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Psicologi del Veneto, didattica a distanza: un danno solo se organizzata male

Pubblicato il 19 Gennaio, 2022

. VA RIPENSATA COME SOLUZIONE COMPLEMENTARE E NON ECCEZIONALE

Serve un patto formativo che coinvolga “l’ecosistema scolastico”

19.1.2022 – A dieci giorni dall’inizio della scuola, dal rientro in aula degli studenti dopo la pausa natalizia, tra contagi e quarantene torna lo spettro della Didattica a Distanza per studenti e famiglie, e restano “accese” divergenze e prese di posizione: scuola in presenza o a distanza? Modalità quest’ultima già “sperimentata” e quindi non più sconosciuta agli studenti.

«La DAD in sé non è un danno per i bambini, può esserlo il modo in cui viene gestita– spiega Fortunata Pizzoferro – Vicepresidente Ordine delle Psicologhe e Psicologi del Veneto -. La Didattica a Distanza è uno strumento, al pari di una lama che può ferire nelle mani di un delinquente, ma salvare una vita nelle mani di un chirurgo.

La DAD, così come lo Smart Working (che però sta andando verso una regolamentazione), nel 2020 sono stati utilizzati d’urgenza, da un giorno all’altro, senza una preparazione specifica e la possibilità di verificare le adeguate dotazioni tecnologiche di studenti, professori e lavoratori.

Il vissuto emotivo collegato al passato lockdown porta lontano dalle soluzioni, spingendoci verso una pluralità di giudizi relativi agli “effetti” della DAD.

Ci sono certamente degli evidenti rischi psicologici in una DAD organizzata male. L’esperienza precedente, con la chiusura improvvisa della scuola aspettando una riapertura poi posticipata all’anno scolastico successivo, ha lasciato negli studenti un vissuto di “ansia da abbandono”, il timore di perdere il contatto sociale sine die, un percorso didattico improvvisato e incerto. Passare in DAD senza preavviso implica per gli insegnanti un’assenza di programmazione e l’idea che sia utilizzata solo in momenti acuti della pandemia, non spinge a formarsi specificatamente nella gestione dell’aula a distanza. E aggiungo, l’alternativa “in presenza o a distanza per tutti”, senza definire tipologie di studenti con bisogni speciali che richiedono modalità specifiche di approccio, aumenta il gap di preparazione e lo svantaggio sociale per questi studenti.»

Riorganizzazione della DAD: patto formativo per dare certezze agli studenti

«È necessario invece ri-pensare alla DAD- continua Pizzoferro–  come una forma di didattica non più eccezionale ma complementare, prevista e prevedibile: applicabile a rotazione per alleggerire il trasporto pubblico, con un calendario definito che possa permettere ai genitori un’organizzazione adeguata (come succede per i periodi di vacanze scolastiche), e dare agli studenti delle certezze (una data di inizio e una di rientro, conoscere quali attività si svolgeranno a distanza e quali al ritorno in presenza) all’interno di un patto formativo che coinvolga l’intero “ecosistema scolastico” (studenti, docenti, famiglie).

Pensare alla “DAD come risorsa” significa anche permettere in futuro a molti bambini con patologie lunghe o croniche, o ospedalizzati, di non perdere molti giorni di scuola, e di mantenere un contatto anche virtuale con la propria classe, con ovvi benefici psicologici. In altri termini, non tutto ciò che ci ha portato il Covid è da buttare via solo perché associato all’esperienza drammatica della pandemia: ogni emergenza è anche un acceleratore di cambiamento sociale. Proviamo ad insegnare ai bambini che la vita è piena di imprevisti: sta a noi e poi a loro trasformarli in opportunità.»

Conclusioni

Resta il problema che dopo due anni dall’inizio della pandemia tutto viene ancora deciso “in emergenza”.

«Il Covid può essere paragonato ad un terremoto continuo – conclude  Pizzoferro – e noi dobbiamo immaginare di vivere in zone altamente sismiche: le scosse sono previste ma non è prevedibile quando si faranno sentire. Per questo gli edifici vanno progettati, costruiti e messi a norma prima della scossa, non durante. Allo stesso modo, dopo quasi due anni, per le scuole non dovrebbe più esistere la “DAD emergenziale” come misura da discutere la sera per la mattina, lasciando bambini e personale scolastico nell’incertezza e genitori nello sconforto».

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