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Al processo indossa la maglietta col corpo smembrato della figlia: “Guardate come hanno ridotto Pamela”

Pubblicato il 25 Gennaio, 2023

“Avete visto come me l’hanno ridotta”.

È in aula indossando una maglietta sulla quale compaiono le immagini di parte del cadavere della figlia, Alessandra Verni.

E’ la madre di Pamela Mastropietro, la diciottenne uccisa a Macerata il 30 gennaio 2018.

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Oggi è a Perugia per l’appello bis a Innocent Oseghale, il nigeriano già condannato per l’omicidio della giovane e per il quale si celebra il processo per la sola accusa di stupro.

E in aula tra la madre di Pamela e Oseghale si è sfiorato lo scontro.

Lo straniero, detenuto, ha rivolto alcune parole verso Alessandra Verni mentre veniva portato via dalla polizia penitenziaria al termine dell’udienza, dicendo tra l’altro “Basta oppressione giudiziaria”.

La madre di Pamela a quel punto ha reagito cercando di scagliarsi verso di lui: “Dimmi… dimmi che vuoi” le sue parole.

Si sono, però, interposti sia gli agenti della polizia penitenziaria sia i carabinieri in aula e i due sono stati subito allontanati.

Il momento di tensione c’è stato dopo che il presidente della Corte ha chiesto a Oseghale se avesse intenzione di partecipare alla prossima udienza (il processo è stato rinviato al 22 febbraio).

L’imputato, dopo essersi confrontato con il suo legale, ha detto di no.

La donna a quel punto ha commentato a voce alta il passaggio.

“Adesso si viene a chiedere anche a un carnefice se vuole partecipare all’udienza oppure no. Mettiamogli pure un tappeto rosso a questo punto” ha detto al termine.

“Mi aspetto giustizia da questo processo, quello che chiedo da cinque anni, giustizia. Ergastolo a vita per chi fa queste cose, Oseghale e tutti i suoi complici devono pagare”, ha urlato la madre di Pamela fuori dal Palazzo di giustizia di Perugia.

“Pamela è stata violentata, è stata uccisa, è stata bastonata in testa, è stata torturata, è stata fatta a pezzi” ha detto la donna mentre teneva in mano le fotografie del corpo della figlia.

“Mi aspetto che adesso – ha aggiunto – che lo Stato, la giustizia, le Procure facciano il loro dovere perché non si può permettere che dei carnefici girino a piede libero in una città, in Italia, perché nel nostro Paese questo non può essere accettato”.

Fuori dal palazzo di giustizia di Perugia alcune amiche e amici di Pamela hanno esposto striscioni per chiedere “giustizia” per lei. 

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