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Il memoriale choc di Ilaria Salis: “Ho un nodulo al seno, vivo tra scarafaggi e c’è plastica nel cibo”

Pubblicato il 1 Febbraio 2024

Ha destato molto scalpore la scena di Ilaria Salis, la maestra detenuta da mesi in Ungheria, trascinata nell’aula di tribunale con catene ai polsi e alle caviglie. La 39enne ha scritto un memoriale nel carcere di Budapest, datato 2 ottobre 2022, e inviato ad un ex politico italo-ungherese della sinistra radicale, chiedendogli di farlo recapitare al suo avvocato italiano Eugenio Losco. L’intero memoriale è stato mostrato in esclusiva dal TG La7.

L’arresto

L’ex militante anarchica ha scritto che dopo l’arresto nel pomeriggio dell’11 febbraio la polizia l’ha costretta a spogliarsi nuda e le ha sequestrato i vestiti, facendola restare in carcere per 5 settimane senza poter cambiare né le lenzuola né gli abiti.

Ha raccontato così i primi giorni in cella: “Al mio arrivo non mi hanno dato neanche il pacco con articoli per l’igiene intima personale che danno a tutti i detenuti. Mi sono trovata senza carta igienica, sapone e assorbenti. Perché sfortunatamente avevo il ciclo”. Il 18 febbraio è stata poi trasferita in una cella con una ragazza ungherese, che gli ha dato alcune cose di prima necessità. “A giugno sono rimasta con 50 fiorini sul conto, cioè 12 centesimi di euro, e non ho potuto fare la spesa per un mese e mezzo” – ha poi scritto.

Trattamento disumano

Pochi giorni fa ha fatto il giro del mondo l’immagine di Ilaria Salis in catene come una bestia e il padre ha tuonato contro l’ambasciata italiana che, secondo lui, sapeva in quali condizioni disumane viveva la figlia. Lei ha spiegato che è un trattamento a lei riservato ad ogni trasferimento: “Qui ti mettono un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette. Ci sono due cavigliere di cuoio chiuse con due lucchetti. Si rimane legati così per tutta la durata dell’udienza”.

La 39enne ha chiesto l’aiuto dei suoi avvocati italiani, invitandoli però ad agire con circospezione: “Bisogna stare attenti che un’azione intrapresa a mio favore non abbia effetti indesiderati: non vorrei essere trasferita in un carcere magari più nuovo ma fuori città perché sarebbe più complicato per gli avvocati e per la mia famiglia farmi visita”.

Le pessime condizioni igieniche

La Salis ha scritto di aver chiesto più volte strumenti per pulire, senza mai riceverli, e che nelle 11 volte in cui ha cambiato cella ha sempre dovuta spostare anche il materasso. Ha fatto sapere che: “Le porte restano chiuse 23 ore su 24. Le due finestre si aprono solo di qualche centimetro. E qui si sta in cella completamente chiusa, compreso lo sportellino ad altezza cintura da cui ti passano il cibo”.

Ha poi parlato delle terribili condizioni igieniche in cui è costretta a vivere: “Per i primi tre mesi sono stata tormentata dalle punture delle cimici da letto che mi creavano una reazione allergica. Nelle celle e nei corridoi è pieno di scarafaggi. Invece in quello esterno, appena fuori dall’edificio, da cui dobbiamo passare per andare all’aria spesso si aggirano i topi (non di campagna)”.

Il nodulo

Prima di essere arrestata a Ilaria Salis in Italia era stato diagnosticato un nodulo benigno, che i medici avevano consigliato di tenere sotto controllo. Ha richiesto un’ecografia, che è stata effettuata a metà giugno in un ambulatorio. “La dottoressa – ha scritto la 39enne – mi ha detto a voce che andava tutto bene. E che non dovrei svolgere ulteriori controlli, il che mi è sembrato strano, visto che diversi dottori in Italia mi hanno raccomandato di farli periodicamente”. Alla fine non le è stato consegnato alcun referto scritto.

I pasti

“Il carrello passa per la colazione e per il pranzo ma non per la cena” – ha spiegato la Salis, aggiungendo che a colazione è composta da “una fetta di salume, spesso in cattivo stato”, a pranzo vengono portati due piatti, mentre sabato e domenica solo uno: “Brodi e zuppe molto acquose. Ma dove in compenso spesso si trovano pezzi di carta e di plastica, capelli o peli”.

A cena solo cibo freddo: una scatoletta di patè a base di carne o di pesce, oppure miele, margarita o marmellata, mentre frutta e verdura sono del tutto assenti. Non possono entrare cibi dall’esterno, a meno che non siano comprati nel “supermarket” del carcere.

Sveglia all’alba

Ogni mattina la sveglia è alle 5:30, alle 6:00 il sabato e la domenica: “Dobbiamo alzarci e fare immediatamente il letto per poi rimanere chiuse nella cella senza fare niente tutto il giorno”. Le detenute, una volta fatte uscire, devono restare rivolte verso il muro. La Salis ha chiesto di poter partecipare alla scuola, ma le è stato impedito, mentre a maggio ha potuto partecipare ad un laboratorio di attività manuali.

Tutta la corrispondenza infine è filtrata dalla direzione del carcere: “I colloqui sono due al mese di persona e due ore via Skype. Si svolgono in un parlatorio con il vetro di plexiglass in mezzo, in cui si parla con i telefoni”.