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Roberto Napoletano

Roberto Napoletano gonfiava le vendite: condannato ex direttore de Il Sole 24 Ore

Pubblicato il 31 Maggio 2022

L’ex direttore editoriale de Il Sole 24 Ore Roberto Napoletano è stato condannato a 2 anni e mezzo di reclusione.

E’ stato dichiarato colpevole di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato connesse a presunte irregolarità sulla gestione finanziaria del gruppo nel periodo in cui era ai vertici. 

A deciderlo è stata la seconda sezione penale del tribunale di Milano.

La Procura aveva chiesto una condanna a una pena di 4 anni, con la concessione delle attenuanti generiche.

“Sono sbalordito. Sono soprattutto innocente e farò appello”, così ha commentato la sentenza Roberto Napoletano. 

“Gli atti di questo processo – ha spiegato – dimostrano in modo inequivoco che sul piano editoriale ho ricevuto un giornale sull’orlo del baratro e ho conseguito risultati editoriali sempre positivi, sempre in netta controtendenza rispetto al mercato e, soprattutto, conseguiti in modo lecito”.

“Chi dirigeva Il Sole 24 Ore, all’epoca in cui la casa editrice del quotidiano faceva figurare un numero di copie vendute ben superiore a quello reale grazie al ricorso ad aggressive tecniche di sostegno diffusionale e di co-marketing attorno alle copie digitali multiple negoziate con la società inglese Di Source Limited, può essere equiparato, come propone la Procura, a un amministratore di fatto della società editrice, o quantomeno a un concorrente esterno nei reati che possono essere compiuti soltanto da quanti abbiano la veste formale di amministratori”, per questa ragione la II sezione del Tribunale di Milano, presieduta da Flores Giulia Tanga, ha condannato Napoletano, che dovrà pagare anche una multa di 50 mila euro. Il giornalista, in solido con il responsabile civile Il Sole24Ore spa, dovrà anche risarcire i danni morali alla Consob (da quantificare in separata sede) e a cinque piccoli azionisti costituitisi parti civili, tra cui alcuni colleghi del quotidiano. Da uno solo dei 5 episodi contestatigli Napoletano è stato invece assolto.

L’inchiesta del pm Gaetano Ruta si era innestata all’epoca in un periodo di grossa crisi per la casa editrice che, controllata dalla Confindustria, dopo svalutazioni per 100 milioni aveva messo mano a una forte ricapitalizzazione, e rivisto da 378.000 a 214.000 il numero delle copie sul 2016. Benito Benedini, ex presidente della casa editrice durante la presidenza confindustriale di Giorgio Squinzi (nonché ex presidente di Fondazione Fiera Milano e di Assolombarda), e Donatella Treu, già amministratore delegato e direttore generale del gruppo quotato in Borsa, nel 2019 avevano patteggiato rispettivamente 1 anno 5 mesi e 20 giorni con una sanzione di 100 mila euro, e 1 anno e 8 mesi con una sanzione di 300 mila euro; mentre il gruppo editoriale (qui oggi chiamato in aula come eventuale responsabile civile in caso di condanna) aveva patteggiato, ai sensi della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti per i reati commessi dai propri vertici nell’interesse aziendale, una sanzione di 50.310 euro.

Quanto all’opaco rapporto tra il mondo del Sole 24 Ore e la società inglese Di Source Limited (incaricata di raccogliere e attivare gli abbonamenti digitali di copie in realtà inattive e dunque «gonfiate» nei numeri proposti agli inserzionisti pubblicitari e al mercato editoriale), all’inizio vennero indagati per l’ipotesi di reato di «appropriazione indebita» di 3 milioni di euro del Sole gli ex direttori dell’area digitale, area finanza e area vendite del gruppo Il Sole 24 Ore, il responsabile dei rapporti con i clienti italiani della Di Source, e due commercialisti: ma la vicenda cadde nella breve finestra temporale in cui il legislatore aveva escluso la procedibilità d’ufficio per il reato di appropriazione indebita, sicché la combinazione tra due circostanze (il risarcimento di 3 milioni versato dagli indagati alla società editrice del Sole, e la mancata querela nei loro confronti da parte della casa editrice) indusse la Procura a chiedere l’archiviazione per gli indagati nell’orbita appunto della Di Source.

“Avrei potuto patteggiare come altri, ma non posso patteggiare per un reato che non ho commesso, sono innocente e affronterò a testa alta il dibattimento” ordinario, aveva invece scelto Napoletano, difendendo la sostanziale veridicità degli incrementi diffusionali sotto la propria direzione, negando di aver avuto una forte influenza nelle decisioni gestionali della società che andassero al di là delle funzioni tradizionalmente assegnate al direttore responsabile di un quotidiano, e valorizzando il fatto che la Corte d’Appello di Roma avesse annullato la sanzione di 280.000 euro inizialmente inflittagli dalla Consob in via amministrativa. “Ai consigli di amministrazione partecipavo come tutti i direttori miei predecessori perché era una prassi societaria”, ha sostenuto Napoletano in Tribunale; anzi, “a quella presunta strategia diretta a “taroccare” i numeri diffusionali, ammesso e non concesso che sia esistita davvero a parte l’evidentissima truffa di Di Source che ha ideatori e realizzatori con nomi precisi, io sono stato estraneo totalmente, ne sono stato la prima delle vittime perché toccava ai revisori aprire gli occhi, non certo a me”.

E se l’ex direttore del Sole (oggi direttore del Quotidiano del Sud ed editorialista in tv di Porta a Porta per Bruno Vespa) in dichiarazioni spontanee al processo aveva rivendicato la voglia di tentare (e a suo avviso trovare) nuovi modelli di successo sul mercato editoriale, nel contempo aveva però insistito – difeso da Guido Alleva e Edda Gandossi– su un punto che è immaginabile sarà in futuro il perno della scontata impugnazione in Appello: “Io non entravo, non sono mai entrato né sarei mai potuto entrare su contenuti numerici e contabili, sono sicuro di non avere mai prevaricato il mio ruolo in decisioni che non mi spettavano, pensando sempre solo a fare il meglio per ottenere risultati veri e autentici frutto del mio lavoro”.