storia. E un marito, una madre o un amico che li cercano disperatamente.

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I filmati che circolano in rete sono spaventosi, con la ferocia che si scatena anche contro bambini e anziani. “Questa è mia nonna ed è stata catturata e portata a Gaza”, ha scritto Adva Adar sui social, pubblicando l’immagine di una signora dallo sguardo fiero, portata via dai terroristi penetrati nel suo kibbutz: “Il suo nome è Yaffa Adar ed ha 85 anni”.

In un video condiviso dalla giornalista di Ynetnews Emily Schrader, una famiglia di marito, moglie e due bambini è seduta a terra in una casa, tenuta in ostaggio dai miliziani palestinesi, mentre fuori risuonano esplosioni e colpi di mitra. La figlia più grande è stata uccisa nell’irruzione: “Volevo che vivesse, c’è la possibilità che torni?”, chiede disperato il fratellino alla mamma. “No”, risponde lei in uno scambio agghiacciante. Poi si sente una forte raffica di proiettili all’esterno e i due genitori si gettano sui figli, coprendoli col proprio corpo per proteggerli a costo della vita.

In un altro video virale un bambino israeliano rapito e portato a Gaza viene messo in mezzo ad altri bambini palestinesi che lo spingono, lo prendono in giro, gli agitano un bastone vicino al viso. “Dì ima, ima, ima’ (‘mamma’ in ebraico)”, dicono i bambini intorno a lui e una voce dietro alla fotocamera, che sembra essere di un adulto.

“Per mantenere vivo il conflitto, vogliono diffondere l’odio alle prossime generazioni”, è uno dei commenti più replicati tra gli utenti sui social. Yoni Asher ha denunciato sabato sera che sua moglie Doron Katz-Asher e le due figlie Aviv e Raz, di 3 e 5 anni, erano in casa della suocera, nel Kibbutz Nir Oz, quando Hamas ha fatto irruzione. Utilizzando il servizio di geolocalizzazione del telefono di sua moglie, ha rintracciato lo smartphone a Khan Younis, una città densamente popolata nel sud di Gaza. Una tragica conferma dopo aver riconosciuto la donna in un video dei miliziani.

Con il passare delle ore, si sono poi moltiplicate le denunce di decine di rapiti da un rave durato tutta la notte venerdì sera al Kibbutz Reim, vicino al confine con Gaza, uno dei numerosi siti attaccati da Hamas, in cui si teme ci sia stata una strage.

Tra questi, Noa Argamani, 25enne protagonista di un filmato scioccante in cui viene portata via dai combattenti di Hamas durante il festival. Il video la riprende mentre implora per la sua vita, seduta sul retro di una motocicletta. “Non uccidermi! No, no, no”, urla. Anche il suo ragazzo, Avinatan, viene portato via dai miliziani. Dalla festa risulta anche disperso un cittadino britannico, il 26enne Jake Marlowe, che era un addetto alla sicurezza della festa, e una giovane tatuatrice tedesca, Shani Louk.

La madre, in un disperato video sui social, implora aiuto chiedendo la liberazione della ragazza. “Mandateci qualunque notizia”, dice, tenendo in mano lo smartphone che mostra una foto della figlia. Davanti a tanto orrore ci sono anche le lamentele dei parenti degli ostaggi che denunciano di essere stati “abbandonati” dalle autorità: tra questi c’è Ora Kuperstein, in cerca del nipote Bar (21 anni), che era al lavoro al rave ed è sparito. “Nessuno ci ha detto nulla. Nessuno – ha denunciato alla tv Canale 12 – ci sta aiutando. E’ il caos”.

Tra gli ostaggi, ci sono poi anche cittadini di altre nazionalità, tra cui 11 thailandesi, due messicani e anche un numero imprecisato di americani e tedeschi. Al centro per le persone scomparse vicino all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv decine di persone si stanno registrando e stanno effettuando tamponi del Dna. Sono ultra ortodossi, cittadini arabi israeliani, mizrahi, ashkenaziti. Tutti in fila, alla ricerca disperata di un segnale di speranza.