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Sciopero, l’operaio “conquista” Piazza Verdi: “Non arrendiamoci compagni!”

Pubblicato il 17 Dicembre, 2021

Sapesse contessa, che ieri Piazza Verdi era un “tappeto” di persone e di bandiere, rosse e blu, i colori della Cgil e della Uil, i sindacati che hanno proclamato lo sciopero. E sapesse, contessa, che “quei quattro straccioni” sono arrivati a Palermo da ogni parte della Sicilia, da Ragusa a Catania, da Trapani e Caltanissetta; e tra questi, contessa, è arrivato, in pullman da Siracusa, anche un operaio di Sortino, un metalmeccanico, dipendente di una ditta dell’indotto dell’area industriale di Priolo, una “megalopoli” operaia da 12.000 addetti tra “diretti” e in appalto.

L’operaio si chiama Sebastiano Corsico, 62 anni, tessera Fiom dal 1982. E’ tra i lavoratori previsti in “scaletta” per parlare dal palco, assieme ad altri delegati e al segretario nazionale della Cgil Emilio Miceli – accolto con calore siciliano dai dirigenti locali – che prenderà la parola per ultimo, anche lui applauditissimo, prima del collegamento con la manifestazione di Roma.

“Sono orgoglioso di essere qua, e lo dovremmo essere tutti orgogliosi di essere qua”, dice l’operaio. “E per essere qua, per difendere i miei diritti, sto perdendo come tutti voi una giornata di paga”. Parte l’applauso. Giù di sotto, in piazza, cenni e parole di approvazione: “Bravo”, “la penso come lui”, si sente dire tra i manifestanti, mentre arriva l’eco dalle altre piazze: “Numeroni a Piazza del Popolo!”, “Numeroni a Milano!”. E numeri – gli organizzatori parlano di 10.000 presenze – anche a Palermo, dove lui, l’operaio di Priolo, continua il suo discorso, appassionato e vero, con realismo proletario. Il lavoro, l’industria, l’ambiente, le aree di crisi complessa, la “transizione” energetica, gli investimenti nell’area industriale di Priolo che era, incalza Corsico, “il fiore all’occhiello in Europa e che è oggi è diventata maglia nera d’Europa”. Un discorso che “conquista” la piazza e si conclude con un’esortazione quasi liberatoria: “Non arrendiamoci compagni! Che la nostra lotta sia da monito per chi ci governa”. Qualche ora dopo, lo chiamiamo al telefono.

Piazza Verdi, Palermo

Sebastiano, un intervento che non è passato inosservato.

Ho solo detto cose che ripetiamo tutti da sempre, sette anni fa, noi metalmeccanici, assieme a Maurizio Landini e Roberto Mastrosimone, eravamo in questa stessa piazza , una piazza gremita, contro la precarietà, contro il Jobs Act e contro la manovra di allora. Spero che stavolta il governo ci ascolti e cambi la manovra.

In che modo?

Gli sgravi devono andare soprattutto a chi ha di meno, ai redditi più bassi, il contrario di quello che sta accadendo. E poi bisogna dire basta una volta per tutte alla legge Fornero.

Scioperando, dicevi, hai perso soldi, una giornata di stipendio…

E’ giusto ricordarlo a chi pensa che scioperare sia quasi un capriccio, che sia gratis. Sì, noi lavoratori ci rimettiamo soldi di tasca nostra per scioperare. Ma la dignità e i diritti vengono prima di tutto. E poi non sciopero solo per me.

Cioè?

Sciopero anche per i miei figli, sciopero per il mio nipotino di 13 anni che non avrà mai un lavoro stabile e non avrà mai una pensione, continuando di questo passo. Sciopero per i tanti colleghi dell’indotto e degli appalti, più giovani, più precari, e senza gli stessi diritti che ho io.

Diritti diversi per persone che fanno lo stesso lavoro? Ma come è possibile?

Piange il cuore a vedere un ragazzo di 20 anni, nella giungla dell’indotto, che pur facendo il tuo stesso lavoro, pur lavorandoti a fianco, non ha i tuoi stessi diritti, il tuo stesso salario, la possibilità di iscriversi liberamente ad sindacato o di scioperare, senza il timore di non essere rinnovato. Molti di loro, con cui mi confronto, avrebbero voluto essere in piazza oggi ma…

Ma…?

Quando sono entrato per la prima volta in azienda, 38 anni fa, ho trovato un contratto stabile, la mensa, il casco, la tuta, i dispositivi di sicurezza, un salario dignitoso, i diritti sindacali. Un giovane che inizia a lavorare oggi, deve subire condizioni spesso inaccettabili, sia nel salario che nella sicurezza.

Una specie di “ricatto” occupazionale, insomma…

Non è un caso se gli infortuni e le morti sul lavoro si verifichino soprattutto tra i precari. Quando sei precario e ti chiedono di lavorare due ore in più, ogni giorno, per tanti giorni, accumulando stanchezza, il rischio di incidenti sul lavoro cresce. Ed è difficile in quelle condizioni dire di no. Ma sono speranzoso perché vedo in molti giovani lavoratori una grande voglia di riscatto, attraverso il sindacato.

Nel tuo intervento hai chiesto il rilancio industriale del territorio.

Sentiamo parlare di Pnnr, di “transizione” ecologica e di riconversione. Tutto interessante. Ma non vorrei però che a pagare siano sempre i lavoratori.

Come si può coniugare il rispetto dell’ambiente con una vocazione industriale come quella dei petrolchimici?

Intanto bisognerebbe rispettare le leggi che già ci sono, per esempio non “scaricando” in atmosfera quando va in blocco un forno o un compressore. E poi, la “transizione”, deve andare di pari passo con le esigenze del territorio e dei lavoratori.

In che senso?

Nel senso che se devi riconvertire le produzioni devi “riconvertire” anche i lavoratori, garantendo i livelli occupazionali. Se oggi produco plastica e domani devo produrre altro, mi serve formazione e nuove competenze. Tutte cose che ho ribadito nel mio intervento in piazza.

Cosa hai provato quando sei salito sul palco?

Vedere tanti compagni in piazza, tanta voglia di cambiare le cose, tante bandiere sventolare. Sì, mi ha emozionato. Ma soprattutto mi ha confermato che il sindacato c’è, ed è vivo. Adesso però non arrendiamoci. Il governo dovrà dare ascolto alla voce dei lavoratori.

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