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L’unica Curva in cui la partita di calcio è l’ultima delle preoccupazioni si chiama Saracca

L’unica Curva in cui non si vedono le partite. Storia della Curva Saracca di Urbisaglia, tempio del buon cibo, dodicesimo uomo ma troppo lontano dal campo

Pubblicato il 28 Luglio, 2020

La terra delle antiche vestigia romane, qua a Urbisaglia dove si è consumata la Storia e dove d’estate giungono turisti da tutta Italia per la stagione estiva all’Anfiteatro, può annoverare anche un altro record: l’unico stadio al mondo, quello della squadra locale, in cui chi paga il biglietto non vede la partita.

Nessun mistero eclatante. Chi vuole – i pochi, di solito – ha potuto sempre sedersi nella tribunetta a vedere pedatori più o meno abili dare approssimativi calci alla palla nelle categorie inferiori. I molti però preferiscono fermarsi nella storica Curva Saracca, così è stata chiamata una struttura temporanea che è il cuore del tifo per gli arancioni locali.

In realtà la Curva (sono state fatte, negli anni, le quasi obbligatorie magliette con su scritto “Il dodicesimo uomo, Curva Saracca”) non è altro che un ritrovo in cui degustare tutte le vere eccellenze marchigiane, dal panino col ciauscolo (un salame morbido) alla classica porchetta, alle spuntature (gli arrosticini di qua fatti con le interiora), piatti prelibati innaffiati da Rosso Piceno e Verdicchio.

E’ strano anche raccontarlo ma la maggioranza del pubblico si ferma accanto al casotto, lontani dal campo e dalle azioni di gioco, chiacchierando e brindando.

Siccome la Curva Saracca apre abbastanza presto, qualche ora prima della partita grazie al grande Jair (così soprannominato in onore del talento dell’Inter che fu), in genere gli spettatori, all’ingresso in campo delle squadre, sono già un pezzo avanti. E non vedono la partita o se la vedono lo fanno a frammenti perché c’è sempre da ritornare sulla collinetta del Dodicesimo Uomo.

A far compagnia a Jair, vero nome Franco Magi, sono sempre stati altri fuoriclasse come Roberto Latini, Romano Governatori, Cesare Nabissi, e poi anche il figlio Valerio, che ha “rilevato” le “magnifiche sorti e progressive” – come avrebbe detto il conterraneo Giacomo Leopardi – della Curva.

Il bello è che il gruppo è anche sempre andato in trasferta, con salami lardellati, mortadelle e vino a volontà sempre al seguito. Una volta in provincia di Pesaro all’ingresso vedere Jair brandire un coltello: i carabinieri lo trattennero e si informarono dai colleghi della stazione di Urbisaglia. “Sono hooligan? Li dobbiamo fermare?” chiesero. E gli altri, placidi: “No, sono mangiatori compulsivi, fateli pure entrare. Sono buoni come il pane”.

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